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BARTOLI, Adolfo

di Alberto Asor-Rosa - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 6 (1964)
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BARTOLI, Adolfo

Alberto Asor-Rosa

Nato a Fivizzano (Massa) il 19 nov. 1833, seguì per desiderio del padre i corsi di giurisprudenza presso l'università di Siena, dove conseguì la laurea nel novembre 1855. Già allora, però, le sue inclinazioni lo portavano a coltivare gli studi storici della letteratura italiana, per cui, quasi per svago, cominciò a trascrivere le lettere del beato G. Colombini, che giacevano manoscritte in una biblioteca di Siena. Le pubblicò nel 1856 a Lucca, dove s'era trasferito a far pratica nello studio di un avvocato. Tale edizione gli valse d'esser chiamato a Firenze da G. B. Vieusseux, come segretario e collaboratore dell'Archivio storico italiano. Da quel momento la vita del B. fu tutta dedicata allo studio e all'insegnamento. Nel 1859 entrò nelle scuole medie come docente d'italiano; nel 1869 fu all'Istituto superiore di commercio di Venezia; infine, nel 1874, ottenne la cattedra di letteratura italiana nell'Istituto di studi superiori di Firenze, dove rimase per vent'anni, svolgendo un'efficace azione culturale attraverso iniziative e ricerche d'ogni genere. Morì a Genova il 16 maggio 1894.

L'opera del B. s'inscrive nel quadro delle ricerche suscitate dalla cosiddetta "scuola storica" o erudita, alla quale lo apparentano omogeneità d'interessi e affinità di metodi. Tipica, in questo senso, l'analisi puntigliosa che il B. esercitò su questioni meramente biografiche (si veda, ad esempio, la trattazione della vita di Dante) e la costante preoccupazione di reperire le fonti storiche e documentarie di un'opera o di un periodo o di un genere letterario, al punto che il giudizio su essi poi troppo spesso si riduceva ad un lungo catalogo di riscontri e di comparazioni. A queste indagini, che, com'è noto, trovarono i loro capolavori nelle Fonti del Furioso di P. Rajna e nelle Origini del teatro italiano di A. D'Ancona, il B. aderì con I precursori del Boccaccio e alcune delle sue fonti, Firenze 1876, e I precursori del Rinascimento, ibid. 1877, Opere ambedue di lin-iitato valore. Più importante l'attività del B. come editore di testi. A lui si deve la pubblicazione delle seguenti opere: A. Mascardi, Dell'arte istorica,Firenze 1859; Vespasiano da Bisticci, Vite di uomini illustri del secolo XV, stampate per la prima volta da A. Mai e nuovamente dal B., ibid. 1859; I viaggi di Marco Polo, reintegrati col testo francese, ibid. 1863; Il libro di Sidrach, Bologna 1868; Roman d'Hector, Venezia 1872 (nato quest'ultimo da una ricognizione fra i manoscritti francoveneti della Marciana). Assai meritori gli sforzi compiuti dal B. per esplorare e pubblicare i fondi manoscritti ancora in gran parte ignoti delle biblioteche di Firenze, nella collana, pubblicata in fascicoli, I manoscritti italiani della Bibl. Naz. di Firenze descritti da una società di studiosi sotto la direzione del prof. A. B., Firenze 1879-85 (apparvero tre voll., nel 1885 il catalogo rimase interrotto col primo fascicolo del vol. IV). Lo stesso B., in collaborazione con T. Casini, pubblicò il Canzoniere Palatino 418 della Bibl. Naz. di Firenze,Bologna 1881.Nel campo delle edizioni, il risultato più nuovo, ancor oggi notevolmente interessante, fu raggiunto dal B. con l'opera dal titolo Scenari inediti della Commedia dell'Arte. Contributo alla storia del teatro popolare italiano,pubblicata a Firenze nel 1880, che l'autore fece precedere da un ampio e ponderoso discorso, ricco di dati biografici, bibliografici e documentari.

Inserito dunque nel clima della scuola storica, il B. non può esserne però considerato in nessun modo un esponente tipico. Temperamento appassionato e romantico, egli cede spesso alla suggestione d'ipotesi tutt'altro che rigorose sul piano documentario (e ciò gli fu rimproverato così dai suoi compagni di tendenza come dai suoi stessi discepoli, più legati di quanto non lo fosse stato lui al credo positivo ed erudito della scuola). Ma, quel che più importa, il B. non rinuncia mai o quasi mai nelle sue opere maggiori ad inserire il materiale documentario storico all'intemo di una prospettiva critica più complessa. I ffiniti metodologici e teorici non gli permettono di superare una certa genericità d'impostazione, che sul piano dell'analisi si traduce in una indiscriminata attenzione per le questioni più varie (dall'attribuzione di un codice al giudizio sulla poesia): già lo notava il Croce. Di conseguenza, la prospettiva critica, di cui s'è parlato, è piuttosto uno schema meccanico d'interpretazione, applicato con facile approssimazione. Resta il fatto che questa esigenza di non ridurre la storia letteraria a mera raccolta di documenti qualifica in modo preciso il B., avvicinandolo da questo punto di vista al De Sanctis (che gli è prossimo, come vedremo, anche per la natura di quello schema interpretativo generale che sta alla base dell'analisì storìca della letteratura italiana).Il B., dopo aver affrontato i problemi delle origini nell'opera I primi due secoli della letteratura italiana (pubblicata dapprima a dispense nella prima serie dei "Secoli" dell'editore Vallardi di Milano fra il 1870 e il 1880, poi nel 1880 in volume), s'impegnò nel tentativo gigantesco di scrivere una Storia della letteratura italiana.Ne apparvero soltanto sette volumi (Firenze 1878-89).

Il primo volume s'occupa dei "caratteri generali della letteratura del Medio Evo"; i tre volumi successivi trattano della poesia e della prosa nel periodo delle origini e della nuova lirica toscana; un volume svolge la biografia esterna di Dante; un altro in due parti affronta la Divina Commedia; un volume è dedicato al Petrarca. L'opera qui sì ferma. Di diseguale valore e d'impostazione non sempre convincente, anche perché essa non riesce mai a svincolarsi del tutto dal criterio storico monografico, la Storia ha i suoi punti di maggiore interesse nella trattazione della biografia dantesca, sulla quale il B. esercita una critica fin troppo corrosiva, e nella questione di Beatrice. Su questo punto il B. può considerarsi l'iniziatore di quella interpretazione idealistìca della figura della donna amata da Dante nella Vita Nova, che consiste nello scorgere in essa, al di là della radice reale da cui pure la si riconosce scaturita, "l'esaltazione estetica dell'ideale muliebre e tesi anche questa discutibile, ma senza alcun dubbio più avanzata di quelle che allora tenevano il campo, violentemente scontrandosi fra di loro, la tesi allegorica, sostenuta dal Grasso, dal Flamini, dallo Zappia, e la tesi realistica, sostenuta dal D'Ancona, dal Del Lungo, dal Carducci e da altri.

Come in questa analisi di Beatrice, in cui sembra di poter ravvisare alcuni echi di memorabili interpretazioni desanctisiane di personaggi fernminili, come quello di Francesca da Rimini, così vagamente desanctisiano - sotto la farragìne dei materiali - appare anche il criterio di giudizio, generalissimo, con cui il B. intende sistemare questi inizi della letteratura italiana, i quali vengono da lui visti come manifestazione della lotta, che già in questi secoli conclusivi del Medio Evo si manifesta fra i principi ispiratori della civiltà morente (misticismo, trascendenza, oscurantismo) e i principi ispiratori della civiltà nascente (razionalismo, umanesimo). Questo criterio, già presente nei Precursori del Rinascimento, è qui ripreso ancor più chiaramente nell'affermazione che "il realismo è la caratteristica dell'arte italiana: fuori del suo grembo non c'è salute: sette secoli di storia italiana stanno lì a provarlo colla inesorabilità dei fatti, colla eloquenza dei nomi: dal rozzo contrasto delle cognate al canto d'Aspasia, dai sublimi quadri dell'Infemo dantesco ai capitoli del Bemi, dalle pagine del Decamerone a quelle di Manzoni". S'intende che l'applicazione di questo punto di vista è poi assai spesso esterna e preconcetta, sì che in essa va perduta quella ricchezza dialettica del reale, così profondamente avvertita invece da F. De Sanctis.

Per una valutazione della personalità del B. non va neanche dimenticata la sua attività d'organizzatore culturale, cui si deve la fondazione, con R. Fulin, dell'Archivio veneto (1871) e l'opera di sostegno e di aiuto alla nascente casa editrice Sansoni di Firenze, cui egli diede gli Scenari inediti, già citati, per la Raccolta di opere inedite e rare di ogni secolo della letteratura italiana, e le Rime di F. Petrarca, Firenze 1883, per la collezione allora istituita dei Classici italiani. Al B. si deve anche una buona Crestomazia della poesia italiana del periodo delle origini compilata ad uso delle scuole secondarie classiche, Torino 1882.

Bibl.: [R. Renierl, Necrologio,in Giorn. stor. d. lett. ital., XXIV (1894), pp. 333-36; Id., A. B., in Dante e la Lunigiana. Nel sesto centenario della venuta del poeta in Valdimagra, Milano 1909, pp. 451-76. A questi contributi del maggior discepolo del B. vanno aggiunti, nella scarsa bibliografia che lo riguarda, l'accurata biografia di G. Sforza, con l'elenco dei suoi scritti e dei necrologi, in Continuaz. ed aggiunte alla o Biblioteca Modenese, di G. Tiraboschi, in Atti e Mem. d. R. Deputaz. di storia Patria per le Prov. modenesi, s. 6, 1 (1908), pp. 98-128, e l'interessante saggio-testimonianza di F. Neri, La scuola del 19., in Riv. d'Italia, XVI,2 (1913). pp. 673-92. Si veda anche B. Croce, Storia della storiografia ital. del sec. XIX, Bari 1930, 11, pp. 37, 44 e passim. Ricordi della prima giovinezza nella raccolta Il primo Passo. Note autobiografiche, a cura di F. Martini, Firenze 1882, pp. 13-19.

Vedi anche
Rodolfo Renièr Renièr, Rodolfo. - Filologo e critico (Treviso 1857 - Torino 1915). Allievo di Carducci a Bologna, di A. Graf a Torino e di A. Bartoli a Firenze, insegnò dal 1883 letterature neolatine nell'univ. di Torino. Nel 1883 fondò con A. Graf e F. Novati il Giornale storico della letteratura italiana, che dal ... Pompeo Gherardo Molménti Molménti, Pompeo Gherardo. - Scrittore, storico e studioso di storia dell'arte (Venezia 1852 - Roma 1928). Prof. al liceo Foscarini, poi all'Accademia di belle arti di Venezia (fu appassionato cultore della storia, delle tradizioni, dell'arte della sua città); deputato dal 1890, senatore dal 1909, fu ... Michele Barbi Filologo e dantista italiano (Taviano, Sambuca Pistoiese, 1867 - Firenze 1941); dapprima bibliotecario, poi prof. di letteratura italiana nelle univ. di Messina (1901-12) e di Firenze (1923-37); dal 1912 al 1922 comandato presso l'Accademia della Crusca. Socio naz. dei Lincei (1928); senatore del Regno ... Dante Alighièri Dante Alighièri. - Poeta (Firenze, tra il maggio e il giugno 1265 - Ravenna, notte dal 13 al 14 settembre 1321). Della madre, che dovette morire presto, non sappiamo che il nome, Bella; il padre, Alighiero di Bellincione di Alighiero, morto intorno al 1283, apparteneva a una famiglia di piccola nobiltà ...
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bartolista
bartolista s. m. (pl. -i). – Seguace del giurista Bartolo da Sassoferrato (1313 o 1314-1357); in partic., furono così chiamati, spec. dall’inizio del sec. 15° in poi, i giuristi fedeli al modo italiano d’insegnare il diritto, prevalentemente...
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