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AVOGADRO di Collobiano, Augusto

di Maria Luisa Trebiliani - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 4 (1962)
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AVOGADRO di Collobiano, Augusto

Maria Luisa Trebiliani

Nacque a Chambéry il 18 giugno 1781 (secondo G. Quazza, p. 17; 1783, secondo A. Manno), figlio secondogenito del conte Luigi Ottavio e di Marianna Caresana di Carisio. Paggio di onore di Vittorio Amedeo II, l'A., che aveva sposato Augusta di Gruben, fu al seguito del re di Napoli durante il dominio francese. Dopo la restaurazione, richiamato a Torino da Vittorio Emanuele I, seguì la carriera diplomatica prima come segretario, poi come consigliere di legazione, successivamente in Brasile, in Portogallo e in Turchia. Nel 1829, promosso ministro, fu destinato a Monaco di Baviera, dove, dopo la morte di Carlo Felice, rimase ancora qualche mese, finché il 7 febbr. 1832 fu richiamato a Torino ed esonerato dal servizio.

Carlo Alberto nel suo diario giustificava il grave provvedimento con le lamentele del governo di Vienna per aver l'A. commesso l'"imperdonabile imprudenza di corrispondere con le poste imperiali, biasimando la condotta dell'Austria". Nell'accusa venne coinvolto anche suo fratello Filiberto, l'ex favorito di Carlo Felice, che il principe di Carignano, appena salito al trono, aveva fatto allontanare da corte. Sia l'A., sia il fratello Filiberto, vittime probabilmente della diffidenza di Carlo Alberto verso i collaboratori del suo predecessore, rimasero per qualche anno in disgrazia.

Richiamato in servizio intorno al 1836, l'A. fu inviato nel 1838 come incaricato di affari negli Stati Uniti, coi quali il Piemonte aveva allacciato relazioni diplomatiche dopo aver stipulato un trattato di commercio e navigazione. A Washington egli rimase fino al 1842, occupandosi in prevalenza di questioni commerciali. Nel 1843 venne destinato a Pietroburgo, dove si fermò fino al 1847, attuando le direttive del Solaro della Margarita, sostanzialmente conservatrici, ma pur tuttavia contraddittorie in quanto riflettevano le agitazioni che caratterizzavano il clima politico della penisola e i nuovi orientamenti di Carlo Alberto, causa di non poche inquietudini per la corte zarista. Nell'estate del 1847, dopo il congedo del Solaro della Margarita, l'A., che era anche in precarie condizioni di salute, fu richiamato in Italia; l'anno successivo fu inviato a Napoli.

Qui, in un periodo di delicati rapporti tra i due stati italiani, il vecchio diplomatico subalpino, fedele esecutore, come sempre, delle direttive del proprio governo, cercò di affrontare i problemi che la particolare situazione presentava, in conformità con la accentuata politica liberale e nazionale del Piemonte.

Il suo intento principale era di evitare ad ogni costo la rottura tra il Regno delle Due Sicilie e quello di Sardegna, anche quando, in seguito alla prima guerra di indipendenza, dopo il fallimento dei progetti di lega, il richiamo delle truppe napoletane dalla zona di operazioni e i dissidi sul problema siciliano, tutto portava verso una simile eventualità. Con l'arrivo di Pio IX a Gaeta, l'A. vide però decisamente trionfare gli elementi reazionari e allontanarsi quindi una possibilità di intesa con Torino, intesa considerata da lui ancora più opportuna, nel timore che un'aperta opposizione borbonica al Piemonte, dopo il trionfo dei partiti estremi nell'Italia centrale, potesse compromettere le speranze dei moderati costituzionali.

Nel gennaio 1849 l'A. fu improvvisamente sostituito nella sua carica dal senatore Giacomo Plezza, inviato a Napoli dal ministero Gioberti senza preavviso e con l'incarico di sottoporre al governo borbonico il piano di confederazione italiana.

L'arrivo del Plezza, che re Ferdinando II rifiutò di ricevere, dette origine ad un incidente che sfociò alla fine del mese nella rottura delle relazioni diplomatiche tra i due regni. L'A., che nonostante gli ordini ricevuti, si era astenuto dal presentare le lettere di richiamo, rimase nella capitale borbonica, cercando di favorire un riavvicinamento tra Napoli e Torino. Quando gli avvenimenti della primavera del '49, con la conclusione tragica della guerra, l'avvento del nuovo re e un più cauto indirizzo politico in Piemonte, portarono il governo borbonico a considerare l'opportunità di riprendere le relazioni con lo Stato sardo, l'A. vide coronati i suoi sforzi, ricevendo il 16 maggio dal d'Azeglio le lettere credenziali che ponevano fine al periodo di sospensione. Rimase ancora a rappresentare il Piemonte nel Regno delle Due Sicilie fino al 1852. Morì a Torino il 10 marzo 1858.

Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Torino, Carte Alfieri, m. 47/51; Lettere Ministri in generale, Personale diplom. e consolare, 1814-1869, Legaz. Napoli,cartella 9; Legaz. in Russia,cartella 13; Istruz. Regie agli Ambasciatori,mazzo 2; Lettere Ministri Russia,mazzi 21, 22, 23; Lettere Ministri Stati Uniti d'America,s. IV,mazzo 1; Lettere Ministri Baviera,s. III, mazzi 31, 32; Lettere Ministri Brasile,vol. I; Lettere Ministri Due Sicilie,mazzi 1, 57, 58; La diplomazia del Regno di Sardegna durante la prima guerra d'indipendenza, III, Relazioni con il Regno delle Due Sicilie (gennaio 1848-dicembre 1849),a cura di G. Quazza, Torino 1952, passim (vi è pubblicata la corrispondenza diplomatica dell'A.); vedi anche Indici dell'Archivio storico del Ministero degli Affari Esteri, I, Roma 1947; III, 1951; IV, 1952; A. Manno, Il patriziato subalpino,Firenze 1906, II, p. 123; H. Nelson Gay, Le relazioni fra l'Italia e gli Stati Uniti,in Nuova Antologia,XLII (1907), p. 657; M. Degli Alberti, La politica estera del Piemonte sotto Carlo Alberto,II, Torino 1913-14, p. 182; III, ibid. 1919, p. 495; P. Salata, Carlo Alberto inedito,Milano 1931, pp. 180, 183; F. di Vigliano, Il generale Flaminio Avogadro di Valdengo,in Illustrazione Biellese, X (1940), n. 8, pp. 17 s.; G. Quazza, Napoli e Torino tra rivoluzione e reazione,in Rass. stor. del Risorgimento,XXXIV(1947), pp. 15-40; H. R. Marraro, Relazioni fra l'Italia e gli Stati Uniti, Roma 1954, p. 60; G. Berti, Russia e Stati italiani nel Risorgimento, Torino 1957, pp. 551-561, 563; A. W. Gendebien, Sardinia and commercial reciprocity, 1819-38,in Modern History,XXXIII(1961), p. 48.

Vedi anche
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avogadro (o avvogadro; anche avogaro o avvogaro) s. m. [lo stesso etimo di avogadore]. – Sinon. ant. di avvocato: l’a. della Chiesa; l’avogaro di Trevigi (G. Villani).
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