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ERCOLE dei Fedeli

di Roberta Bianco - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 43 (1993)
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ERCOLE dei Fedeli (Ercole da Ferrara; Ercole da Sesso; Salomone da Sesso)

Roberta Bianco

Nacque a Sesso (Reggio Emilia) probabilmente intorno al 1465 (Angelucci, 1890), da famiglia israelita. Si recò in gioventù a Ferrara, dove si dedicò con successo all'arte dell'oreficeria. Alla fine del 1487 lavorò per Eleonora d'Aragona, duchessa di Ferrara, ed in quell'occasione era ancora designato con il suo nome d'origine "Mº Salomone da Sese" (Angelucci, 1890, p. 306). Lo stesso nome risulta in un documento del marzo 1491, dove è indicato come "Salomon da Sexo, ebreo" (ibid.). Tra il marzo e il novembre 1491 avvenne la sua conversione al cristianesimo e il conseguente cambiamento di nome; infatti in un documento del 25 novembre si legge: "...a Mastro Erchule da Seso Orevexe..." (ibid.). Beneficiato dagli Este, E. scelse per sé e per i suoi famigliari nomi di appartenenti alla famiglia ducale. Egli diventò Ercole dei Fedeli, la moglie divenne Eleonora, una figlia anch'essa Eleonora, i due figli Alfonso e Ferrante. Di altre figlie non si conoscono i nomi.

Alfonso ed Eleonora furono, nel 1501, nel seguito di Lucrezia Borgia venuta sposa ad Alfonso d'Este (ibid., p. 307). Un documento del 1501 relativo alle damigelle d'onore di questo seguito porta "...la Figliola che fu d'Hercule, Orevese già ebreo" (Yriarte, 1891, p. 208); ciò permette di identificare il maestro Ercole da Sesso orefice del 1491 con il già Salomone da Sesso.

Nel 1504 E. lavorò per Isabella d'Este, sposa di Francesco II Gonzaga, duchessa di Mantova. Le date di consegna di quanto richiesto non furono rispettate e la duchessa si lagnò e minacciò di far imprigionare l'orefice. Egli si scusò e da una lettera inviata alla duchessa nell'ottobre di quell'anno risulta che Alfonso era già un valido aiuto del padre e che Ferrante, proprio come aveva consigliato la duchessa, era stato avviato all'arte dell'oreficeria. Dopo il 1504 i documenti non danno ulteriori notizie su Ercole.

È del 1521 una supplica a Isabella d'Este, duchessa di Mantova, per la liberazione di "Alfonso de Mº hercule de fedeli oreuexe" (Angelucci, 1890, p. 308), imprigionato per aver messo in pegno gioielli lavorati per la duchessa. Presentarono la supplica la madre Eleonora, la moglie Sanpucia, i sei figlioletti e le tre sorelle ancora nubili. Dal documento non si ricava esplicitamente se E. fosse morto, ma ciò è probabile, perché se ne cita solo la moglie; in ogni caso la famiglia si protesta in grave indigenza. L'appellativo "de Fideli" che compare in questa supplica diventerà cognome in un contratto del 1552 dove si legge "Mº Ferdinando del fu Ercole Fedeli di Ferrara, pure orefice" (Cittadella, p. 694). La scelta di questo appellativo-cognome non è casuale ma dimostra la volontà di ribadire la propria conversione alla religione cattolica.

Di E. non ci restano opere di oreficeria firmate e troppo vaghi sono gli accenni dei documenti coevi per permettere identificazioni. La sua fortuna critica è legata piuttosto alle armi e in particolare alla dagona a cinquedea di Cesare Borgia (Roma, Casa Caetani) e al suo fodero (Londra, Victoria and Albert Museum, M 101.1869). Yriarte (1891), che in un primo momento identificò l'artista della dagona con mº Ercole da Pesaro, operante alla corte papale alla fine del XV secolo, attribuì all'E. quasi tutte le lame delle daghe note col nome di "cinquedea" e altre lame ugualmente decorate. Alla base della sua attribuzione la firma che compare al tallone della dagona Caetani ("Opus Herc"), quella che compare su un fodero (J773) del Musée de l'armée di Parigi ("Opus Herculis") e l'iscrizione "Fideli" su una architettura della cinquedea del Museum für Deutsche Geschichte di Berlino (W 1060, ex PC 8198).

L'attribuzione è sensata e valida per questi pezzi, ma troppo largo è stato l'uso fattone dallo stesso Yriarte (1891) e dagli studiosi successivi, che hanno finito per attribuire quasi tutte le cinquedee esistenti a Ercole dei Fedeli.

Con una certa sicurezza gli si possono attribuire, oltre a quelle sopracitate: Brescia, Museo Marzoli, 727 (dagona a cinquedea); Firenze, Museo Stibbert, 3593 (cinquedea), Londra, Royal Armouries, IX.146 (cinquedea); Parigi, Musée de Cluny, CL 11811 (spada da cavallo); Vienna, Kunsthistorisches Museum, Waffensammlung, A453 (spada da cavallo) e A454 (spada da cavallo) e A455 (spada da cavallo), Pietroburgo, Ermitage, B410 (stocco). E. prediligeva lame sgusciate nel sistema 4-3-2 e con due sgusci a tutta lunghezza. Queste si adattano bene, offrendo una superficie continua, al suo stile che ama creare effetti notevoli di spazialità e di movimento.

Elementi caratteristici della produzione dell'E. sono: incorniciatura architettonica con arcate; trattamento del terreno con stratificazioni orizzontali; presenza di architetture anche dentro l'incorniciatura architettonica; listelli che separano i registri della decorazione lisci o con roselline a cinque petali; fondo della zona decorata sempre graffito obliquamente. Caratteristica peculiare di questo artista rimane comunque il modo di trattare le scene figurate. Si tratta di scene all'antica sempre molto affollate, con un grande senso di movimento reso sia con l'atteggiamento sinuoso e la disposizione delle gambe dei personaggi sia con i drappeggi annodati in vita o gettati sulle spalle e gonfiati dal vento. Nel complesso il repertorio è contenuto, non solo le scene che si ripetono sono quasi sempre le stesse, ma anche i dettagli della decorazione non variano. Il tratto è però sempre di grande leggerezza, tecnicamente ineccepibile.

Fonti e Bibl.: L. N. Cittadella, Notizie... relative a Ferrara, Ferrara 1868, I, p. 694; A. Bertolotti, Le arti minori alla corte di Mantova ... [Milano 1889], Bologna 1974, pp. 32, 63, 238; A. Angelucci, Catalogo dell'armeria, Torino 1890, pp. 306-309; Ch. Yriarte, Autour des Borgia, Paris 1891, pp. 143-209; E. von Lenz, Imperatorskij Ermitaz. Sobranie oruzija (Ermitage Imperiale, Collezione d'armi), Peterburg 1908, I, p. 179; II, tav. XXII; B. Thomas-O. Gamber-H. Schedelmann, Die schönsten Waffen und Rüstungen..., Heidelberg- München 1963, tav. 14; F. Rossi-N. Di Carpegna, Armi antiche dal Museo civico L. Marzoli (catal.), Milano 1969, p. 61, fig. 136; L. G. Boccia, IlMuseo Stibbert a Firenze. L 'armeria europea, Milano 1975, n.259; L. G. Boccia-E. T. Coelho, Armi bianche italiane, Milano 1975, nn. 195 s., 209-223, 242, 278-280, 293-298; C. Bertolotto, in L'Armeria reale di Torino, a cura di F. Mazzini, Busto Arsizio 1982, p. 63; R. Bianco, Una tipica daga del '400 italiano: la cinquedea, tesi di perfezionamento in storia dell'arte, Università degli studi di Firenze, facoltà di lettere e filosofia, a.a. 1984-1985; F. Rossi, Guida del Museo delle armi Luigi Marzoli, Brescia 1988, p. 21, G7, ill.; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon..., XI, pp. 535 s. (sub voce Fideli, Ercole de').

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