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GUARINI, Alessandro, il Vecchio

di Monica Cerroni - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 60 (2003)
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GUARINI (Guarino), Alessandro, il Vecchio

Monica Cerroni

Nacque a Ferrara nel 1486 da Battista di Guarino. Ebbe sei sorelle e due fratelli, uno dei quali, Alfonso, fu letterato e commediografo.

Il padre, professore di retorica e poesia nello Studio ferrarese, lo educò sin dalla prima adolescenza alle lettere classiche e moderne e la precocità del suo talento, versato tanto nella poesia quanto nella filosofia, conobbe una rapidissima fama, che raggiunse presto gli ambienti della corte estense, dove il G. sperimentò una rapida ascesa. Nel 1505, appena diciannovenne, subentrò al padre nella cattedra dello Studio. L'incarico durò un anno ed è ricordato con toni celebrativi dallo storico Marco Antonio Guarini, che dedicò un ritratto al G.: egli fu l'unico sostegno dello Studio di Ferrara quando "dalla maligna qualità de' tempi, e per le guerre, ed altri accidenti, ne rimase poco meno che dessolato".

Addottoratosi in una data imprecisabile in leggi civili, il G. ottenne una cattedra presso l'università cittadina e il suo nome rimase, circondato da un indiscusso prestigio, nell'elenco dei docenti ferraresi fino alla morte. A tale formazione è da riconnettere la sua brillante carriera politica, al servizio dei duchi di Ferrara Alfonso I (1505-34) ed Ercole II (1534-59). L'ufficio principale che ricoprì a corte gli valse il soprannome di Segretario, con il quale gli eruditi locali lo distinsero dal suo omonimo più tardo. Ebbe anche gli incarichi di fattore generale, cioè sovrintendente alle entrate del principe, e consigliere. Fu inviato ambasciatore presso papa Paolo III o, secondo altre fonti, presso Clemente VII. Durante una di queste missioni, secondo quanto si leggeva nel suo epitaffio, la cui iscrizione è conservata nel Compendio historico di M.A. Guarini, fu vittima di un grave incidente.

Nel 1529, durante la guerra mossa contro la Repubblica fiorentina da parte delle truppe imperiali e pontificie, fu inviato come ambasciatore presso la Repubblica. Gli Este erano direttamente interessati all'evolversi della situazione, dato che l'alleanza tra Clemente VII e Carlo V prevedeva, oltre al rientro dei Medici a Firenze, anche la restituzione al papa di alcune città sotto il dominio estense. Era probabilmente questo l'oggetto della missione diplomatica affidata al G., il quale, sulla via del ritorno, cadde prigioniero degli Imperiali. Accusato ingiustamente di collaborare con il nemico, sembra che fosse stato addirittura condannato a morte, ma l'episodio resta oscuro: l'epitaffio recita che egli riuscì infine non solo a scampare alla morte, ma che riottenne la libertà grazie a una mirabile forza d'animo: "magna animi fortitudine periculum capitis non evasit modo, sed libertatem quoque ipsam redemit". Della missione fiorentina resta esile traccia in una lettera di Alfonso I a Michelangelo: in data 22 ott. 1530 il duca presenta il G. "già mio oratore costì in Firenze".

Il G. morì, celibe, a Ferrara il 31 luglio 1556 ed ebbe sepoltura, tra altri esponenti della sua famiglia, nella chiesa di S. Paolo, distrutta da un terremoto nel 1570.

Un contributo del G. all'oratoria ufficiale è l'orazione funebre pronunciata nella morte del cardinale Ippolito d'Este, nel settembre del 1520 (Funebris oratio in reveren. et illustriss. dominum d. Hippolytum Estensem, Ferrara, L. Rossi, [1520]). Dal padre il G. ereditò anche la passione per il teatro, con il quale si cimentò conquistando tuttavia un posto di secondo piano rispetto al fratello Alfonso. Le commedie del G. non gli sono sopravvissute, ma dai resoconti di alcuni pagamenti di maschere risalenti al 1531 (Catalano, p. 312) apprendiamo che furono rappresentate insieme con quelle di L. Ariosto. Nulla sappiamo dei rapporti che intercorsero tra i due letterati: ne rimane cristallizzata una testimonianza nell'Orlando furioso (XLVI, 14), in cui il G. viene menzionato, ma potrebbe trattarsi di un banale omaggio a una personalità della corte. Il G. compose anche carmi latini (soprattutto epigrammi ed elegie) e qualche rima volgare, ma quasi tutta la produzione poetica è rimasta inedita (alcuni epigrammi in Borsetti, p. 107). Infine, alcune fonti conservano memoria di un poema intitolato De bello Estensi et Veneto.

Più che alla produzione letteraria, la celebrità del G. è legata a quella erudita. Un posto di rilievo occupano le expositiones al commento di Catullo allestito dal padre, di cui il G. curò l'editio princeps: In Caium Valerium Catullum Veronensem per Baptistam patrem emendatum expositiones cum indice (Venezia, G. Rusconi, 1521), con dedica ad Alfonso I d'Este in cui il G. rivendica con orgoglio la continuità familiare nel campo delle lettere classiche. Nella cappella Varani (da Varano) della chiesa di S. Maria in Vado a Ferrara si può leggere un enigma che egli compose in onore di Filippa Guarnieri Varani da Camerino, che resistette a lungo ai tentativi di interpretazione (vi si provarono tra gli altri Andrea Tiraqueau e Vincenzo Maggi). Fu risolto solo nel XVIII secolo dal poeta ferrarese Giulio Cesare Grazzini, che lo rielaborò in un sonetto (Borsetti, pp. 107-111).

La fortuna del G. presso i contemporanei fu notevole: gli dedicarono versi, tra gli altri, Giovan Battista Giraldi Cinzio e Tito Vespasiano Strozzi. Si conservano un suo ritratto settecentesco, opera di G.B. Galli (Cittadella, p. 100), e la notizia di una medaglia con la sua effigie.

Fonti e Bibl.: Biblioteca apost. Vaticana, Vat. lat., 12593: M.A. Guarini, Famiglie illustri della città di Ferrara, cc. 65v-66r; Carteggio di Michelangelo, a cura di P. Barocchi - R. Ristori, IV, Firenze 1979, p. 290; A. Superbi, Apparato de gli huomini illustri della città di Ferrara, Ferrara 1620, p. 107; M.A. Guarini, Compendio historico dell'origine, accrescimento e prerogative delle chiese, e luoghi pii della città, e diocesi di Ferrara, Ferrara 1621, pp. 178 s.; A. Libanori, Ferrara d'oro imbrunito…, parte III, Ferrara 1665, pp. 15 s., 268; F. Borsetti, Historia almi Ferrariae Gymnasii, II, Ferrara 1735, pp. 107-111; L. Barotti, Memorie istoriche di letterati ferraresi, II, Ferrara 1793, pp. 74-79; A. Frizzi, Memorie per la storia di Ferrara, IV, Ferrara 1796, p. 342; L. Ughi, Diz. storico degli uomini illustri ferraresi, I, Ferrara 1804, pp. 29 s.; F. Conti, Illustrazioni delle più cospicue e nobili famiglie ferraresi, Ferrara 1852, pp. 345-347; L. Cittadella, I Guarini famiglia nobile ferrarese oriunda di Verona…, Bologna 1870, pp. 58-60, 92, 100-102; M. Catalano, Vita di Ludovico Ariosto, Genève 1931, p. 312; W. Ludwig, Strozzi und Giraldi. Panegyrik am Hofe der Este, in La corte di Ferrara e il suo mecenatismo. Atti del Convegno internazionale, Copenaghen… 1987, a cura di M. Pade - L.W. Petersen - D. Quarta, Modena 1990, pp. 38, 51.

Vedi anche
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vécchio
vecchio vécchio s. m. [lat. vĭtŭlus «vitello», vĭtŭlus marinus «foca»]. – Vitello, solo nella locuz. ant. v. marino, la foca: I capidogli coi vécchi marini Vengon turbati dal lor pigro sonno (Ariosto); e con inversione poet.: Il marin vecchio...
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