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Fermentazione

di Red. e Giancarlo Urbinati - Universo del Corpo (1999)
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Fermentazione

Red. e Giancarlo Urbinati

È l'insieme dei processi mediante i quali molti microrganismi utilizzano l'energia chimica del glucosio o di altri substrati fermentescibili, che vengono demoliti in assenza di ossigeno molecolare (condizioni anaerobiche), per la produzione di energia necessaria alle loro attività metaboliche. Più estensivamente il termine è usato attualmente anche per indicare i processi di crescita di microrganismi in condizioni aerobiche. Nel corpo umano particolare importanza rivestono i processi fermentativi che si svolgono a livello enterico e che sono denominati fermentazione intestinale.

Principi chimici

(Red.)

Una classificazione razionale delle numerose fermentazioni note è certamente difficile; tradizionalmente si usa dividerle in due categorie: fermentazioni anaerobiche o anossidative, che si svolgono senza l'intervento dell'ossigeno, e fermentazioni aerobiche od ossidative, che si svolgono con l'intervento obbligato dell'ossigeno. I substrati più comunemente utilizzati per le fermentazioni anaerobiche sono gli zuccheri a 6 atomi di carbonio, in particolare D-glucosio; tuttavia, alcuni batteri possono ottenere energia metabolica attraverso la fermentazione di pentosi, acidi grassi e aminoacidi. I microrganismi delle fermentazioni traggono l'energia necessaria per l'accrescimento e la moltiplicazione dalla trasformazione delle sostanze che essi fermentano. La quantità di energia che si libera nelle reazioni chimiche fermentative è relativamente piccola e pertanto i microrganismi devono trasformare molto materiale fermentescibile per soddisfare le loro esigenze; di conseguenza, vi è un forte accumulo di prodotti terminali. Questo fatto costituisce il principio dell'utilizzazione di numerosi processi fermentativi nelle tecnologie alimentari (produzione di bevande alcoliche, maturazione naturale o artificiale di alcuni formaggi).

Nelle fermentazioni aerobiche il substrato fermentescibile spesso non è un carboidrato e le trasformazioni chimiche che esso subisce possono non essere di tipo demolitivo, ma consistere in semplici ossidazioni. Fra le fermentazioni aerobiche merita un cenno particolare, per l'importanza delle sue applicazioni, la fermentazione alcolica. I microrganismi compiono le fermentazioni mediante enzimi in essi contenuti; è pertanto possibile ottenere le fermentazioni usando semplicemente gli enzimi estratti dai microrganismi stessi. Tuttavia, per scopi pratici è in genere più conveniente usare microrganismi vivi. Ogni fermentazione è caratterizzata dal substrato fermentescibile, dal microrganismo (o dai microrganismi) che la compie e specialmente dai prodotti terminali. Le fermentazioni sono denominate in base a questi ultimi: fermentazione alcolica, citrica, acetonica, lattica ecc. Con processi di fermentazione si ottengono oggi su scala industriale (oltre ai prodotti da tempo preparati, quali le bevande alcoliche) molti aminoacidi (acido glutammico, lisina ecc.), la gran parte degli antibiotici, nucleotidi, prodotti di trasformazione degli steroidi, polisaccaridi, numerose vitamine, acidi e alcoli (acido citrico, gluconico, lattico, piruvico, etanolo, glicerina ecc.); in taluni casi (per es. produzione di proteine da idrocarburi) i microrganismi stessi, e non i prodotti terminali del loro catabolismo, costituiscono l'effettivo prodotto del processo fermentativo. Particolare interesse è stato rivolto recentemente alla produzione di enzimi, largamente usati come catalizzatori di reazioni chimiche, nella conservazione di prodotti alimentari, come mezzi diagnostici o terapeutici. Nelle attuali applicazioni biotecnologiche, i processi di fermentazione hanno importanza anche per la preparazione di nuovi tipi di insetticidi, antibiotici ecc. (v. biotecnologie).

I microrganismi sono inoltre capaci di operare sintesi non facilmente realizzabili chimicamente, per cui vengono talora utilizzati per effettuare una o più fasi di sintesi chimiche, per es. per l'introduzione di un ossidrile nel nucleo di steroidi per la preparazione del cortisone. Infine, i microrganismi possono essere impiegati per la produzione di antibiotici semisintetici, che sono ottenuti preparando per fermentazione un composto nel quale vengono introdotti poi per via chimica gruppi sostituenti diversi, con minore difficoltà rispetto a quelle richieste da una completa sintesi chimica.

Fermentazione intestinale

di Giancarlo Urbinati

La fermentazione intestinale è quell'insieme di processi di degradazione chimica a opera di fermenti o enzimi, detti fermenti digestivi, che agiscono a livello enterico su substrati rappresentati da carboidrati, proteine e lipidi. Si tratta per lo più di processi idrolitici, che rendono possibile l'assorbimento dei nutrienti contenuti negli alimenti. Le fermentazioni intestinali sono precedute, a livello dei segmenti più alti del tratto digestivo, dal cavo orale fino allo stomaco, da processi sia meccanici (frammentazione, macerazione) sia chimicofisici (emulsionamento, nel caso dei grassi) sia enzimatici. La degradazione degli amidi ha infatti inizio nella bocca a opera dell'amilasi salivare, che agisce però unicamente sull'amido cotto (la cottura, infatti, modifica le proprietà fisico-chimiche dell'amido, rendendolo disponibile all'azione dell'amilasi salivare) e determina solo in piccola parte l'idrolisi dei polisaccaridi a destrine e maltosio, dato il breve tempo di contatto tra l'enzima e il substrato; nello stomaco, l'azione dell'amilasi è fortemente limitata dal basso pH, cioè dall'elevato grado di acidità. La maggior parte dell'idrolisi fino a maltosio dei polisaccaridi solubili viene quindi operata dall'amilasi pancreatica e la digestione viene poi portata a termine da una serie di enzimi ad attività disaccaridasica - quali l'invertasi (che scinde il saccarosio in glucosio e fruttosio), la maltasi (che agisce sul maltosio, fornendo due molecole di glucosio) e la lattasi (che trasforma il lattosio in galattosio e glucosio) - o ad attività oligoglicosidasica (completando la scissione dei di- e trisaccaridi residuati all'azione delle amilasi).

Numerosi oligosaccaridi di origine alimentare, che normalmente vengono assorbiti in maniera completa a livello dell'intestino tenue, possono, in caso di malassorbimento, andare incontro a processi di fermentazione a opera della flora batterica del colon, con conseguente produzione di gas. Tra questi vanno ricordati: il fruttosio e il sorbitolo, che sono presenti in notevoli quantità in molte bevande come edulcoranti; lo stachiosio (tetrasaccaride formato da due unità di galattosio, una di fruttosio e una di glucosio) e il raffinosio o melitosio (costituito da una molecola di galattosio e una di glucosio), i quali sono contenuti nei semi di molte Leguminose, nella barbabietola da zucchero ecc.

La digestione dei trigliceridi alimentari è affidata alle lipasi gastrica, pancreatica ed enterica. Essa è operata però in maniera prevalente dalla lipasi pancreatica; infatti, a livello dello stomaco la superficie di attacco che i grassi presentano all'azione esterasica della lipasi è, in assenza di un agente emulsionante, molto modesta e, d'altro canto, la quantità di enzima presente lungo tutto l'intestino è piuttosto scarsa. Le proteine, infine, subiscono l'azione prima della pepsina a livello gastrico, e poi della tripsina e della chimotripsina pancreatiche, con formazione di molecole strutturalmente più semplici rappresentate da peptoni e polipeptidi; da ultimo, la degradazione finale ad aminoacidi liberi è completata da numerose esopeptidasi pancreatiche ed enteriche.

Affinché tutte queste reazioni chimiche possano svolgersi in maniera ottimale, sono necessari condizioni di pH particolari, la presenza di attivatori dei proenzimi inattivi, la cooperazione di altre sostanze, e un sincronismo di azione dei numerosi fattori che intervengono nel processo digestivo, azione che è condizionata dal tipo di alimentazione, dalla velocità del transito, dall'integrità della flora batterica. Turbe secretorie, motorie e dell'attività biochimica della flora enterica determinano in genere alcune condizioni dispeptiche, che in rapporto alle sede possono riguardare prevalentemente il tenue o il colon, e per la natura del processo coinvolto si distinguono in dispepsie fermentative e putrefattive.

La dispepsia da fermentazione si caratterizza, oltre che per la presenza nel colon di idrati di carbonio in forma di amido e cellulosa e in quantità superiori alla norma, anche per l'orientamento fermentativo della flora enterica, in cui prevalgono microrganismi saccarolitici. Per l'azione fermentante di tali germi sugli abbondanti residui glucidici si formano acidi grassi inferiori e gas, che esplicano un'azione irritante sulla mucosa e provocano pertanto diarrea, dolori, meteorismo, flatulenza, nonché emissione di feci acide e di aspetto schiumoso.

La dispepsia da putrefazione è invece legata a un'insufficiente digestione delle proteine, sulle quali agiscono microrganismi prevalentemente anaerobi, con liberazione di prodotti, quali mercaptani, ammoniaca e idrogeno solforato. Dal punto di vista clinico, accanto a dolori solitamente modesti e talora a diarrea sporadica, sono i caratteri delle feci a dominare il quadro, a causa del loro aspetto pastoso o liquido, della reazione alcalina dovuta alla presenza di ammoniaca, dell'odore fetido.

La produzione di gas è comunque assolutamente fisiologica e si ritiene non sia responsabile del senso di gonfiore e di distensione addominale avvertito dai pazienti, dal momento che la quantità di tali gas, determinata con metodi di misurazione assai sofisticati, non risulta in questi casi maggiore che negli individui normali. I gas presenti nell'intestino sono di tre diverse origini: quelli contenuti nell'aria (ossigeno e azoto) e introdotti nel tubo digerente a ogni atto di deglutizione; quelli prodotti soprattutto a livello del colon per l'azione della flora batterica (anidride carbonica, idrogeno e metano); quelli che pervengono nel lume intestinale per diffusione dal sangue (anidride carbonica, ossigeno e azoto).

La fermentazione intestinale di carboidrati incompletamente digeriti dà luogo principalmente a produzione di H₂ e CO₂, ma l'H₂, che è il gas di gran lunga quantitativamente più abbondante, viene in gran parte utilizzato dai batteri per ridurre l'anidride carbonica a metano, i solfati ad acido solfidrico, e ancora l'anidride carbonica ad acetato. La fermentazione intestinale e la produzione di gas sono favorite, anche in persone del tutto normali, dal consumo di grandi quantità di fibra insolubile o di edulcoranti a base di fruttosio o di sorbitolo. Un'elevata prevalenza, soprattutto in alcuni gruppi etnici, quali gli africani e gli asiatici, ha il deficit di lattasi (in cui il lattosio non è idrolizzato a galattosio e glucosio, e non è quindi assorbito), che si manifesta con la diarrea da lattosio. Quest'ultima è dovuta fondamentalmente agli effetti osmotici del disaccaride; tuttavia, la fermentazione del lattosio operata dalla flora del colon, con formazione di acido lattico e di acidi grassi a catena corta (e conseguente abbassamento del pH fecale), è responsabile del meteorismo e della flatulenza caratteristici di questa condizione.

Bibliografia

A.L. Lehninger, Principles of biochemistry, New York, Worth, 19932.

A. Strocchi, M.D. Levitt, Intestinal gas, in Gastrointestinal disease. Pathophysiology, diagnosis, management, ed. M.H. Sleisenger, J.S. Fordtran, Philadelphia, Saunders, 19935, 1° vol., pp. 1035-42.

Vedi anche
glicidi (o glucidi) Sostanze ternarie composte di carbonio, idrogeno e ossigeno, dette anche carboidrati perché molte di esse contengono idrogeno e ossigeno nelle stesse proporzioni dell’acqua. Dal punto di vista chimico sono poliossialdeidi, poliossichetoni o composti che possono formarli per idrolisi. In ... acido lattico Acido idrossipropanoico, CH3CHOHCOOH, noto nelle forme D-lattico, L-lattico (levogiro e destrogiro) e D-L-lattico, corrispondente al racemo. Tutte e tre formano sali con numerosi metalli (zinco, rame ecc.). La forma D si ottiene per risoluzione del racemo presente in natura oppure per via biotecnologica ... acido acetico Acido organico di formula CH3COOH. Si presenta come un liquido incolore, di odore pungente, caratteristico dell’aceto in cui si ritrova in piccola percentuale. Allo stato puro costituisce un liquido irritante, solidifica a 16,6 °C e prende il nome di acido acetico, acido glaciale, perché se tenuto al ... alcoli Composti chimici organici di formula generale R−OH dove R è un residuo saturo o insaturo mentre il gruppo ossidrilico è necessariamente legato a un atomo di carbonio saturo. Secondo la posizione del gruppo ossidrilico nella molecola, si distinguono in primari, secondari e terziari; i primari hanno il ...
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