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CALISSE, Carlo

di Giorgio Rebuffa - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 16 (1973)
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CALISSE, Carlo

Giorgio Rebuffa

Nacque a Civitavecchia il 29 genn. 1859 da Paolo e da Maria Cavicchioni. Si laureò all'università di Roma, ed ebbe a maestro Francesco Schupfer. I suoi studi si indirizzarono soprattutto al campo della storia del diritto italiano e del diritto ecclesiastico, ma non trascurò le ricerche di storia economica e sociale. Quanto alla storia del diritto italiano, già fin dai suoi primi lavori, giunse a dare una sistemazione organica della materia. Il C. partì dal presupposto, di notevole valore scientifico per quel periodo, che le origini del diritto intermedio andavano cercate non in un'"epoca germanica", secondo le concezioni della corrente storiografica allora dominante, ma in un periodo "bizantino" che conservasse, attraverso la mediazione giustinianea, la sua base nel diritto romano. L'opinione del C. era che le istituzioni barbariche avessero subito un necessario processo di adattamento, una volta innestate su di un sostrato pregno di tradizioni romane. Negando quindi l'esistenza di una frattura fra l'antichità e il Medioevo, ricercò invece i nessi fra le due epoche, fra le strutture imperiali e quelle dell'età romano-barbarica. Approfondì anche gli studi di diritto canonico ed ecclesiastico non solo per lo stretto collegamento e i nessi con le ricerche storico-giuridiche, ma anche per una sua spontanea vocazione di cattolico militante. Cercò di precisare il contenuto ed il valore dell'insegnamento del diritto ecclesiastico nel quadro delle scienze giuridiche, non perdendo mai di vista le implicazioni attuali dei suoi studi e auspicando, prima della stipulazione dei Patti lateranensi, un sistema di coordinamento fra lo Stato e la Chiesa, utile a entrambi e necessario a tutelare la civiltà, da lui intesa in senso chiaramente conservatore.

Per ciò che riguarda il collegamento con la storia del diritto italiano, studiò con particolare attenzione la profonda influenza del diritto canonico su quello longobardo e quello che egli stesso definì il "diritto comune pontificio".

Il suo primo studio su Le condizioni della proprietà territoriale… sui documenti della provincia romana nei secc. VIII, IX e X, in Arch. della R. Soc. romana di storia patria, VII(1884), pp. 309-352; VIII (1885), pp. 60-100, inizia un approfondimento delle storie giuridiche regionali come revisione o conferma della sintesi del Pertile. Nel saggio Ilgoverno dei Bizantini in Italia, nella Riv. stor. ital., I(1885), pp. 265-335, precorre la più ampia sintesi dello Hartinann e del Diehl. Con la Storia del parlamento siciliano dalla fondazione alla caduta della Monarchia, Torino 1887, iniziò un nuovo indirizzo di ricerche, dando prova di una notevole capacità di sintesi, nonostante alcune lievi inesattezze. Ne Ildiritto di Teodosio in Italia, Macerata 1883, studiò le sopravvivenze del diritto teodosiano nella penisola dopo l'estensione ad essa dell'opera legislativa di Giustiniano. Con la monografia Diritto ecclesiastico e diritto longobardo, Roma 1888, senza negare l'importanza dell'influsso longobardo, studiò le trasformazioni portate nel diritto di quel popolo dalla conversione al cattolicesimo e dai conseguenti rapporti tra la Monarchia e la Chiesa. Pubblicò quindi il manuale di Storia del diritto italiano, I, Le fonti;II, Il diritto pubblico;III, Il diritto privato, Firenze 1891, per il quale si valse essenzialmente di materiali italici e che ebbe numerose edizioni successive; egli stesso più tardi, durante il periodo del suo insegnamento a Roma, lo rivide e completò, pubblicando le sue Lezioni di storia del diritto italiano, I, Le fonti;II, Il diritto pubblico;III, Le persone;IV, Il diritto penale, Roma1929-33. Compilò anche un Manuale di diritto ecclesiastico, Firenze 1892, che ebbe anch'esso varie edizioni successive, e ai tre volumi già editi sulla storia del diritto italiano ne aggiunse un quarto per la storia del diritto penale, Ilsaggio di storia del diritto penale italiano nel Medio evo e nel Rinascimento, Firenze 1895. Scrisse una Storia di Civitavecchia, Firenze 1898, di cui più tardi curò anche una nuova edizione, sulla scorta di nuovi documenti, pubblicata sempre a Firenze nel 1936, che è ad un tempo un approfondito studio di storia municipale e un contributo alla storia di Roma. Dedicò un poderoso volume allo studio de La Costituzione della Chiesa: storia e sistema, Firenze 1902, che però non soddisfece i seguaci di un indirizzo prevalentemente dogmatico e fu da molti giudicato eccessivamente pervaso da spirito di conservazione. Fu editore ed illustratore del Liber Maiolichinus de gestis Pisanorum illustribus, in Fonti per la storia d'Italia, XXIX, Roma 1904. La sua opera più importante suole essere considerata la ricerca dedicata allo Svolgimento del diritto penale dalle invasioni barbariche alle riforme del sec. XVIII, Milano 1906 (II dell'Encicl. del diritto penale ital. Pessina). Nello stesso anno curò anche uno studio su La riforma delle leggi per gli usi civici nella prov. romana…, in Arch. giuridico, s.3, VII (1907), pp. 177-202, in cui si occupò di un problema di diritto attuale, per affrontare il quale occorreva però una esauriente illustrazione storica: questione che formerà oggetto anche della sua attività di parlamentare. Per la Continental legal History, di cui era collaboratore per l'Italia, scrisse From Justinian to Feudalism (Boston 1912) e A History of Italian Law (ibid. 1928). Si occupò diffusamente della formazione e dell'evoluzione del diritto comune nei territori dello Stato della Chiesa dove maggiormente si fece sentire il potere dei pontefici: Intorno allo studio del diritto comune pontif., nella rivista Roma, IX(1931), pp. 115-68; Per lo studio del dir. comune pontif., ibid., XII(1934), pp. 34-85; Il dir. comune con speciale riguardo agli Stati della Chiesa, in Studi in on. di E. Besta, Milano 1939. Scrisse infine anche un saggio su La politica ecclesiastica del governo fascista, in Dal Regno all'Impero, Roma 1937. Oratore molto ricercato, tenne numerose prolusioni, conferenze, commemorazioni, occupandosi dei più vari argomenti.

Nel 1886 vinse il concorso per la cattedra di storia del diritto italiano all'università di Macerata e nel 1892 quello per l'università di Siena, dove tenne anche il corso di diritto canonico. Quindi nel 1895 fu chiamato a succedere al Tamassia all'università di Pisa, dove tenne sia la cattedra di storia del diritto italiano sia quella di diritto ecclesiastico. Rimase a Pisa fi:no al 1907, anno in cui venne nominato consigliere di Stato; nel 1923 divenne presidente di sezione e nel 1930, quando andò a riposo, presidente onorario del Consiglio di Stato. Dal 1928 al 1933 tornò all'insegnamento della storia del diritto italiano, succedendo a Francesco Brandileone nell'ateneo romano.

Nel 1905 era stato eletto al Consiglio provinciale di Roma; nel 1908 fu eletto deputato e lo rimase per due legislature, sedendo sui banchi del centro. Nel 1919 passò al Senato, dove fu uno dei sostenitori più convinti del regime fascista, a cui diede piena adesione fin dagli inizi del movimento. In veste di parlamentare fu relatore di importanti disegni di legge (affrancazione dei canoni e dei censi e altre prestazioni fondiarie, riordinamento degli usi civici) e di bilanci.

Ricoprì la carica di presidente di importanti enti pubblici, come il Fondo per il culto e l'Istituto pontino. Fu inoltre membro dei Lincei e di altre accademie; divenne presidente della Regia Deputazione romana di storia patria, dopo esserne stato uno degli animatori, dell'Istituto storico italiano per il Medioevo, e dell'Unione accademica nazionale.

Il C. morì a Roma il 22 apr. 1945.

Bibl.: A. Solmi, In onore di C.C., in Studi di storia e diritto in onore di C.C., Milano1940, I, pp. 1-19; L'osservatore romano, 28 apr. 1945; P. S. Leicht, Commemorazione di C.C., in Arch. d. Deputaz. romana di storia patria, XXX(1946), pp. 131-148; E. Besta, C.C., in Riv. di storia del diritto ital., XVII-XX(1944-47), pp. V-VIII; P. S.Leicht, Pentamoiron epikedeion, in Riv. ital. per le scienze giuridiche, s. 3, I (1947), pp. 272 s.; Enc. Ital., App. I, p. 346; II, p. 486.

Vedi anche
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