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GHIVIZZANI, Alessandro

di Ippolita Morgese - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 54 (2000)
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GHIVIZZANI (Guivizzani o Chivizzani), Alessandro

Ippolita Morgese

Nacque a Lucca intorno al 1572 da Giovanni Battista.

I documenti relativi alla famiglia Ghivizzani sono attualmente conservati nell'Archivio di Stato di Lucca. Da essi risulta che Ghivizzano, in tempi molto antichi, era una piccola comunità nella Repubblica di Lucca appartenente a Coreglia Antelminelli, e che il toponimo divenne un cognome per coloro che vi si trasferirono (Arch. di Stato di Lucca, Inventario del R. Arch. di Stato di Lucca, IV, 358). Lo stemma dei Ghivizzani è conservato nella Biblioteca nazionale di Firenze (Passerini 162.I, cc. 7v-8r). Degli antenati del G. si sa che un certo Giovanni fu gonfaloniere di Giustizia a Lucca nel 1438 e che un cavalier Jacopo, "operario" della chiesa di S. Martino a Lucca, ordinò un organo per quella stessa chiesa nel 1480.

La prima notizia documentaria che riguarda il G. è del 25 marzo 1604: in quella data divenne membro della Compagnia dell'Arcangelo Raffaello a Firenze (Arch. di Stato di Firenze, Compagnie religiose soppresse da Pietro Leopoldo, 165/40, c. 83r). Per la prima parte del 1604 fu organista della chiesa di S. Pancrazio (Ibid., Corporazioni religiose soppresse dal governo francese, 88/33, c. 188v). Nessun documento, invece, attesta l'attività del G. a Mantova tra il 1604 e il 1607, come vorrebbe il Pelicelli. Nel novembre 1609 il G. sposò Settimia Caccini, figlia del celebre cantante e compositore Giulio (detto anche Giulio Romano), e nel 1610 era fra i musicisti della corte fiorentina messi a ruolo, con un salario di 10 scudi al mese. Anche Settimia era musicista nella cappella granducale, e percepiva lo stesso stipendio del marito (Ibid., Depositeria generale, parte antica, 1520, c. 36, per il G., e c. 101 per Settimia). Il 13 ott. 1611 la coppia si trasferì a Lucca, suscitando le ire di Giulio Caccini, che definì il genero "un pazzo e tristo insieme" (Firenze, Biblioteca Riccardiana 4009a, 21 ott. 1611).

La partenza da Firenze non fu, però, né spontanea né volontaria: il G. era stato bandito dal Granducato. Lo documenta una lettera, datata 7 settembre, scritta dal cardinale Ferdinando Gonzaga al granduca di Toscana, in cui il Gonzaga chiedeva "libero transito" per i coniugi da lui stipendiati (Arch. di Stato di Firenze, Mediceo del Principato, 2946/456).

Dal gennaio del 1613 la coppia era a Mantova, ma il patrimonio del G., costituito dalla dote di Settimia, rimase bloccato a Firenze. Ancora una volta Ferdinando Gonzaga intervenne a favore dei suoi musici, chiedendo che, qualora il granduca non avesse ritenuto di restituire il capitale, al G. e a sua moglie fossero corrisposti almeno gli interessi (ibid., 2946/709, 28 ag. 1615; 712, 19 sett. 1615). Sempre nel 1615 pare che il G., insieme con Jacopo Peri e ad altri, avesse composto musiche per la Guerra d'amore di A. Salvadori.

Nel 1616 Ferdinando Gonzaga venne incoronato duca di Mantova, succedendo ufficialmente al fratello, il duca Francesco, morto nel dicembre del 1612. Per l'occasione furono organizzate grandi feste, tanto più che nel febbraio 1617 avrebbe dovuto aver luogo anche lo sposalizio del novello duca con Caterina de' Medici. In quella circostanza il G., al servizio dei Gonzaga, collaborò con altri musicisti - C. Monteverdi, M. Effrem, e S. Rossi - alle Musiche de alcuni eccellentissimi musici composte per la Maddalena sacra rappresentazione di Gio. Battista Andreini fiorentino (1617).

Queste musiche consistono in pochi cori a più voci da utilizzarsi come intermezzi tra gli atti dell'oratorio. Il prologo per tenore, preceduto da un ritornello per strumenti, è di Monteverdi; a esso succede un madrigale a due soprani con il basso continuo del napoletano Effrem. Il contributo del G. consiste in un terzetto per alto, due tenori e basso continuo, Da la fonte del core; quindi segue un altro madrigale a quattro voci dell'Effrem. Chiude l'opera un balletto "cantato e sonato con 3 viole da braccio di Salomon Rossi Hebreo Mantovano".

Successivamente il G. pubblicò i mottetti Domine saecundum actum meum, Audi Domina verba mea, e Laetentur coeli in Motetti a una, due, tre e quattro voci col basso continuo per l'organo fatti da diversi musici servitori del serenissimo signor duca di Mantova, e racolti da Federico Malgarini pur anch'egli servitore, e musico di detta altezza (Venezia 1617), dedicati al duca Ferdinando Gonzaga.

Nel novembre 1619 Settimia fu licenziata e il G. privato del suo incarico come musicista di corte e custode degli strumenti (Arch. di Stato di Mantova, Archivio Gonzaga, 2746, 28 novembre).

Esiste una lettera nella quale il duca Ferdinando prega la moglie di dire a Settimia che ha in casa alcuni cembali dalle corde d'oro di proprietà del duca e che, prima della partenza, gli strumenti devono essere restituiti poiché non sono un dono (Arch. di Stato di Firenze, Mediceo del Principato, 6109). Nel marzo di quell'anno il G. fu a Genova, forse per affari, e da una lettera conservata nell'Arch. di Stato di Mantova (Arch. Gonzaga, 785/480) si apprende che egli era giunto "carico di denari […] et honori straordinari". Sempre una lettera del 6 apr. 1620 parla di un suo trasferimento a Lucca, dove Settimia si era ammalata e dove il G. doveva "fare le musiche per la settimana santa" (ibid., 1138/513).

Il 19 ott. 1621 il G. fu nominato maestro di cappella della Signoria di Lucca, con un salario mensile di 8 scudi. L'anno seguente, dopo aver ottenuto dal Senato di Lucca una licenza per assentarsi sei mesi a partire dal 6 febbr. 1622 (Arch. di Stato di Parma, Carteggio Farnesiano, Estero, Lucca, b. 161, 24 dicembre; e ibid., b. 162), si recò a Parma con la moglie al servizio di Ranuccio Farnese. Ma, come egli stesso scrisse il 20 giugno 1622 (Arch. di Stato di Mantova, Arch. Gonzaga, 1383), non andò al servizio di Ranuccio, morto nel marzo di quell'anno, bensì del cardinale Odoardo, reggente durante la minore età del duca Odoardo suo nipote, e non fu nemmeno impiegato alla corte ducale.

Il G. stesso spiega a Monteverdi in una lettera del 25 giugno (Ibid., Autogr., 6/359v) che né lui né sua moglie sono menzionati nei pagamenti a ruolo dei provvigionati farnesiani ducali. Il 15 ag. 1622 il cardinale Odoardo chiese al Senato di Lucca ancora due anni di licenza per il G. (Arch. di Stato di Lucca, Anziani al tempo della libertà, 492/167; copia nell'Arch. di Stato di Parma, Cart. Farnesiano, Estero, Lucca, b. 161), e di nuovo l'autorizzazione fu garantita. Il 31 agosto Jacopo Donati venne nominato "maestro della repubblica, e capo musica di palazzo in luogo dell'assente Ghivizzani". Una lettera scritta da Lucca da G. Bernardini al cardinale Farnese il 26 apr. 1624 informa di un'ulteriore richiesta di autorizzazione di licenza per il G.; stavolta, però, il Senato non la concesse (ibid., b. 162). Sebbene segnato come "fuori licenza", il G. continuò a ricevere il suo salario da Lucca dal 1622 al 1624, ma non oltre il 1625 (Arch. di Stato di Lucca, Camera generale, 196/24, 197/25, 198/22).

Probabilmente nel 1628 i coniugi Ghivizzani erano ancora a Parma, dove si svolsero i festeggiamenti per le nozze di Margherita de' Medici, sorella del granduca Ferdinando II, con il duca Odoardo Farnese. In quell'occasione fu inaugurato, il 21 dicembre, il teatro Farnese con uno spettacolo grandioso. Si intitolava Il Torneo e consisteva in un misto di musiche, di intermezzi e di quadriglie eseguite da cavalieri, per la maggior parte nobili, con fantastiche apparizioni nel finale. Concorsero alle esecuzioni tutti i musicisti al servizio della corte e molti altri forestieri. Tra i virtuosi si distinse Settimia, che il Buttigli chiama "illustre cantatrice con sovrumana grazia et angelica voce". Nel 1634 il G. era ancora vivente a Parma (Arch. di Stato di Mantova, Arch. Gonz., 1384/379, 1° aprile), a differenza di quanto sostiene il Cerù, che lo dice morto all'età di sessant'anni.

Morì invece non oltre il 1636, anno in cui sua moglie fu nuovamente nominata a Firenze tra i musicisti di corte.

Quattro monodie del G. sono conservate in un manoscritto, segnato Q.49, di provenienza fiorentina, oggi a Bologna nel Civico Museo bibliografico musicale: Filli mia se vi pensate, per soprano con basso continuo, a c. 15; Lilla, tu mi disprezzi, per soprano con basso continuo, a c. 26v; Per una volta fai dir di te, per canto con basso continuo, a c. 27v; Vago mio viso, per soprano con basso continuo, a c. 31v. Un altro manoscritto è oggi a Praga, presso il Museo nazionale, II.La.2. Maria Bianca Becherini ne segnala un terzo nella Biblioteca nazionale di Firenze, Magliabechiano XIX 22, mancante dal 1883, che si conclude con "cantate del sig. Alessandro Ghivizzani".

Fonti e Bibl.: M. Buttiglij, Descrittione dell'apparato, fatto per honorare la prima, e solenne entrata in Parma della serenissima principessa, Margherita di Toscana, duchessa di Parma, Piacenza, &c., Parma 1629, p. 270; D.A. Cerù, Cenni storici dell'insegnamento della musica in Lucca e dei più notabili maestri compositori che vi hanno fiorito, Lucca 1871, p. 44; G. Tommasi, Sommario della storia di Lucca dall'anno MIV all'anno MDCC, Firenze 1847, p. 222 (sez. doc.); L. Nerici, Storia della musica in Lucca, Lucca 1879, pp. 195 s., 208, 272, 293; P.E. Ferrari, Spettacoli drammatico-musicali e coreografici in Parma dall'anno 1628 all'anno 1883, Parma 1884, p. 9; A. Bertolotti, Musici alla corte dei Gonzaga a Mantova dal secolo XV al XVII, Milano 1890, p. 77; G. Gaspari, Catalogo della Bibl. del Liceo musicale di Bologna, Bologna 1893, III, pp. 7, 24, 232; L. Torchi, Canzoni ed arie italiane ad una voce nel secolo XVII, in Riv. musicale italiana, I (1894), pp. 622-626; R. Gandolfi, Alcune considerazioni intorno alla riforma melodrammatica a proposito di Giulio Caccini, detto Romano, ibid., III (1896), p. 718; N. Pelicelli, Musicisti in Parma nel secolo XVII, in Note d'archivio per la storia musicale, X (1933), p. 238; M.G. Masera, Una musicista fiorentina del Seicento: Francesca Caccini, in La Rassegna musicale, XIV (1941), pp. 195 ss.; N. Fortune, A Florentine manuscript and its place in Italian song, in Acta musicologica, XXIII (1951), p. 124; B. Becherini, Catalogo dei manoscritti musicali della Biblioteca nazionale di Firenze, Basel-London-New York 1959, p. 6; R. Eitner, Bibliographie der Musik-Sammelwerke des XVI und XVII Jahrhunderts, Hildesheim 1963, pp. 262, 592; J.W. Hill, Oratory music in Florence, in Acta musicologica, LI (1979), p. 120; C. Schmidl, Diz. univ. dei musicisti, I, pp. 617 ss.; R. Eitner, Quellen-Lexikon der Musiker, IV, p. 227; Die Musik in Gesch. und Gegenwart, V, coll. 72 s.; The New Grove Dict. of music and musicians, VII, pp. 342 s.; Diz. encicl. univ. della musica e dei musicisti, Le biografie, III, p. 185.

Vedi anche
viola Strumento musicale a corde e ad arco, appartenente alla famiglia degli archi, nella quale occupa il posto del contralto, con un’estensione intermedia tra quella del violino e quella del violoncello, dal do2 al mi5. È il più antico strumento ad arco, risalendo, in forme diverse, almeno al 9° sec.; è simile ... tenore In ambito musicale, la più acuta delle voci maschili: il termine indica il corrispondente registro e, estensivamente, il cantante che ne è dotato. In relazione alle famiglie strumentali, in funzione appositiva, designa lo strumento che all’interno della propria famiglia suona nel registro di tenore (per ... organo Strumento musicale ad aria, costituito da una serie di canne in cui viene immessa, per mezzo di un mantice o altro meccanismo, aria che le fa vibrare, con un’emissione di suoni regolata da tastiere e pedaliera; attraverso il somiere (una cassa di legno) l’aria trova un regolato adito alle canne (v. fig.). ... Parma Comune dell’Emilia-Romagna (260,8 km2 con 178.718 ab. nel 2008, detti Parmigiani e meno comunemente Parmensi) capoluogo di provincia. La città, tagliata da E a O dalla Via Emilia e da S a N dal torrente Parma, sorge nella pianura uniforme. La parte della città posta alla destra del torrente è detta P. ...
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