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Cosa si intende oggi per Medioevo?

di Girolamo Arnaldi - Dizionario di Storia (2010)
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Cosa si intende oggi per Medioevo?

Girolamo Arnaldi

Non passa quasi giorno che, a proposito dell’approvazione di una legge, della dichiarazione di un uomo politico, di una presa di posizione della Chiesa, della sentenza di un tribunale, i giornali, per mostrare la loro disapprovazione, non la bollino nel titolo degli articoli in cui ne danno notizia con l’aggettivo ≪medievale≫: ≪è una cosa da Medioevo!≫. Alla stragrande maggioranza dei lettori questi titoli non fanno né caldo né freddo, tanto più se li associano al ricordo della noia provata studiando sui banchi di scuola quel lungo periodo storico, con tanti nomi e tante date da tenere a memoria. Ma una minoranza di lettori ormai abbastanza consistente, che ha avuto la pazienza di leggere uno dei molti bei libri recenti (anche di divulgazione), sul Medioevo in prevalenza cavalleresco e cortese, in vendita nelle librerie; o che ha visitato la Sainte Chapelle a Parigi o la cattedrale di Chartres o la Cappella di Enrico Scrovegni a Padova o il Campo dei Miracoli a Pisa; o che ha letto, magari in una buona traduzione, la Chanson de Roland; o che (per citare da ultimo la vetta di gran lunga più alta) ricorda di avere affrontato a scuola in giorni lontani almeno qualche canto della Commedia, non manca giustamente di domandarsi: come si spiegano quei titoli? Il Medioevo è stato davvero cosi oscuro (l’aggettivo usato è di norma questo)? Se le due domande vengono rivolte a qualcuno che si suppone sappia qualcosa del Medioevo, la risposta, molto sbrigativa, è questa: cosa vuole che ne sappiano del Medioevo quegli ignoranti dei gazzettieri! Anche se può bastare a soddisfare l’esigenza immediata di chi ha posto le due domande, questa risposta non spiega perché, come e quando il pregiudizio dell’≪oscuro Medioevo≫ sia nato e perché non accenni ancora a scomparire. La risposta è che un’età di mezzo concepita come lungo periodo di oscurità e di ≪decadenza≫, cui ha tenuto dietro una ≪rinascita≫, di cui gli inventori del Medioevo – cioè, come vedremo subito, gli umanisti italiani del 15° secolo - si ritenevano a ragione gli artefici e i protagonisti, non c’è mai stata. A dare forza e a garantire la durata nel tempo al concetto di Medioevo sono stati coloro che hanno seguito l’esempio dei suoi inventori, proponendo decadenze e rinascite di carattere diverso da quella originaria, di modo che la ≪questione del Medioevo≫, come si intitola un libro di Giorgio Falco, è un capitolo molto importante della storia d’Europa nella prima Età moderna. Queste riproposizioni hanno in comune il fatto di connotare anch’esse negativamente quei dieci secoli, senza però che qualcuno si sia preoccupato di dare a essi un nome che, di là delle diversità esistenti fra di loro e fra ciascuna di loro e il modello originario, ne mettesse in rilievo anche la comune identità. ≪La colpa – per altri il merito – dell’invenzione del Medioevo viene attribuita comunemente, com’e risaputo, a Cristoforo Keller, professore di storia e di eloquenza all’Università di Halle dal 1693 al 1707, anno della sua morte≫, che, nel 1688, ha dato alle stampe un libro dal titolo: Historia medii aevi a temporibus Constantini Magni ad Constantinopolim a Turcis captam (Falco). Keller ≪fa coincidere la durata dell’impero bizantino con quella della sua capitale Costantinopoli e la comprende tra i due estremi cronologici del 324, data della fondazione della Seconda Roma, e del 1453, data della sua conquista da parte dei Turchi≫ (Ronchey). Ma da circa due secoli e mezzo circolava in Europa l’idea di un altro lungo periodo storico che concerneva non un impero ma l’intero continente, formato, questo, non da undici secoli, come quello di Keller, bensì da circa dieci, quelli compresi, a monte, fra il sacco di Roma del 410 a opera dei visigoti di Alarico (o la caduta dell’impero romano di Occidente [476], o la chiusura della Scuola di Atene [529]) e, a valle, la scoperta dell’America (1492) o l’invenzione della stampa a caratteri mobili (1450 ca.). Alla metà del secolo XV la sequenza di questi dieci secoli ha cominciato a essere considerata dagli umanisti italiani come un lungo periodo, che stava a sé nel continuum del corso della storia, fra il mondo antico e il mondo moderno, caratterizzato dal tratto comune di presentarsi come un ritorno alla barbarie primitiva, che aveva preceduto il fiorire della civiltà e cultura greco-romana, che aveva avuto di nuovo inizio con la decadenza - la ≪decadenza≫ per antonomasia - dell’impero romano d’Occidente e fine con la ≪rinascita≫ degli studi letterari e filosofici, la riscoperta dei classici latini e greci giacenti negli armadi delle biblioteche monastiche, la diffusione del culto della statuaria e architettura antiche, i cui monumenti superstiti gli artisti della nuova età si sforzavano di imitare, accomunati dal disprezzo per tutto ciò che aveva prodotto l’intermezzo dell’≪età gotica≫. Questa scansione della storia d’Europa si è poi consolidata, fino ad affermarsi come una partizione del suo corso in uso ancora ai giorni nostri, anche perché, abbastanza per tempo, come si è già accennato, gli specifici connotati dati dagli umanisti al plurisecolare imbarbarimento e isterilimento del vivere civile sono stati sostituiti da connotati diversi, a cominciare dal tradimento del messaggio evangelico, operato in quei secoli dalla Chiesa romana e denunciato con parole di fuoco dai riformatori protestanti. Alla sequenza di dieci secoli, ritagliata dagli umanisti, affermatasi inizialmente senza che le si desse un nome, la proposta terminologica di Cristoforo Keller è stata applicata indipendentemente dal fatto che i suoi undici secoli coprono l’arco della storia dell’impero bizantino dalla fondazione della sua capitale alla sua caduta nelle mani dei turchi, attraverso un susseguirsi di vittorie e di sconfitte, come è naturale che sia, mentre il nostro Medioevo, secondo la vulgata che persiste nonostante la quotidiana smentita offerta dal progresso degli studi, continua a essere ritenuto ≪oscuro≫ dal principio alla fine, senza però che si possa indicare un filo rosso che ne colleghi le innumerevoli tappe, proprio come accade anche per i secoli che l’hanno preceduto e quelli che gli hanno tenuto dietro, che presentano un intrico altrettanto ricco di progressi, glorie, e altrettanto grandi infamità. La verità è che il Medioevo non c’è mai stato. È solo un flatus vocis che ha goduto di un’immeritata fortuna se non altro perché è servito, e serve tuttora, a tripartire cronologicamente la storia d’Europa nei programmi e nei manuali scolastici. È da presumere che questa sua fortuna durerà fino a quando anche la storia verrà globalizzata.

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