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Competenze di Roma Capitale su beni storici e artistici

di Paolo Carpentieri - Il Libro dell'anno del Diritto 2016
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Competenze di Roma Capitale su beni storici e artistici

Paolo Carpentieri

Tre le novità di rilievo da segnalare nel 2012 in tema di beni culturali va ricordato il d.lgs. 18.4.2012, n. 61, che ha dettato la disciplina attuativa della delega avente ad oggetto l’attribuzione a Roma Capitale, tra l’altro, di funzioni amministrative in tema di concorso alla valorizzazione dei beni storici e artistici.

La ricognizione

Il d.lgs. 18.4.2012, n. 61, emanato in attuazione della delega contenuta all’art. 24 l. 5.5.2009, n. 42 (in materia di federalismo fiscale), reca all’art. 5 specifiche disposizioni concernenti l’attribuzione a Roma Capitale delle funzioni amministrative in materia di concorso alla valorizzazione dei beni storici e artistici.

Il citato art. 5, al fine di assicurare il concorso alla valorizzazione dei beni storici e artistici, istituisce la Conferenza delle Soprintendenze ai beni culturali del territorio di Roma capitale, con funzioni di coordinamento delle attività di valorizzazione della Sovraintendenza ai beni culturali di Roma capitale e degli organi centrali e periferici del Ministero per i beni e le attività culturali aventi competenze sul patrimonio storico e artistico presente in Roma.

La focalizzazione. Il d.lgs. n. 61/2012 di attribuzione a Roma Capitale di funzioni di valorizzazione dei beni storici e artistici

Il provvedimento normativo presenta sostanziali differenze rispetto al testo deliberato in via preliminare dal Consiglio dei ministri il 21.11.2011, in ragione della necessità per il Governo di attenersi alle indicazioni risultanti dal parere della Commissione parlamentare per il federalismo fiscale, la quale aveva evidenziato il concreto rischio di incorrere in illegittimità costituzionale per contrasto con i principi e criteri direttivi della delega e conseguente violazione dell’art. 76 Cost. Ciò in quanto l’art. 24, co. 3, lett. a), l. n. 42/2009 non ha inteso consentire una indifferenziata attribuzione a Roma Capitale di funzioni amministrative in tema di beni culturali e paesaggistici, ma unicamente il concorso alle sole attività di valorizzazione (e non già di tutela) dei beni storici, artistici, ambientali e fluviali (e non anche, quindi, dei beni archeologici ed etnoantropologici).

Correttamente, pertanto, il testo finale del decreto legislativo non fa più riferimento, per la definizione dell’ambito delle funzioni attribuite a Roma capitale, all’ampia locuzione «beni culturali», ma utilizza l’espressione «beni storici e artistici», aderente al tenore testuale della legge delega. Il riferimento ai soli beni storici e artistici stricto sensu intesi è, del resto, resa esplicita dall’art. 6, co. 3, del d.lgs. n. 61/2012, il quale stabilisce che «Per beni storici e artistici, agli effetti del presente decreto, si intendono le cose immobili e mobili di interesse storico e artistico di cui all’articolo 10 del codice dei beni culturali e del paesaggio».

Previsione caratterizzante del decreto legislativo è quella che istituisce la Conferenza delle Soprintendenze ai beni culturali del territorio di Roma capitale, cui sono demandate «funzioni di coordinamento delle attività di valorizzazione della Sovraintendenza ai beni culturali di Roma capitale e degli organi centrali e periferici del Ministero per i beni e le attività culturali aventi competenze sul patrimonio storico e artistico presente in Roma» (art. 5, co. 1). Coerentemente con il ruolo assegnatole di sede di coordinamento, la Conferenza non prende in esame i singoli interventi di valorizzazione, bensì solo il piano degli interventi di valorizzazione di particolare rilievo che involgano l’immagine stessa della Capitale. L’applicazione di tale disposizione è, peraltro, subordinata alla stipulazione, tra il Ministero e Roma capitale, di un apposito accordo di valorizzazione, ai sensi dell’art. 112, co. 4, del d.lgs. 22.1.2004, n. 42 (“Codice dei beni culturali e del paesaggio”), al fine di stabilire – da un lato – quali debbano essere i beni storici e artistici da intendersi come caratterizzanti l’immagine di Roma capitale e – dall’altro – quali interventi debbano essere ritenuti di particolare rilievo.

Quanto alle modalità di funzionamento e agli effetti delle deliberazioni della Conferenza, il co. 5 dell’art. 5 rinvia alle disposizioni della l. 7.8.1990, n. 241 in materia di conferenza di servizi. Anche su questo punto il testo risulta significativamente emendato. Nel tenore vigente, l’art. 5, co. 2, prevede che la Conferenza dei Soprintendenti decida il piano degli interventi di valorizzazione di particolare rilievo aventi ad oggetto i beni storici e artistici caratterizzanti l’immagine di Roma capitale e che, invece, si pronunci in merito al rilascio degli atti ampliativi eventualmente necessari. L’introduzione della suddetta distinzione terminologica («decide»/«si pronuncia»), peraltro in esito a un ampio dibattito nella Commissione bicamerale in merito alla necessaria limitazione delle funzioni attribuite a Roma capitale al solo ambito delle attività di valorizzazione, induce con tutta evidenza a ritenere che la Conferenza operi nel primo caso quale sede decisoria, nel secondo in veste istruttoria.

Quanto alla partecipazione di Roma capitale alla procedura verifica preventiva dell’interesse archeologico di cui agli artt. 95 e 96 del Codice dei contratti pubblici (d.lgs. 12.4.2006, n. 163), l’attuale tenore dell’art. 5, co. 6, del provvedimento normativo in argomento si limita, a seguito delle modificazioni apportate in sede di deliberazione definitiva, unicamente a stabilire la necessaria partecipazione della Sovraintendenza capitolina, in caso di realizzazione di opere pubbliche ricadenti in aree di interesse archeologico nel territorio di Roma capitale, all’accordo previsto dall’art. 96, co. 7, del Codice dei contratti pubblici (ossia l’accordo che può essere stipulato tra il Direttore regionale per i beni culturali e paesaggistici e l’amministrazione appaltante e che può graduare la complessità della procedura e disciplinare le forme di documentazione e di divulgazione dei risultati dell’indagine).

Roma capitale diviene quindi parte necessaria del suddetto accordo, anche ove non si trovi nella posizione di amministrazione appaltante. Ciò al preminente scopo di permettere a Roma Capitale di partecipare, in particolare, alle determinazioni concordate in materia di valorizzazione dei ritrovamenti, nonché al fine di favorire la circolazione delle informazioni riguardanti lo svolgimento delle verifiche di archeologia preventiva. È, viceversa, da escludere, per le ragioni sopra dette, qualsiasi condivisione da parte dell’Ente locale di compiti in materia di tutela archeologica.

I profili problematici

Diversi sono in profili problematici che si profilano sul piano applicativo.

In primo luogo per quanto concerne l’istituzione e il funzionamento della Conferenza delle Soprintendenze ai beni culturali del territorio di Roma capitale.

Il co. 1 dell’art. 4 demanda alla Conferenza il compito di decidere «il piano degli interventi di valorizzazione di particolare rilievo aventi ad oggetto i beni storici e artistici caratterizzanti l’immagine di Roma capitale. L’individuazione dei beni e delle tipologie di interventi da sottoporre alla Conferenza avviene mediante uno o più accordi da stipulare ai sensi dell’art. 112, co. 4, del codice dei beni culturali e del paesaggio ...». Sulla scorta del chiaro tenore testuale della disposizione, è possibile evidenziare anzitutto come la Conferenza, in quanto sede di coordinamento, non sia chiamata a pronunciarsi sui singoli interventi di valorizzazione da attuarsi da parte dello Stato o di Roma capitale, bensì sul solo piano degli interventi di valorizzazione di particolare rilievo. Inoltre, il suddetto atto programmatorio non avrà ad oggetto tutti indistintamente gli interventi da realizzarsi sul territorio di Roma capitale nel periodo considerato, ma unicamente gli interventi di particolare rilievo che, inoltre, abbiano ad oggetto beni storici e artistici (e quindi, come si è detto, non anche archeologici o etnoantropologici) caratterizzanti l’immagine di Roma capitale.

La disposizione normativa, peraltro, non è immediatamente applicabile, ma subordina espressamente la propria operatività alla stipulazione, tra il Ministero e Roma capitale, di un apposito accordo di valorizzazione, ai sensi dell’art. 112, co. 4, del Codice dei beni culturali e del paesaggio al fine di stabilire – da un lato – quali debbano essere i beni storici e artistici da intendersi come caratterizzanti l’immagine di Roma capitale e – dall’altro – quali interventi debbano essere ritenuti di particolare rilievo. Tale accordo assume un rilievo pregiudiziale, condizionante l’applicabilità concreta dell’intero impianto normativo concernente il concorso di Roma capitale nella valorizzazione di beni storici e artistici. Tale accordo, infatti, è destinato a definire preliminarmente l’oggetto stesso di tale concorso; senza di esso, dunque, tutte le ulteriori e successive disposizioni del decreto legislativo sono insuscettibili di diretta applicazione.

Circa il funzionamento della Conferenza e gli effetti dei relativi atti, ancorché il co. 5 dell’art. 5 d.lgs. n. 61/2012 rinvii, per la determinazione delle modalità di funzionamento e degli effetti della Conferenza delle Soprintendenze, alle disposizioni della l. n. 241/1990 in materia di conferenza di servizi, deve ritenersi che la Conferenza non sia qualificabile sic et simpliciter come una conferenza di servizi, posto che non si tratta di una mera sede di coordinamento procedimentale, bensì di una sede di raccordo istituzionale tra lo Stato – e per esso il Ministero per i beni e le attività culturali – e Roma capitale, quale Ente locale dotato di una rilevanza costituzionale differenziata rispetto agli altri comuni della Repubblica, ai sensi dell’art.114, co. 3, Cost.

Pertanto, il riferimento legislativo alle disposizioni di cui agli artt. 14 ss. l. n. 241/1990 va inteso nel senso che le modalità di funzionamento e gli effetti della Conferenza delle Soprintendenze sono equiparati a quelli di una conferenza di servizi, pur non potendosi, come detto, ricondurre la natura giuridica della Conferenza stessa ad una ordinaria conferenza di servizi. È da ritenere, in via più generale, che i due attori istituzionali interessati siano tenuti a definire concordemente non solo l’ambito oggettivo su cui la Conferenza è in concreto chiamata a pronunciarsi, ma anche le regole inerenti il suo funzionamento. In particolare, occorrerà disciplinare compiutamente le modalità di convocazione delle sedute e regolamentare lo svolgimento, definendo altresì compiutamente, come sopra si è anticipato, casi e termini in cui debbano essere invitate a partecipare le diverse Soprintendenze statali.

L’equiparazione quoad effectum delle deliberazioni assunte in sede di Conferenza delle Soprintendenze alle determinazioni delle conferenze di servizi pone il problema di stabilire, preliminarmente, se la predetta Conferenza operi come una conferenza di servizi istruttoria (ex 14, co.1, l. n. 241/1990) ovvero decisoria; se, cioè, le determinazioni assunte in sede di Conferenza debbano comunque essere seguite dall’adozione dei provvedimenti di competenza dei diversi organi partecipanti, ovvero tengano luogo di tali provvedimenti, consumando il potere delle amministrazioni coinvolte.

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