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DI NAPOLI, Cesare

di Francesca Campagna Cicala - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 40 (1991)
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DI NAPOLI, Cesare

Francesca Campagna Cicala

Nato, secondo il Grosso Cacopardo (1821), nel 1550, della sua vita e della sua attività artistica si sa ben poco, se non che fu molto probabilmente messinese, come potrebbe ricavarsi da un contratto, riportato dal Susinno (1724), per una tavola di Pagliara (Messina), in cui è chiamato "Pictor messanensis", e che fu allievo di Deodato Guinaccia, come riporta la storiografia locale. Non si conosce l'anno di morte. Tuttavia l'attività finora nota si concentra tra il 1582 e il 1586.

Molte delle opere ricordate dagli storici e dalle guide locali sono andate perdute. Infatti non si ha più alcuna notizia della tavola situata nella chiesa di S. Maria di Portosalvo, Confraternita dei marinai, raffigurante S. Pietro e s. Andrea, datata 1573, che secondo la Guida del 1902 era da attribuirsi al D., mentre secondo gli scrittori più antichi, dal Gallo al La Farina, era da attribuirsi a Guinaccia secondo un'ipotesi più attendibile, per la precocità della data; né esistono più la Presentazione della Vergine al tempio nella cappella Calvo in S. Agostino, che il Susinno (1724) ed il Gallo (1877) ricordano firmata e datata 1582, e la tavola di S. Vito nella chiesa intitolata al santo ricordata dal Grosso Cacopardo (1826).

Era ancora a lui attribuita, come si ricava da un vecchio inventario pubblicato dal La Corte Cailler (1902), un'Adorazione dei magi, composta da quattro tavole, nella galleria Brunaccini, che andò distrutta o dispersa insieme con tutta la collezione nei moti del 1848, o quando, un trentennio dopo, le opere superstiti vennero vendute insieme al palazzo. Non sono infine rintracciabili altre due opere in provincia di Messina, citate dalla Guida del 1902, che si trovavano, ancora a quella data, una nella chiesa madre di Barcellona (prov. Messina), raffigurante i Ss. Nicola, Rocco e Caterina, e l'altra nella chiesa di S. Vito a Pozzo di Gotto, frazione di Barcellona, raffigurante i Ss. Placido, Nicolò e Lucia.

A documento pertanto dell'attività del pittore restano soltanto una tavola raffigurante la Madonna delle Grazie, firmata e datata 1585, oggi nella Biblioteca comunale di Barcellona, ma proveniente dall'ex convento dei basiliani; una Madonna in gloria tra i ss. Pietro e Paolo, tavola firmata e datata 1586, nella chiesa madre di Pagliara che, presumibilmente, è la stessa opera commissionata dai giurati della terra di Pagliara nel 1585 come la Ss. Trinità tra i ss. Pietro e Paolo secondo il contratto negli atti di notar Zaccaria di Federico, riportato dal Susinno (1724); ed infine i Ss. Costantino, Elena, Andrea ed Agostino oggi a Messina, al Museo regionale, proveniente dalla chiesetta di S. Pelagia, che il Susinno per primo gli attribuì - seguito dagli storici successivi - in base alle affinità che vi riscontrava con la tavola della Presentazione in S. Agostino, oggi perduta.

Assai difficile perciò, dal poco che ci rimane, poter ricostruire le fasi stilisfiche dell'attività pittorica del D., pittore del resto quasi sconosciuto ai più modemi studiosi di pittura siciliana.

A voler azzardare un'ipotesi che tenga conto delle testimonianze storiche che vogliono il pittore allievo di Guinaccia, è assai probabile che il dipinto con i Ss. Costantino, Elena, Andrea ed Agostino, conservato al Museo di Messina, appartenga ad una fase più giovanile e preceda pertanto le altre due firmate e datate. Questa infatti rivela maggiormente un'adesione ai modi guinacceschi, quali appaiono nell'ultima attività del maestro napoletano, in opere come l'Annunciazione del Museo regionale di Messina del 1581 o il S. Marco nella cattedrale di Santa Lucia del Mela (prov. Messina), dello stesso periodo, e che si concretizzano, nelle opere del D., in desunzioni dalle figure degli angeli o dalle espressioni drammaticamente caricate, desunzioni cui non è forse estranea una conoscenza, mediata sempre tramite il Guinaccia, dei modi di Marco Pino. D'altra parte in questo dipinto si rivelano anche quelle che sono le caratteristiche più evidenti delle due altre opere documentate del D., come la predilezione per una composizione semplificata, o la staticità delle figure, che fanno pensare ad un'assimilazione più profonda della cultura pittorica messinese più tradizionale, con soluzioni in parte simili a quelle adottate da un altro pittore messinese a lui contemporaneo, Antonello Riccio.

Il Consoli (1970) riscontra nell'opera del Museo di Messina una conoscenza di "fatti genovesi" o di "episodi romani e ravennati"; di fatto il pittore, a giudicare soprattutto dalle due opere documentate non sembra uscire dall'ambito della pittura provinciale messinese, che ancora nel penultimo quindicennio del secolo gravita attorno alla tradizione polidoresca. Sia l'opera di Barcellona - molto rifatta in un recente malinteso restauro - sia quella di Pagliara, infatti, ripetono stanchi schemi quali si erano consolidati nel gusto di una committenza, soprattutto nella provincia, per la quale il D. pare abbia maggiormente lavorato, se si pensa al numero di opere concentrate a Barcellona. Soltanto nell'ultima opera a noi nota, quella di Pagliara, del 1586, insieme con l'evidente ricordo polidoresco nelle figure dei Ss. Pietro e Paolo, il pittore libera una maggiore felicità inventiva negli effetti luministici e cromatici della gloria degli angeli che incoronano la Vergine.

Bibl.: P. Samperi, Iconologia della gloriosa Vergine Maria, Messina 1644, II, p. 242; F. Susinno, Le Vite de' pittori messinesi (1724), a cura di V. Martinelli, Firenze 1960, pp. 78 ss.; F. Hackert-G. Grano, Memorie de' pittori messinesi (1792), a cura di S. Bottari, in Arch. stor. messinese, XXVIII-XXXV (1934), pp. 19, 45; G. Grosso Cacopardo, Memorie de' pittori messinesi, Messina 1821, p. 65; Id., Guida per la città di Messina, Messina 1826, p. 73; G. La Farina, Messina e i suoi monumenti, Messina 1840, pp. 114, 137; A. Busacca, Guida per la città di Messina, Messina 1873, p. 37; C. D. Gallo, Annali della città di Messina, Messina 1877, pp. 101, 189, 213; Messina e dintorni. Guida a cura del Municipio, Messina 1902, pp. 339, 357, 408, 409; G. La Corte Cailler, Il palazzo e la galleria Brunaccini, in Arch. stor. messinese, III (1902), p. 141; S. Bottari, Appunti per la storia dell'arte siciliana, in La Siciliana (Siracusa), aprile 1926, pp. 68 s.; G. Consoli, in Opere d'arte restaurate, Messina 1970, scheda 9; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VI, pp. 306 s. (sub voce Cesare di Napoli).

Vedi anche
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