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DE ANGELIS, Domenico

di Angelo Romano - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 33 (1987)
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DE ANGELIS, Domenico (D. Francesco Niccolò)

Angelo Romano

Nato a Lecce il 22 ott. 1675 da Giovan Battista e Maria Mauro, imparò assai presto la filosofia, la letteratura, la matematica e la teologia nel locale collegio dei gesuiti, studiando anche diritto canonico e civile.

Nel 1692 lo zio paterno, Carlo, lo chiamò a Napoli per approfondire gli studi giuridici sotto la guida di G. Cusano. A Napoli rimase per quattro anni, e, nel 1696, si trasferì a Roma. Il D. si impose subito per la notevole erudizione e le grandi capacità intuitive, strinse amicizia con monsignor Marcello Severoli, che lo introdusse negli ambienti colti della città, e, l'8 ag. 1698, venne associato all'Accademia dell'Arcadia col nome di Arato Alalcomenio.

Fu accolto benevolmente nella corte di monsignor Niccolò Negroni (zio del Severoli) in qualità prima di aiutante di studio, poi di uditore. A lui il D. dedicò, nel 1701, la polemica dissertazione Della patria d'Ennio, con la quale identificava Lecce con l'antica Rudiae, culla del poeta latino Quinto Ennio. Accettò il sacerdozio, ma, nel 1703, a causa di un terremoto che sconvolse Roma, si spostò in tutta fretta a Napoli. Qui diede alle stampe la Vita di monsignor Roberto Caracciolo (ristampata successivamente nelle Vite de' letterati salentini, I, pp. 1-26), ed entrò nell'Accademia arcadica della Colonia Sebezia, fondata dall'amico Biagio Maioli de Avitabile.

Qualche mese dopo, a Lecce, pubblicò il Discorso storico in cui si tratta dell'origine di Lecce e di alcune migliori e più principali notizie di essa (1705), la Lettera discorsiva al marchese Gio. Gioseffio Orsi, intorno all'origine e progressi degli Accademici Spioni, e alle varie loro lodevoli applicazioni (1705), la Vita di Scipione Ammirato (1706, poi nelle Vite de' letterati salentini, 1, pp. 61-116), e la Vita di Giacomo Antonio Ferrari (preposta all'Apologia paradossica dello stesso Ferrari nel 1707, successivamente nelle Vite de' letterati salentini, I, pp. 117-35). Si iscrisse, inoltre, all'Accademia leccese degli Spioni o Speculatori, e a quella degli Spensierati di Rossano.

Partì quindi alla volta della Spagna, accompagnando come cappellano un reggimento militare. Passò per Parigi dove fu presentato a Luigi XIV, mentre Filippo V lo dichiarò storiografo del Regno di Napoli. Dopo varie peripezie - fu fatto prigioniero sui Pirenei da soldataglie ribelli e condotto a Barcellona -, intorno al 1709 ritornò a Roma e venne nominato protonotario apostolico e cappellano generale delle truppe pontificie. Visitando, tra l'altro, gli Stati della Chiesa, ricevette a Macerata la laurea in giurisprudenza.

Nel 1710 era di nuovo a Napoli, ove stampò Tre lettere in sostegno della Chiesa vescovile di Lecce per la giurisprudenza sopra S. Pietro in Lama e Vernotico, ma, soprattutto, cominciò a pubblicare la sua opera più impegnativa: Le vite de' letterati salentini.

Divisa in due parti - la prima stampata a Firenze (in realtà a Napoli) nel 1710, dedicata al duca di Gravina Filippo Bernualdo Orsini, la seconda impressa a Napoli, per i tipi dei Raillard, nel 1713, e dedicata a Giulio Cesare Albertini -, l'opera comprende le seguenti biografie: Vita di monsignor Roberto Caracciolo, Vita di Antonio De Ferrariis, detto il Galateo, Vita di Scipione Ammirato leccese, Vita di Giacomo Antonio Ferrari leccese, Vita di Andrea Peschiulli da Corigliano (già in G. M. Crescimbeni.1 Le vite degli Arcadi illustri, II,Roma 1710, pp. 107-30), Vita di Antonio Caraccio di Nardò (ibid., I,ibid. 1708, pp. 141-68), nella prima sezione; Vita di Lorenzo Scupoli da Otranto, Vita di Gio. Carlo Bovio di Brindisi, Vita di Gio. Battista Crispo da Gallipoli, Vita di Q. Mario Corrado d'Oria, Vita di Bonaventura Morone di Taranto, Vita di Ascanio Grandi leccese, Vita di Ferdinando Donno di Manduria, Vita di monsignor Fulgenzio Gemma leccese, Vita di Epifanio Ferdinando di Mesagne, Vita di Pietro Monggiò, detto il Galatino, nella seconda parte.

Prima vera storia della letteratura salentina, seppur monografica, essa conserva intatto il vigore informativo, e resta per molti aspetti, ancora oggi, punto di riferimento imprescindibile per chi voglia accostarsi allo studio della civiltà letteraria del Salento.

Sempre a Napoli, il D. apprese dell'interdetto religioso che aveva colpito la sua città natale. Tornò precipitosamente a Lecce e si incontrò col vescovo Fabrizio Pignatelli. Ebbe per sé un canonicato nella cattedrale. Quasi contemporaneamente fu nominato dal vescovo di Gallipoli, Oronzo Filomarini, vicario generale per l'intera diocesi gallipolitana, rimanendovi fino al 1716. Si distinse particolarmente per il suo impegno religioso, e per aver proferito nel 1711 l'elogio funebre per la morte dell'imperatore Giuseppe I. Si recò quindi a Roma, dove ottenne finalmente dal Vaticano la revoca dell'interdetto su Lecce. Rifiutò l'offerta del vescovado di Scala e Ravello, accettando invece di fondare un seminario a Gragnano, nella Lattaria.

Intanto, aveva stampato ancora la Vita di Ascanio Grandi leccese (Lecce 1715, già ne Le vite de' letterati salentini, II, pp. 135-65), l'Orazione funebre recitata nel duomo di Gallipoli per la morte dell'imp. Giuseppe (Napoli 1716), lo scritto Sopra la sospensione dell'Interdetto locale generale della Chiesa di Lecce e sua diocesi (Roma 1716), e inviato una Lettera a Gio. Bernardino Tafuri del 25 dicembre 1717 (poi negli Io. Baptistae Pollidori Frentani et Stephani Catalani Gallipolitani Opuscola nonnulla, Neapoli 1793, pp. 54 s.).

Tornato a Lecce nei primi mesi del 1718, vi morì improvvisamente l'8 agosto, lasciando ogni suo avere in eredità ai fratelli.

Grande erudito di storia salentina, perfetto conoscitore delle origini e delle trasformazioni letterarie della sua terra, il D. fu soprattutto un cronista attento degli sviluppi regionali della letteratura. Biografo scrupoloso - ma la sua prosa riesce a volte retorica e pedante, e l'indagine scientifica non sembra preoccuparlo -, seppe selezionare una gran messe di notizie e informazioni storiche, soprattutto nelle Vite de' letterati salentini, fornendo degli indispensabili strumenti letterari e agili compendi, sulla scia di altri insigni storiografi quali G. M. Crescimbeni, G. M. Mazzuchelli, F. S. Quadrio e G. Tiraboschi.

Il D. si cimentò pure nell'esercizio poetico, e numerose, anche se non eccellenti, sono le testimonianze liriche rimaste. Egli rispecchiò fedelmente la crisi poetica del suo tempo, e cercò, cori l'Arcadia, di superare i limiti dell'improvvisazione barocca, affidandosi alla collaudata ritmia della lirica petrarchesca.

Si ricordano il sonetto apparso nelle Rime di Filippo De Angelis (Napoli 1698, parte I, pp. non num.), l'interessante canzone a Fabrizio Pignatelli "Spirto gentil che dentro nobil manto", e alcuni sonetti e sestine compresi nelle Vite de' letterati salentini. II, pp. 261 s. (ancora in Crescimbeni, L'istoria ...); in F. M. Tresca, Rime e prose in lode dell'invittiss. e augustiss. Imperadore Carlo VI, Lecce 171-73 p. 276 (c'è anche una Premessa al lettore del D. alle pp. 9-10); nelle Rime scelte di poeti illustri de' nostri tempi, II, Lucca 1719, pp. 129-32; e nella Raccolta di varj poemetti lirici, drammatici e ditirambici degli Arcadi (tomo primo, che è il nono delle Rime),Roma 1722, pp. 56, 135, 149.

Fonti e Bibl.: Lecce, Arch. della cattedrale, Liber baptizatorum, vol. 17 (1675), c. 63v; Ibid., Liber mortuorum, vol. 2 (1704-1706; 1711-1751), c. 11v; Arch. di Stato di Lecce: Sez- not., 46169 (1718), cc. 192r-194v; Brindisi, Arch. d. Bibl. arcivescovile, ms. D. 5: G. B. Lezzi, Memorie de' letterati salentini [fine sec. XVIII], pp. 63-74; F. De Angelis, Rime, II,Napoli 1698, p. 140; G. Gimma, Elogi accad. della Società degli Spensierati di Rossano, II,Napoli 1703, p. 443; G. M. Crescimbeni, L'Arcadia, Roma 1708, p. 116; Giornale de' letterati d'Italia, I (1710), 1, p. 447; 11 (1710), pp. 412-16; 111 (1712), pp. 418-20; IV (1713), pp. 262-79; VI (1715), pp. 175-231; S. Trisio [F. M. Dell'Antoglietta], D. D., in Notizie istor. d. Arcadi morti, II,Roma 1720, pp. 94-100; Giornale de' letterati d'Italia, XIII (1722), 2, pp. 254-62; G. M. Crestimbeni, Comentari intorno alla sua Istoria della volgar Poesia, II,1,Venezia 1730, p. 517; 111, ibid. 1730, pp. 90, 219 s., 261; Id., La bellezza della volgar poesia, Venezia 1730, pp. 253, 364; G. B. Tafuri, Giudizio intorno alla Dissertazione della Patria di Ennio del signor abbate D. D. divisato nella seguente lettera indirizzata all'illustriss. ed eruditiss. sig. il sig. D. Ignazio Maria Como, in Raccolta d'opuscoli scientifici e filologici, a cura di A. Calogerà, IV, Venezia 1730, pp. 329-71; G. M. Crescimbeni, L'istoria della volgar poesia, Venezia 1731, pp. 147-148; J. P. Niceron, Memoires Pour servir à l'histoire des hommes illustres, XVI, Paris 1731, pp. 282-86; G. M. Mazzuchelli, Gli scritt. d'Italia, I, 2, Brescia 1753, pp. 756-60; C. E. Muzzarelli, Angelis, D. de, in E. De Tipaldo, Biogr. d. Italiani illustri. III, Venezia 1836, pp. 173 s.; L. G. De Simone, Abate D. A., in Il filosofo barba-bianca, I 1855), 9, pp. 65-69; 10, pp. 73-76; C. Minieri Riccio, Notizia d. accademie istituite nelle provincie napolitane, in Arch. stor. per le Prov. napoletane, III (1878), I, pp. 149, 151; 2, p. 302; Id., Cenno stor. d. accademie fiorite nella città di Napoli, ibid., IV (1879), 2, p. 387; 1. Carini, L'Arcadia dal 1690 al 1890. Memorie storiche, I, Roma 1891, pp. 308 s., 390; A. Foscarini, Saggio di un catal. bibliogr. d. scrittori salentini, Lecce 7894, pp. 87 s.; P. Marti, Origine e fortuna della coltura salentina. Ferrara 1895, II, (Il sec. XVIII), pp. 199 s.; A. Bonsegna, Il Petrarchismo di D. D. in Arcadia "Arato Alalcomenio". Appunti critici e bibliografici, Ostuni 1924; G. M. Monti, La feudalità napoletana nel 1737 e un "oscuro" riformatore, in Samnium, I (1928), 2, p. 59; L. G. De Simone, Lecce e i suoi monumenti. La città, a cura di N. Vacca, I, Lecce 1964, pp. 276, 548 s.; F. Gregorovius, Passeggiate in Campania e in Puglia, Roma 1966, p. 420; A. M. Giorgetti Vichi, Gli arcadi dal 1690 al 1800. Onomasticon, Roma 1977, p. 24.

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