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FALCONE, Giovan Battista

di Giuseppe Monsagrati - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 44 (1994)
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FALCONE, Giovan Battista

Giuseppe Monsagrati

Nacque ad Acri (oggi in provincia di Cosenza), il 23 ott. 1834 da Angelo e da Maria Antonia Salvadio. Con l'idea di aprirgli la strada alla carriera ecclesiastica il padre, un facoltoso proprietario appartenente alla piccola nobiltà di provincia, lo iscrisse al collegio italo-greco di San Demetrio Corone, la cui tradizione di "centro di irradiazione del moto giacobino" (G. Cingari, Romanticismo e democrazia nel Mezzogiorno..., Napoli 1965, p. 22), originatasi nel 1799, era stata ravvivata in anni recenti da una generazione molto agguerrita in cui erano emersi, tra gli altri, i nomi di A. Dramis, A. Milano, D. e V. Mauro.

Nel periodo in cui il F. fu avviato agli studi e soprattutto all'indomani della sanguinosa repressione del tentativo dei fratelli Bandiera (1844), il ribellismo istintivo della gioventù calabrese si era rivestito di contenuti palesemente antiborbonici, e ciò era avvenuto in coincidenza con la prima, superficiale conoscenza degli scritti mazziniani e giobertiani o, più ancora, con la propaganda di Nicola Fabrizi, particolarmente localizzata quest'ultima nel basso Mezzogiorno. Tali fattori avevano favorito lo sviluppo e la diffusione di un sentimento patriottico vigoroso perché incline a manifestarsi attraverso violenti scoppi insurrezionali, ma anche alquanto generico nel suo delineare astratti obiettivi di indipendenza o di unità nazionale.

La larga presenza di tali fermenti tra gli allievi del collegio di San Demetrio convinse il padre del F. a spostare il ragazzo nel seminario di Bisignano, in verità poco distante ma meno esposto al rischio della penetrazione delle idee sovversive. Si era, però, nel primo '48, in una fase, cioè, che aveva appena visto i prodromi insurrezionali di Reggio Calabria e Messina (agosto-settembre 1847) sedati ancora una volta nel sangue, e che si apprestava a vivere la fine del breve esperimento costituzionale di Ferdinando II; l'attesa del nuovo finì, quindi, per contagiare anche i seminaristi della sperduta Bisignano, e il giovane F. si fece sorprendere a sventolare un tricolore e ad inveire contro i tiranni: fu espulso con un provvedimento d'urgenza e inviato subito dopo a completare gli studi nel seminario napoletano di S. Carlo all'Arena retto dagli scolopi, dove non restò a lungo perché, trovato a leggere scritti considerati poco educativi (la tradizione parla di letture notturne dei versi di G. Berchet, il che di per sé non sembrerebbe molto grave), preferì, anziché assoggettarsi alla prevista punizione, fuggire e fare ritorno al paese natio.

Per qualche anno di lui non si sentì più parlare: una storiografia locale portata talvolta ad esprimersi nelle forme suggestive ma sovente imprecise dell'agiografia vuole che il F., mentre si interessava all'amministrazione del patrimonio familiare (quando non aveva che diciotto anni), non trascurasse i contatti con personaggi in grado di introdurlo nel mondo della cospirazione.

Nulla di tutto ciò risulta documentato; e tuttavia, quando nel 1856, per lenire il dolore causatogli dalla prematura scomparsa di una sorella cui era legatissimo, il F. si trasferì a Napoli, si trovò quasi naturalmente a gravitare intorno ai gruppi degli studenti calabresi che, una volta mosso il panorama europeo dalla guerra d'Oriente, pensavano che anche nel Regno borbonico qualcosa si dovesse fare per dare sfogo al malcontento generale: anche se non mancavano elementi murattiani, questi giovani irrequieti facevano in genere capo a Giuseppe Fanelli, responsabile del locale comitato segreto mazziniano, e, come narra R. De Cesare, si raccoglievano quasi ogni giorno "in casa del Falcone, che abitava due camerette a un sesto piano di via Forno Vecchio" (De Cesare, I, p. 178) a progettare azioni capaci di esprimere in maniera anche clamorosa la comune avversione al regime. L'8 dic. 1856 Agesilao Milano, anche lui frequentatore assiduo della casa del F., al quale aveva probabilmente confidato il proposito di attentare alla vita di Ferdinando II, fu arrestato nelle ore successive al fallimento del suo gesto. Per sottrarsi alle indagini subito avviate dalla polizia nel giro degli studenti calabresi a Napoli, il F., dopo essere rimasto per qualche tempo nascosto in casa di amici insospettabili, si imbarcò su un battello inglese e si rifugiò a Malta.

Questa esperienza fu per lui qualcosa come un esame di maturità e segnò il suo trapasso dalla mistica giovanile del tirannicidio all'inserimento nel meccanismo concretamente operativo della cospirazione se non altro perché gli permise di trovarsi al fianco di Nicola Fabrizi proprio mentre, ai primi del 1857, fervevano i preparativi della spedizione di C. Pisacane a lungo resa incerta dalle difficoltà incontrate dal Comitato di Napoli e dal suo capo Fanelli nell'organizzazione di una forza rivoluzionaria interna atta ad appoggiare in modo deciso l'azione degli elementi venuti dal Nord.

Quando a Napoli, soprattutto grazie all'ostinazione di Pisacane, tutto sembrò pronto per dare il via al moto, il Fabrizi si risolse ad inviare il F. a Genova per segnalare al Mazzini l'intempestività dell'impresa e le sue ridotte possibilità di successo. Era, questa, una prassi troppo abituale al Fabrizi (l'aveva già adottata con i Bandiera, la ripeterà nel '60 alla vigilia della partenza dei Mille) per non destare il sospetto che si trattasse d'un alibi preventivo da far valere nell'eventualità d'un fallimento. Comunque il F., se anche consigliò di soprassedere - cosa che appare improbabile - non fu ascoltato, e anzi, stando al Bilotti (La spedizione di Sapri, p. 127), neanche partecipò alla riunione del 4 giugno 1857 in cui si fissò per il 10 dello stesso mese l'inizio del tentativo, poi spostato al 25 giugno per dar modo al Pisacane di recarsi di persona a Napoli a sciogliere gli ultimi dubbi.

Da accogliere con molta cautela è un'altra notizia relativa al F. - non foss'altro per la sua giovane età e la brevità del soggiorno genovese -, ed è quella, data per la prima volta da un biografo dei fratelli Orlando e poi ripresa da vari altri studiosi, secondo la quale il F. sarebbe stato un "collaboratore" del periodico pisacaniano La Libera Parola, fondato nell'estate del 1856.

Finalmente, il 25 giugno 1857, il Pisacane, G. Nicotera ed il F. con 22 compagni s'imbarcarono sotto falsa identità sul "Cagliari"; preso possesso a viaggio iniziato della nave, il Pisacane assegnò i gradi ai capi militari della spedizione riconoscendo al F. quello di maggiore. A Ponza il giovane cosentino si dimostrò tra i più risoluti nel dare l'assalto alla guardia dell'isola, ma già al momento della liberazione dei detenuti comuni sembra che manifestasse più di una perplessità sul contributo che ne avrebbe potuto ricevere l'impresa. Il dissenso più grave rispetto al Pisacane lo manifestò però quando, effettuato lo sbarco a Sapri e constatata la latitanza assoluta del sostegno armato promesso a suo tempo dal Comitato napoletano, propugnò inutilmente non la penetrazione nel Cilento ma la deviazione verso la Calabria: se non per riuscire, era questo per lui il solo modo per sottrarre la spedizione alla sorte che l'attendeva, e che puntualmente la colse allorché il 2 luglio 1857, dopo lo scontro del giorno precedente a Padula, gli uomini del Pisacane, avvistati nel Vallone dei Diavoli presso Sanza, furono assaliti e massacrati dalle guardie urbane rinforzate dal concorso della plebaglia inferocita.

Come il Pisacane, anche il F. cadde senza nemmeno tentare di difendersi, e pure per lui sorse presto la voce che si sarebbe tolta la vita ("con una stilettata al cuore", preciserà anni dopo il comandante del "Cagliari", A. Sitzia, che però in quel frangente non gli era vicino) per sfuggire alla barbara violenza degli assalitori.

Il corpo, subito bruciato, non fu più trovato, ma, dopo la caduta del Regno borbonico, molti ricordarono la tragica fine del F. e nel 1874 Vincenzo Padula (cit. da F. Spezzano) sottolineò quanto di tragico c'era nella prematura scomparsa di "un'anima virile e ardita in un cuore tenero di fanciullo". Nel 1888 la città di Acri dedicò al F. un monumento, e nel 1957, a cent'anni dalla spedizione, una lapide commemorativa fu scoperta sulla sua casa natale.

Fonti e Bibl.: Risultando lacunosa la biografia del F. pubblicata nel Diz. d. Risorgimento naz., II, sub voce, i dettagli essenziali si apprendono da articoli di giornale e scritti commemorativi apparsi prevalentemente nel centenario della morte: in particolare sono da tener presenti P. Alatri, Pisacane e F. si uccisero per non sparare sui contadini, in Il Paese, 29 giugno 1957; P. Martini, Ilpiù giovaneeroe dell'impresa di Sapri, in L'Unità, 10luglio 1957; F. Spezzano, G. B. F. martire del Risorgimento, in Rinascita, XIV (1957), pp. 390 ss.; G. Valente, G. B. F. nel primo centenario della morte, in Calabria nostra, I (1957), pp. 2-7. Sui contatti napoletani con Agesilao Milano qualche notizia in R. De Cesare, La fine di un Regno, Roma 1975, ad Indicem, mentre la presunta collaborazione alla Libera Parola è attestata per primo da L'Italico [Primo Levi], L. Orlando e i suoi fratelli per la patria e per l'industria italiana, Roma 1898, ad Indicem. Riferimenti al contributo del F. al tentativo pisacaniano sono presenti nella letteratura sull'argomento, a cominciare da L. De Monte, Cronaca del Comit. segreto di Napoli sulla spedizione di Sapri..., Napoli 1877, pp. 38 s., 160 ss., 189 s.; P.E. Bilotti, La spedizione di Sapri da Genova a Sanza, Salerno 1907, pp. 126 s., 147, 154 s., 304-307, 319, 420-424; N. Rosselli, C. Pisacane nel Risorgimento it., Milano 1958, pp. 264 ss., 285, 293 s., 300, 305 s., 319, 324, 328, 382, 391; L. Cassese, La spediz. di Sapri, Bari 1969, pp. 37, 41, 45 s., 55, 59, 66, 71, 213 s., 227, 235. Esigue le testimonianze coeve: qualche cenno al F. nelle Lettere di R. Pilo, a cura di G, Falzone, Roma 1972, ad Indicem, e in G. Asproni, Diario polit. 1855-1876, II, 1858-1860, Milano 1976, ad Indicem.

Vedi anche
Lèmmi, Adriano Lèmmi, Adriano. - Patriota e uomo politico italiano (Livorno 1822 - Firenze 1906); recatosi giovanissimo in volontario esilio, si dedicò al commercio. Nel 1847 conobbe a Londra Mazzini; due anni dopo lo raggiunse a Roma per contribuire alla difesa della repubblica. Nel 1850, su incarico di Mazzini, entrò ... Pilo, Rosolino Patriota (Palermo 1820 - San Martino, Palermo, 1860). Di famiglia nobile, fu allievo di padre G. Ventura e studiò poi a Roma; nel 1848 in Sicilia, fece parte del governo provvisorio con l'incarico della direzione dell'artiglieria e, avvicinatosi al partito repubblicano, sostenne la necessità di una difesa ... Pisacane, Carlo Pisacane ‹-s-›, Carlo. - Patriota (Napoli 1818 - Sanza 1857). Fu uno dei primi teorici del socialismo in Italia, e nel dibattito interno al movimento risorgimentale sostenne la priorità della questione sociale rispetto a quella politica. Partecipò alla prima guerra d'indipendenza (1848) e alla difesa ... Rubattino, Raffaele Armatore (Genova 1809 - ivi 1881). Dedicatosi fin da giovane al commercio, nel 1840 fondò la prima flotta a vapore del Regno di Sardegna (società Rubattino). Di tendenze liberali, assicurò i rifornimenti alla Repubblica romana; delle sue navi si servirono sia C. Pisacane per la spedizione di Sapri (1857), ...
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falcóne
falcone falcóne s. m. [lat. falco -ōnis]. – 1. Lo stesso che falco; più propr., si dà questo nome ai falchi di maggiori dimensioni adoperati in falconeria: caccia col f. o del falcone. 2. Nell’Italia centrale è così chiamata la poiana....
battista¹
battista1 battista1 (ant. batista) s. m. [dal lat. tardo baptista, gr. βαπτιστής, der. di βαπτίζω «battezzare»] (pl. -i). – 1. Propr., chi battezza, battezzatore; in partic., il sacerdote che ha l’incarico di battezzare in vece del parroco....
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