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FEDELE, Fortunato

di Maria Muccillo - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 45 (1995)
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FEDELE (Fedeli, Fidelis), Fortunato

Maria Muccillo

Nacque a San Filippo di Argirò (l'odierna Agira, in provincia di Enna), nel 1550, come i biografi concordi tramandano.

Nulla sappiamo della sua famiglia né della sua prima formazione culturale. Si addottorò in medicina, probabilmente a Palermo dove ebbe a maestro, come egli stesso sembra riconoscere, un celebre medico, G.F. Ingrassia, che insegnava medicina in quella università. Le uniche notizie che risultano con certezza riguardano la sua attività di medico che egli esercitò forse a Palermo, o comunque soprattutto in Sicilia, acquisendo notevole considerazione. Il suo ricordo è rimasto legato al De relationibus medicorum libri quatuor. In quibus ea omnia, quae in forensibus, ac publicis causis medici referre solent, plenissime traduntur, Panormi 1602, opera di notevole importanza nella storia della medicina, in particolare di quella forense o legale.

Secondo gran parte degli storici della medicina, soprattutto italiani, il F. avrebbe con essa gettato le basi stesse di questa specifica disciplina: primato per la verità da alcuni contestato e, in particolare, rifiutato da G. Algeri, che attribuì la paternità della medicina legale allo stesso maestro del F., l'Ingrassia, e che accusò il F. di plagio sulla base di un trattato inedito di medicina legale del celebre medico da lui scoperto nella Biblioteca del Comune di Palermo, recante il titolo Methodus dandi relationes pro mutilatis, torquendis, aut tortura excusandis..., datato "Panormi 1578 ". In realtà, come l'accurato studio del Markus dimostra, non sembra che il trattato del F., notevolmente diverso dal manoscritto in questione per ampiezza, rigore e completezza, possa considerarsi frutto di un'operazione plagiaria, ché anzi rivela una diretta e profonda conoscenza degli argomenti spiegabile soltanto con una ricca esperienza della pratica medico-legale e delle concrete situazioni ad essa legate.

Dedicata a don Lorenzo Suárez de Figueroa duca di Feria, viceré e capitano generale del Regno di Sicilia, l'opera, come l'autore stesso chiarisce nella prefazione, si rivolge in particolare ai medici, sovente chiamati, come doveva essere accaduto al F., a scrivere relazioni su crimini e conseguenze di azioni delittuose, senza possedere una precisa casistica dei dati da rilevare e da proporre all'attenzione del giudice; e ai giuristi, analogamente in difficoltà nel giudizio per la mancanza di stabili e chiari criteri di valutazione. A questa necessità intende dunque il F. sopperire, in primo luogo fornendo tutti gli elementi, i più oggettivi e scientifici, per la formulazione di un non arbitrario giudizio. Al di là tuttavia dello scopo contingente, l'autore si propone di seguire nella trattazione della sua materia un "ordine scientifico", legato al carattere dell'oggetto stesso su cui il medico è chiamato a riferire al giudice, e cioè in ultima analisi l'uomo e la donna stessi, in quanto sani, feriti o morti. Di qui la partizione dell'opera in quattro grandi settori.

Il libro primo, in particolare, affronta quasi tutti gli argomenti che possono interessare lo stato igienico-sanitario di un paese e rivela nell'autore, oltre a una ampia conoscenza della letteratura medica antica, di Ippocrate in particolare, notevoli nozioni di carattere naturalistico, che vanno dall'azione delle condizioni atmosferiche e geografiche sul corpo umano all'alimentazione e ai criteri per il riconoscimento della natura dei vari cibi, del loro valore nutritivo, del loro grado di deteriorabilità. Il secondo libro, che presenta un lungo excursus di carattere estetico-filosofico sul tema della bellezza e della sua natura, con dotte citazioni da Platone e Ficino, dibatte l'importante argomento delle ferite e delle cicatrici soprattutto sotto l'angolazione dei problemi medico-legali: la simulazione di malattie, il grado e l'efficacia delle torture, il limite da rispettare nella loro inflizione, la "quantificazione" delle cicatrici come deturpazione dell'originaria bellezza corporea e la loro valutazione in relazione alla pena da infliggere anche in vista delle successive conseguenze; e non trascura qualche cenno al problema degli indemoniati e dei malefici, nei quali il F., come ogni uomo del suo tempo, credeva. Alla donna è interamente dedicato il libro terzo con particolare riguardo al problema della verginità e del suo significato e valore legale, della procreazione, dell'ereditarietà di determinate malattie, del riconoscimento del sesso del feto nella donna gravida, dell'aborto con tutte le questioni, anche di ordine metafisicoreligioso ad esso legate, e con una interessante trattazione conclusiva del tema dei mostri come frutto di accoppiamenti di uomini con bestie e financo con diavoli. Infine, conclusione del trattato, come della vita, la morte, dai criteri del suo riconoscimento all'accertamento delle sue possibili cause. Opera, dunque, quella del F. che mette a fuoco la totalità dei problemi propri della medicina forense, ricca di osservazioni di prima mano, e che mostra nel suo autore, oltre che una non comune cultura classica, indipendenza di pensiero rispetto a riconosciute autorità, come Aristotele e Galeno, e raffinati interessi di carattere estetico e filosofico.

Il De relationibus, che per accenni alla peste del 1575, scoppiata, come vi si afferma, venti anni prima, dovette essere composto attorno al 1595, ebbe una notevole fortuna: circa quindici anni dopo la sua prima edizione, ne venne fatta una seconda a Venezia nel 1617; un'altra ancora, con accuratissimi indici e una prefazione dell'Armanno uscì a Lipsia nel 1674, infine, nel 1679 si fece circolare una edizione con la stessa prefazione dell'Armanno ma a nome di T. Reinesio e con il titolo Schola iureconsultorum medica relationum aliquot libris comprehensa, quibus principia medicinae in ius transumpta ex professo esaminatur, che, secondo il De Renzi, altro non sarebbe che l'opera del Fedele.

Gli altri due scritti attribuiti al F., Bissum, sive Medicinae patrocinium quatuor libris distinctum, Panormi, ex typographia B. Maringhi, 1598, e Contemplationum medicarum libri XXII in quibus non pauca praeter comunem [sic] multorum medicorum sententiam digna explicantur, Panormi 1621, sono rimasti quasi sconosciuti e sono oggi di difficile reperimento. Sembra comunque, da citazioni riportate dal Pitré, che soprattutto nelle seconda delle opere citate, il F. rivendicasse vivacemente allo scienziato una "libera sentiendi facultas" e la necessità di battere, contro la pedissequa imitazione di Galeno, nuove vie di ricerca in intima unione con la filosofia naturale alla quale la medicina era, a suo parere, profondamente legata.

Non trova riscontro documentario la notizia, trasmessa solo dal Biographisches Lexikon der hervorragenden Ärzte, secondo la quale il F. sarebbe morto svolgendo l'attività di professore a Palermo.

Secondo Pirro il F. morì a San Filippo d'Argirò il 25 nov. 1630 e venne sepolto nella chiesa dei frati del Terz'Ordine di S. Francesco, cui apparteneva il figlio Benedetto.

Battezzato col nome di Francesco, il figlio assunse il nome di Benedetto quando entrò nel Terz'Ordine regolare di S. Francesco nel 1607. Nato a San Filippo d'Argirò il 18 apr. 1588, conseguì il dottorato in filosofia e teologia a Roma. Noto predicatore, pubblicò moltissime sue prediche. Fu provinciale di Sicilia nel 1629 e commissario generale nel 1637. Morì a San Filippo d'Argirò il 3 sett. 1648.

Fonti e Bibl.: P. Zacchiae Quaestiones medico-legales, Romae 1621, pp. 109 s.; R. Pirro, Sicilia sacra, III, Panormi 1638, p. 109; J. A. van der Linden, De scriptis medicis libri duo, Amstelredami [sic] 1651, p. 174; A. Mongitore, Bibliotheca Sicula, Panormi 1707, I, p. 199; G. Tiraboschi, Storia d. lett. ital., IV, Milano 1833, p. 494; S. De Renzi, Storia della medicina in Italia, III, Napoli 1845, pp. 393-401; D. Markus, Alcune riflessioni sul merito scientifico di F. Fidelis medico siciliano, Palermo 1846, pp. 5-80; G. M. Mira, Bibliografia siciliana, Palermo 1875, I, pp. 353 s. (p. 347 per Benedetto, con ult. bibl.); G. E. Ingrao, F. Fedeli fondatore della medicina legale, in Rivista sanitaria siciliana, XVIII (1930), pp. 1734 s.; A. Pazzini, Bibliografia di storia della medicina italiana, Milano 1939, pp. 278 n. 4357, 279 n. 4368; G. Pitrè, Medici, chirurgi, barbieri e speziali antichi in Sicilia. Secoli XIII-XVIII, Roma 1942, pp. 44 ss., 60; Diz. dei Siciliani illustri, Palermo 1939, p. 216; Biographisches Lexikon der hervorragenden Arzte..., II, p. 516. Per Benedetto, v. anche R. Aubert, Fideli, Benedetto, in Dict. d'hist. et de géogr. ecclés., XVI, Paris 1967, coll. 1417 s. (con ulter. bibliografia).

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Vocabolario
fortunato
fortunato agg. [lat. fortunatus, propriam. part. pass. di fortunare (v. la voce prec.)]. – 1. a. Che ha fortuna, favorito dalla fortuna: è un uomo f.; è sempre stato f. nella vita; f. te!, f. lui!; puoi dirti f. che non t’è andata peggio;...
fedéle
fedele fedéle agg. e s. m. [dal lat. fĭdēlis, der. di fides «fede»]. – 1. Che osserva la fede data, che risponde alla fiducia di cui gode, o è costante nell’amore, nei rapporti affettivi: sposa f., marito f., amico f.; impiegato, amministratore,...
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