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FIBROADENIA

di Antornio CESARIS-DEMEI - Enciclopedia Italiana (1932)
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FIBROADENIA (dal lat. fibra "fibra" e dal gr. ἀδῆυ "ghiandola")

Antornio CESARIS-DEMEI

Termine proposto da G. Banti (v.) quando, descrivendo il morbo che da lui prende il nome, volle indicare quel complesso d'alterazioni che in questa malattia si riscontrano nella milza e che, iniziandosi nel reticolo attorno all'arteria del follicolo (che viene ridotto a una massa fibrosa), si diffondono poi alla polpa. Il Banti lo estese poi anche a indicare una delle modalità (tubercolo, tessuto di granulazione, tessuto fibroepitelioide tubercolare) con le quali e nella milza e nelle ghiandole linfatiche si manifestano i processi proliferativi di natura tubercolare. La fibroadenia così può essere determinata da cause diverse, delle quali una, la tubercolosi, chiaramente dimostrabile (e in questa l'azione sclerogena è data dall'endotossina) e le altre meno conosciute, come quelle che determinano la malattia di Banti in rapporto probabilmente a tossine d'altre infezioni quali la malaria, la sifilide, ecc., pure aventi azione sclerogena. Nella fibroadenia in primo tempo si trova un conglomerato delle più diverse cellule (linfociti, cellule epitelioidi, cellule giganti mono- o polinucleate) che successivamente sono sostituite da tessuto connettivo (che deriva da quello di sostegno dell'organo) che negli ultimi stadî è formato da densi strati fibrosi poveri o mancanti d'elementi cellulari; in questo tessuto fibroso (nella tubercolosi) si possono trovare inoltre focolai di caseificazione, che sono visibili anche macroscopicamente.

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