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CASTELVETRO, Giovanni Maria

di Albano Biondi - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 22 (1979)
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CASTELVETRO, Giovanni Maria

Albano Biondi

Nacque in Modena forse nel 1522, tredicesimo figlio di Giacomo e di Bartolomea Della Porta. Laureato in legge, impiegato nella Marca d'Ancona e in altri luoghi, tornò in Modena verso il 1550, vi sposò Guidana (il testamento la chiama Giovanna) Molza e ne ebbe il primo figlio Giacomo il 19 luglio 1553. Da quella data risiedette stabilmente in Modena curatore anche dei beni del fratello Ludovico, spesso eletto tra i conservatori della Comunità, nominato il 18 giugno 1555 tra tredici "honorati cittadini" che accudivano ai poveri per il quartiere di Sant'Agostino, incaricato di missioni di una certa rilevanza.

Nel 1560 è coinvolto nelle vicende del fratello maggiore, Ludovico, col quale si recò a Roma e ne fuggì, sottraendosi all'Inquisizione e col quale si nascose nel castello di Vignola del conte Ercole Contrari, e nella proprietà familiare della Verdeda. Nel dicembre di quell'anno era in Modena, come si ricava dalla lettera del governatore Antonio Bevilacqua al duca in data 15 dic. 1560. Nel gennaio 1561 era a Ferrara, mentre in Modena il fratello Niccolò procurava a lui e a Ludovico il sostegno dell'amministrazione civica. Il Bevilacqua, su ordine del duca; dichiarò il C. estraneo alle accuse rivolte al fratello e impedì che si procedesse contro di lui.

Pare che, contrariamente a ciò che sostengono vari autori (Vedriani, Tiraboschi), il C. non abbia seguito il fratello nell'esilio dal 1561 al 1566:almeno non stabilmente. Il Sandonnini infatti trovò nei Registri dei battezzati della Parrocchia di S. Barnaba la nascita di una sua figlia nell'anno 1565; e un rogito del 22 dic. 1565 - una vendita a Simone Castelvetro - lo indica presente in Modena.

Certo è che da Modena il C. dovette allontanarsi quando, con la venuta di frate Nicolò del Finale, viceinquisitore, riprese una dura caccia ai dissidenti religiosi. Il 19 ott. 1566 fece testamento e forse a quella data si allontanò da Modena, nascondendo alla Verdeda le carte e i libri trovati poi solo nel 1823 ("A lui e non a Ludovico si, deve attribuire quel nascondimento perché tra quelle carte ve ne erano colla data del 1562, più una traduziono fatta da Gio. Maria stesso del decreto d'Amboise, emanato nel 1563 da Catterina Reggente di Francia": così il Sandonnini). Non essendosi presentato alla citazione romana fu scomunicato "ob non paritionem"; la scomunica fu pubblicata in Campo de' Fiori il 9 nov. 1567 e nel giugno 1568 il decreto di scomunica fu affisso a una colonna del duomo di Modena, in S. Domenico, alle porte del Tribunale e letta nella cattedrale da Bartolomeo Vendramini, nunzio dell'Inquisizione.

In esilio, il C. fu inviato dal fratello in missione presso Renata di Francia a Montargis; poi fu a Parigi a implorare protezione dal re; quindi a Lione donde dovette fuggire col fratello al prevalere della fazione cattolica (1567). Da lì tornò col fratello a Chiavenna, poi passarono a Vienna (dove una lettera, conservata nella Biblioteca Estense lo indica già presente il 4 febbr. 1569). L'imperatore Massimiliano II concesse loro protezione, e procurò l'assistenza del cardinale Commendone, che si fece intercessore presso Pio V. Il C. non ottenne, come aveva chiesto, il processo in Ferrara, ma sta di fatto che nel marzo 1571 era in Modena, come indica una scritta privata fra il C. e Niccolò Castelvetro, Modena 5 marzo 1571.La prefazione alla Correttione d'alcune cose del dialogo delle lingue di Benedetto Varchi è però datata 15 genn. 1572. Forse da Modena era passato a Chiavenna, dove non fu peraltro presente alla morte del fratello (21 febbr. 1571)e da lì era tornato a Vienna, portando con sé il manoscritto della Correttione. Egli continuava a godere della protezione di Massimiliano, come indica una lettera di Gurone Bertano al duca, 7 sett. 1572. Nel 1574 era a Modena e nel 1575 (26 settembre), dalla seconda moglie Ortensia Tassoni, gli nacque il figlio Ludovico (Arch. Curia arc., Libro dei battezzati della parrocchia di S. Barnaba), ilfuturo biografo dello zio omonimo.

Da Roma si insisteva comunque perché il C. si presentasse al tribunale dell'Inquisizione: era impossibile ammettere che si giustificasse a Ferrara o a Modena, rispondeva da Roma il 25 giugno 1575 il cardinale Ludovico Madruzzo a lettera inviata dall'imperatore da Praga il 14 maggio dello stesso anno; il giudizio era già cominciato; si presentasse e sarebbe stato trattato con clemenza, avendo riguardo anche per il potente intercessore. In termini simili, ma con carattere di maggiore urgenza, scriveva il 10 dicembre da Roma il vescovo d'Adria, Masetti, al duca di Ferrara: se il C. non si presenterà "espediranno [il processo] con molta vergogna et danno di lui come contumace et abbruscieranno la sua statua et si porrà in necessità di fare il medesimo mal fine che ha fatto il fratello". Pare che a questo punto la famiglia spingesse per il viaggio a Roma.

Ma il 17 dic. 1575 il C. morì a Modena, dopo breve malattia, senza avere ricevuto i sacramenti. Gli inquisitori combatterono un'ultima battaglia al capezzale del morto, ma finirono col concedere la sepoltura in S. Francesco, la chiesa che ospitava usualmente le tombe dei Castelvetro.

Del C. resta un unico scritto significativo: la dedica di 5 pagine ad Alfonso II duca di Ferrara datata "Di Vienna d'Austria il 15 di gennaio 1572" premessaa L. Castelvetro, Correttione d'alcune cose del Dialogo delle lingue di Benedetto Varchi...,Basilea 1572.

Fonti e Bibl.:La vicenda inquisitoriale ha legato in una comune tradizione la biografia del C. a quella del fratello Ludovico a partire dalla Vita di Lodovico Castelvetro, scritta da Lodovico Castelvetro iunior (pubblicata in G. Tiraboschi, Biblioteca modenese, VI, Modena 1786, pp. 61-82 attraverso L. Vedriani, Dottori modonesi, Modena 1665, pp. 167 ss., L. A. Muratori, Opere varie critiche di Ludovico Castelvetro con la vita dell'autore, Lione 1727, passim, e G. Tiraboschi, che in Biblioteca modenese, I, Modena 1781, pp. 430-487, presenta il C. sotto la voce Castelvetro Lodovico, con minuzioso spoglio del materiale ora in Arch. di Stato e Arch. comunale di Modena. Il disegno biografico più ampio si legge in T. Sandonnini, Lodovico Castelvetro e la sua famiglia, Bologna 1882, pp. 219-286; G. Cavaziuti, Lodovico Castelvetro, Modena 1903, pp. 175-77, fornisce qualche indicaz. sull'attività del C. come editore d'alcune opere del fratello. Nella cronaca coeva di T. Lancellotti, Cronaca, X, Parma 1878, p. 182, il C. compare per la prima volta in una lista di 35 "dottori collegiati" alla data 8 febbr. 1550. Gli Atti della Comunità, in Archivio comun. di Modena, permettono di seguirne l'attività; Ibid., Ex actis 1561 si può leggere la lettera dell'11 genn. 1561, cui si fa riferimento nel testo. Altre lettere in Arch. di Stato di Modena, Cancelleria ducale, Letterati Carteggio, busta n. 14; Lettere e docum. di particolari, cart. C, n. 308, e Modena, Biblioteca Estense, a G.1.15. Sui rapporti col card. Gian Francesco Commendone, Iulii Pogiani Sunensis Epistolae et orationes olim collectae ab Antonio Lagomarsino..., IV, Roma 1768, pp. 439-444. La vicenda della sepoltura in S. Francesco si ricostruisce attraverso la copia di un processo rogato da Francesco Seghizzi notaio dell'Inquisiz. in Arch. di Stato di Modena, Inquisizione, busta 6, Processi 1575-80. Un rogito del 23 agosto 1577 (notaio Antonio Foscardi, Ibid., Archivio notarile, cassetta n. 2055) ragguaglia sulla divisione dei beni tra i figli Giacomo eLudovico: il Sandonnini e il Cavazzuti ne riproducono la parte relativa alla biblioteca. Per la discendenza del C., cfr. Modena, Bibl. Estense, Fondo Campori, ms. 7 v, 4, 7, 17: Prove della genealogia della famiglia Castelvetri, cc.n. n.

Vedi anche
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