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Panizzi, Antonio

di Mario Scotti - Enciclopedia Dantesca (1970)
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Panizzi, Antonio

Mario Scotti

Il P. (Brescello, Reggio Emilia, 1797 - Londra 1879), esule dopo i moti del 1821 per cui fu condannato a morte in contumacia, testimoniò la sua passione politica anche nei due articoli danteschi, che pubblicò nel 1827 e nel 1830 in Inghilterra e che s'iscrivono nella storia del dantismo risorgimentale e delle polemiche intorno all'interpretazione allegorica, ripresa e sviluppata dal Rossetti. Ma se a questa particolare ispirazione essi devono il carattere e il significato, è anche vero che rivelano insieme all'elegante erudizione una sensibilità critica che va al di là dei motivi occasionali e fa rimpiangere che lo studioso spendesse poi le sue migliori energie nell'organizzazione e nel rinnovamento della biblioteca del British Museum. Operante nei due articoli è la suggestione del Foscolo, che sullo scorcio della vita veniva attendendo all'illustrazione storico-filologica del poema di D., al cui compimento, quando si rese conto di non poter giungere da solo, invitò a collaborare il P., affidandogli il volume destinato all'esposizione cronologica della vita, delle opere e della fortuna del poeta. Questo volume restò un progetto, per le note vicende dei rapporti del Foscolo con il suo editore, cui seguì non molto dopo la malattia e la morte del poeta. Sappiamo soltanto che il P. aveva accettato l'invito consapevole delle molte difficoltà di un lavoro del genere, che mirasse a riuscire documentato e nuovo, e con l'intenzione di offrire nel capitolo sulla fortuna non una rassegna di opinioni, ma " la serie de' biografi e chiosatori del poeta, con un giudizio sulle loro fatiche, ed un elenco di codici ed edizioni della Divina Commedia " (lettera al Foscolo dell'11 ott. 1826).

Del primo lavoro dantesco effettivamente realizzato dal P. conosciamo solo quello che egli stesso ne dice nelle lettere. Risale al 1825, ed è lo studio di tredici manoscritti del poema conservati nella Bodleian Library di Oxford. Alla descrizione di questi manoscritti seguiva un elenco di varianti, limitato all'Inferno e ricavato dalla collazione con il testo del codice Bartoliniano. Il saggio era destinato all'" Antologia " di Firenze; ma, avendo il P. letto il Discorso sul testo della Commedia, pensò che le varianti adunate potessero riuscire utili al Foscolo, cui le cedette immediatamente rinunciando alla pubblicazione. Si proponeva poi di allargare l'indagine ad altri manoscritti conservati in biblioteche private nelle vicinanze di Liverpool (ove egli visse insegnando dal 1823 al '28, quando fu chiamato alla cattedra d'italiano dell'università di Londra) e a Holkham Hall nel Norfolk.

All'inizio del 1827 apparve sulla " Westminster Review ", in inglese e, secondo un'usanza del tempo, anonimo, l'articolo-recensione del Discorso foscoliano, edito nel 1825 a Londra dal Pickering. Il motivo dominante è più politico che letterario: continui sono i riferimenti alla storia contemporanea e alle attese unitarie degl'Italiani. Tutta l'opera dantesca, infatti, è vista dominata dall'ispirazione politica: perfino il De vulg. Eloq. avrebbe lo scopo di combattere, sul piano della lingua, il particolarismo e le gelosie regionali così funeste al nostro popolo. Il rinnovamento della critica dantesca, iniziato negli ultimi decenni del sec. XVIII, punta decisamente, secondo il P., a scoprire in D. non solo il poeta per eccellenza, ma anche la guida politica degl'Italiani: solo un'opera come la Commedia può agire come forza rigeneratrice su una nazione snervata dal dominio spagnolo e dal Concilio di Trento. Per questo motivo i governi oppressivi ne temono lo studio; e se gli Austriaci lo favoriscono nei loro domini, ciò dipende dalla sorda avversione che nutrono per la Curia romana: la Commedia è per essi l'opera che mette a nudo, senza pietà, i vizi della Chiesa. Ma D. per il P. non era un ghibellino se non dopo che i papi invitarono gli stranieri in Italia e, abbandonando il pastorale per la spada, pensarono di porsi al di sopra delle leggi. La violenta polemica condotta da D. non nasceva da uno spirito di eterodossia, bensì da una fede profonda, che proprio nella sua saldezza trovava la ragione della lotta contro le piaghe che affliggevano la Chiesa: ignoranza delle Scritture, ricchezza di chi pur professava la povertà, onnipotenza temporale del pontefice, impostura delle decretali, delle indulgenze, delle scomuniche. L'impegno politico e morale portava il P. a sottolineare la corrispondenza fra i tempi di D. e la situazione del primo Ottocento: ma lo studioso non giungeva a sovrapporre realtà lontane e, facendo sua una convinzione del Foscolo, insisteva sulla necessità di conoscere, per un'intelligenza della Commedia, la storia dei tempi di D. e in genere il Medioevo. Il Discorso del Foscolo era profondamente rinnovatore proprio per la profonda conoscenza storica.

Nel 1830 sulla " Foreign Review " vide luce l'articolo del P. sul commento all'Inferno di G. Rossetti. È una polemica condotta con fine ironia e con incalzare di argomenti contro l'interpretazione allegorica. Nell'esordio è notato come la Commedia, nonostante la ricerca di tanti secoli, sia ancora imperfettamente conosciuta, tanto che il Biagioli e il Foscolo hanno sorpreso con la novità delle loro vedute. L'allegoria è certamente presente nel poema (è naturale che in un'epoca d'ignoranza e di superstizione D., invocando la riforma di molti abusi politici ed ecclesiastici, si servisse a tale scopo di emblemi enigmatici e misteriosi); ma il Rossetti ha esagerato volendo vedere significati allegorici in ogni particolare. Né il poema è una satira in chiave diretta esclusivamente contro i guelfi, perché tra i dannati infernali s'incontrano anche eminenti capi ghibellini, come il cardinale Ottaviano degli Ubaldini e Federico II. Divertite sono le pagine volte a smontare la tesi che D. si servisse di un gergo segreto, iniziatico, di cui il Convivio sarebbe una specie di dizionario. Alle censure del P. rispose il Rossetti, ma non riuscì a smontare tutte le obiezioni mosse alla sua tesi.

Su D. il P. si soffermò incidentalmente anche nel saggio Romantic poetry of the Italians, affrontando il problema se D. conoscesse il greco ed esaminando la presenza di personaggi dell'antichità ellenica nella Commedia. Nel 1858 poi, su invito di lord Vernon, pubblicò un'accurata ristampa delle quattro più antiche edizioni del poema, quella di Foligno, quella di Iesi, che oggi si ritiene stampata probabilmente a Venezia, e quelle di Mantova e di Napoli. Ai pregi intrinseci l'edizione unisce quelli della splendida stampa, che ne fanno una rarità bibliografica.

Opere dantesche del P.: La Commedia di D.A.: Illustrata da Ugo Foscolo, in " Westminster Review ", gennaio 1827, 153-169; La D.C. di D., con comento analitico di Gabriele Rossetti, in sei volumi. (Vols. I. II. - L'Inferno), in " Foreign Review " V (1830) 419-449; Orlando Innamorato di Bojardo; Orlando Furioso di Ariosto. With an essay on the romantic narrative poetry of the Italians..., I, Londra 1830, 151-177, 213-215; Le prime quattro edizioni della D.C. letteralmente ristampate, ibid. 1858 (di quest'opera furono tirati solo 100 esemplari); Lettere ad A. P. di uomini illustri e di amici italiani (1823-1870), pubblicate da L. Fagan, Firenze 1880; U. Foscolo, Epistolario, III, ibid. 1883, passim; l'articolo sull'Inferno del Rossetti fu anche edito in italiano: Osservazioni sul comento analitico della D.C., pubblicato dal sig. Gabiele Rossetti, tradotte dall'inglese, con la risposta del sig. Rossetti corredata di note in replica, ibid. 1832.

Bibl.-E. Friggeri, La vita, le opere e i tempi di A.P., Belluno 1897; C. Brooks, A. P. Scholar and Patriot, Manchester 1931, 32-41, 88-91, 160-161, 176-177, 234-243.

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