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CIANCHI, Emilio

di Alberto Iesuè - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 25 (1981)
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CIANCHI, Emilio

Alberto Iesuè

Nacque a Firenze il 21 marzo 1833 da Giovanni e da Anna Sottani. Impiegato in un laboratorio di pietre dure e dedito contemporaneamente agli studi musicali, esordì giovanissimo presentandosi al pubblico per la prima volta con l'oratorio Giuditta, rappresentato a Firenze nella chiesa di S. Giovannino degli Scolopi il 26 febbr. 1854 e replicato con successo le due sere successive. Il lavoro fu accolto favorevolmente anche dalla critica, che riconobbe nell'autore palesi qualità compositive e immaginative, facilità d'invenzione melodica, ma soprattutto intuì la predisposizione per le forme teatrali, per cui più che di un oratorio si parlò di melodramma sacro. L'anno successivo (14 giugno 1855) venne rappresentata al teatro Pagliano di Firenze la sua prima opera: La gioventù di Salvator Rosa (libretto di G. B. Canovai). L'opera ebbe notevole successo. che andò crescendo di rappresentazione in rappresentazione, tanto che.il granduca Leopoldo II esonerò il.C. per sei mesi dal suo ufficio di impiegato, mantenendogli gli emolumenti, con l'obbligo di.comporre nel frattempo un nuovo melodramma. La notorietà riportata con il Salvator Rosa gli procurò la nomina come socio professore presso l'Istituto musicale e l'Accademia di belle arti a Firenze.

Il 17 genn. 1856, sempre. al teatro Pagliano di Firenze, venne rappresentato Il saltimbanco (libretto di G. B. Canovai). Anche quest'ápera riscosse gran successo presso il pubblico e fece predire alla critica un luminoso avvenire musicale per il C., le cui qualità furono individuate nella facilità della linea melodica, nell'equilibrio della strumentazione, nella capacità di adattare con gusto la musica - alle parole e nella tendenza ad emanciparsi da forme musicali preesistenti, anche se venne sottolineata la ricerca di motivi particolarmente orecchiabili "per fare un po' di corte al pubblico" (da La Gazzetta musicale di Milano, XIV [1856], 4, p. 29).

Le aspettative che accompagnarono la composizione della successiva opera del C. vennero però deluse: Una vendetta (libretto di G. Pieri), rappresentata al teatro Ferdinando di Firenze il 10 nov. 1857, non ottenne i consensi delle opere precedenti; il C. decise allora di affrontare altro pubblico, facendo rappresentare, al teatro Regio di Torino (25 marzo 1862) e alla Scala di Milano (21 apr. 1862), quello che sarà l'ultimo melodramma da lui composto: Leone Isauro (libretto di P. Raffaeli). Ma mentre a Torino, anche grazie alla superba interpretazione- dei cantanti, l'opera ebbe esito favorevole, a Milano cadde senza speranze.

La critica fu assai dura: "... il Leone Isauro non è musica che possa piacere e sostenersi alla Scala, ove un soggetto solenne e grandioso vuol essere interpretato da musica condegna, meno fredda e dilavata di quella del signor Cianchi"; "l'ingegno del C. [è] più adatto all'espressione di sentimenti semplici che all'interpretazione di soggetti storici"; "tutta la parte corale di quest'opera si fonda sugli effetti triviali degli unisoni piazzosi piuttosto ché sugli intrecci e sugli impasti armonici"; "la musica del C. ... ostinatamente sta rinchiusa fra la tonica e la dominante"; "quasi tutto è vuoto, freddo, monotono, facile sì, ma di quella facilità che viene dal poco meditare, dallo scrivere la musica prendendo le prime e più vulgari idee che vengono al pensiero. Anche l'istromentale è vuoto, zeppo di unisoni, di un colore sbiadito ed uniforme" (da La Gazzetta musicale di Milano, XX [1862], 17, pp. 67 s.).

Con questo insuccesso ebbe termine l'attività teatrale del Cianchi. Ritiratosi nell'ambito dell'Istituto musicale di Firenze, di cui venne eletto segretario nel settembre del 1867, si defficò quasi esclusivamente alla composizione di musica sacra. Negli anni successivi, in occasioni commemorative, vennero frequentemente eseguite sue musiche in varie chiese di Firenze (S. Croce, S. Gaetano, S. Barnaba, ss. Annunziata), tra cui Messa daRequiem Messa solenne, Messa a cappella, Messa di gloria, La prima comunione (su strofe di A. Manzoni), Messa funebre (eseguita, a Torino per commemorare, come ogni anno, Carlo Alberto), le Sette paroledi Cristo ecc. In queste composizioni vennero apprezzati proprio quei caratteri criticati nei melodrammi: la genialità contrappuntistica, la varietà del procediniento armonico, i begli effetti derivanti dall'orchestrazione, unitamente alla severità e maestà consone alla destinazione di questo tipo di musica, senza cadere nella pesantezza e nella pedanteria.

Molto apprezzata fu ugualmente la sua infaticabile opera di relatore e conferenziere presso l'Istituto musicale di Firenze. All'inizio del 1888 abbandonò per motivi di salute il posto di segretario dell'Istittito musicale, ma rimase con lo stesso incarico presso l'Accademia di belle arti.

Morì a Firenze il 24 dic. 1890.

Dell'opera Leone Isauro è conservata la par-titura manoscritta autografa nella biblioteca Ricordi a Milano. Due brani di quest'opera - Da una gente insana e rea, per soprano e tenore, e Folle! A me che chiedi mai?, per soprano e baritono - furono pubblicati dall'editore F. Lucca di Milano, s.d., e successivamente da altri editori italiani. Il libretto, pubblicato da F. Lucca, Milano s.d. [ma 1862], è a Bologna (Civico Museo bibliografico musicale) e a Rorn.a (Conserv. di S. Cecilia). Furono pubblicate in Palestra musicale, II (1867): Ciao neh! (polka per pianoforte); Rimembranze della giovinezza (notturno per pianoforte); La vieille garde (marcia per pianoforte). Il C. compose inoltre un Nonetto per due oboi, due clarinetti, due corni, due fagotti ed un controfagotto (Firenze 1868).

Fonti e Bibl.: Notizie in La Gazzetta music. di Milano, XII (1854), 11, p. 86; XIII (1855), 12 p. 92; 25, p. 199; 28, p. 222; 49, p. 385; XIV (1856), 4, p. 129; 9, p. 70; 10, p. 77; 25, p. 198; 47, p. 374; XV (1857), 19, p. 151; 47, p. 374; 51, p. 406; XVII (1859), 8, p. 55; XVIII (1860), 32, p. 230; 46, p. 287; XX (1862), 17, pp. 67 s.; 26, p.105; XXII (1867), 40. p. 318; XXV (1870). 45, pp. 360 s.; XXVIII (1873), 32, p. 256; XXXII (1877), 7, pp. 55 s.; 26, p. 218; 45, p. 369; XXXIV (1879), 21, p. 189; XXXV (1880), 17, p. 318; 19, p. 154; XXXVI (1881), 8, p. 81; XXXIX (1884), 32, p. 300; XI, (1885), 17, p. 154; 27, p. 236; XLI (1886), 20, p. 154; 22. p, 172; XLII (1887), 7, p. 57; 9, p. 146; XLIII (1888), 5, p. 43; XLIV (1889), 7, p. 111; 31, p. 508; XLV (1890), 13, p. 207; 15, p. 241; XLVI (1891), 3, p. 51; G. Gaspari, Catalogodella Bibl. musicale G. B. Martini di Bologna, Bologna 1961, I, p. 57; IV, p. 100; C. Gatti, II teatro alla Scala nella storia e nell'arte, II, Milano, 1964, p. 53; A. Basso, Storia del teatroRegio di Torino, II, Torino 1976, p. 305; C. Schmidl, Diz. univ. dei musicisti, I, p. 341; LaMusica. Diz., I, pp. 403 s.

Vedi anche
Anfòssi, Pasquale Anfòssi, Pasquale. - Musicista (Taggia 1727 - Roma 1797); fecondo e fortunato operista, nel 1763 fece eseguire la sua prima opera, La serva spiritosa, cui seguirono Il finto medico (1764), La Fiammetta generosa (1766, in coll. con N. Piccinni) e I matrimoni per dispetto (1767) e poi numerose altre, su ... Cimaròsa, Domenico Cimaròsa ‹-ʃa›, Domenico. - Musicista (Aversa 1749 - Venezia 1801). Di povera famiglia, orfano di padre a sette anni, fu accolto (1761) nel conservatorio napoletano della Madonna di Loreto come "figliuolo". Quivi studiò con G. Manna. A. Sacchini, F. Fenaroli e poi forse anche con N. Piccinni. Esordì ... Paisièllo, Giovanni Paisièllo ‹-ʃ-›, Giovanni. - Musicista (Taranto 1740 - Napoli 1816). Tra i più noti operisti della fine del 18° sec., Paisiello, Giovanni si formò a Napoli, dove visse e operò per la maggior parte della sua vita, eccetto due significative eccezioni: i soggiorni a San Pietroburgo (1775-84) al servizio ... Massenet, Jules-Émile-Frédéric Massenet ‹masné›, Jules-Émile-Frédéric. - Musicista francese (Montaud, Loira, 1842 - Parigi 1912). Studiò al conservatorio di Parigi con A. Laurent, N.-H. Reber e A. Thomas, e ne uscì nel 1863 vincendo il Prix de Rome. Divenne rapidamente famoso come compositore di romanze, di pagine strumentali e, soprattutto, ...
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ciància
ciancia ciància s. f. [der. di cianciare] (pl. -ce). – 1. Discorso vano e pettegolo, chiacchiera senza costrutto o non rispondente al vero, fandonia; si adopera quasi sempre al plur.: Non disse Cristo al suo primo convento: «Andate, e predicate...
cianciare
cianciare v. intr. [voce onomatopeica] (io ciàncio, ecc.; aus. avere). – 1. Perdere tempo in discorsi inutili, chiacchierare di cose vane, dire parole senza costrutto: Cianciano le comari in capannello (Pascoli); più genericam., chiacchierare:...
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