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Kertész, Imre

di Armando Nuzzo - Enciclopedia Italiana - VII Appendice (2007)
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Kertész, Imre

Armando Nuzzo

Scrittore e traduttore ungherese, nato a Budapest il 9 novembre 1929, insignito del premio Nobel per la letteratura nel 2002. Proveniente da una famiglia borghese, nel giugno del 1944, vittima di una retata antisemita nella Budapest occupata dai nazisti, fu deportato ad Auschwitz e poi spostato in altri campi di concentramento, rientrando dopo la liberazione in Ungheria. Tra il 1948 e il 1951 collaborò con la rivista Világosság (Chiarezza) e lavorò come operaio in una fabbrica. Dal 1953 si dedicò alla traduzione di prosa austriaca e tedesca (E. Canetti, H. von Doderer, F. Nietzsche, J. Roth, A. Schnitzler, L. Wittgenstein). Il suo primo romanzo, Sorstalanság (trad. it. Essere senza destino, 1999), terminato nel 1973 dopo dodici anni di lavoro, è stato pubblicato nel 1975, non senza resistenze da parte del mondo politico-editoriale.

Sorstalanság è il più importante romanzo sull'Olocausto della letteratura ungherese. Protagonista è un ragazzo ebreo di quattordici anni che, nel giugno del 1944 a Budapest, assiste alla partenza del padre per i campi di lavoro. Dalla fabbrica dove ha ottenuto un lavoro con permesso speciale, anche il giovane viene presto deportato ad Auschwitz e poi in altri lager. Il racconto del viaggio e della permanenza nei campi di concentramento, la descrizione di luoghi e persone sono filtrati attraverso l'innocenza del suo sguardo adolescenziale. La rappresentazione è figurativa, lo stile descrittivo e psicologico, spesso ironico e autoironico, la lingua pura è ottenuta per mezzo di un raffinatissimo labor limae. L'ostentata oggettività, che in molti passi rasenta quasi l'insensibilità, è il magistrale travestimento letterario che conduce il lettore a inorridire di fronte al silenzio: è l'unico strumento per esprimere in forma di parole la tragicità di fatti e sentimenti. K. rifiuta ogni accostamento ideologico al tema, sia esso politico o religioso; l'Olocausto degli ebrei non è più questione di un singolo popolo, ma il trauma dell'intera civiltà occidentale: dove regna una qualsiasi forma di totalitarismo è nulla la possibilità della realizzazione del destino dell'individuo.

Pur avendo ottenuto subito un discreto successo con questo primo romanzo, è soltanto a partire dal 1990 che K. è stato accolto nel canone della letteratura contemporanea ungherese. I suoi romanzi, i diari, i dialoghi sono sempre autobiografici e, per via dei continui reciproci riferimenti, essi vanno letti come un'unica e omogenea opera. Il totalitarismo, la libertà dell'individuo, l'imperscrutabile irrazionalità dell'uomo e la sua 'naturale' predisposizione alla sottomissione dell'altro, l'impossibilità dell'incontro e della pacificazione di mondi diversi sono temi che vengono ricondotti nell'atmosfera dolorosa del ricordo della deportazione. I successivi romanzi A kudarc (1988; trad. it. Fiasco, 2003) e Kaddis a meg nem született gyermekért (1989, Kaddisch per il bambino non nato) sviluppano i temi di Sorstalanság e formano con esso una trilogia. In A nyomkeresõ (1977, Il detective), Az angol lobogó (1991; trad. it. Il vessillo britannico, 2004), Gályanapló (1992, Diario della cicogna), proseguito idealmente da Valaki más. A változás krónikája (1997, Qualcun altro. Cronaca di una metamorfosi), e in Felszámolás (2003; trad. it. Liquidazione, 2005) il destino della società mitteleuropea di fronte alle tragedie della storia è rivissuto sempre nell'ombra proiettata dalla scena originaria dell'infanzia. Racconto emblematico è Jegyzõkönyv (Verbale), incluso in Egy történet (1993, Una storia), scritto a quattro mani con P. Eszterházy. I temi fondanti del pensiero di K. permeano anche la sua produzione saggistica: A Holocaust mint kultúra (1993, L'Olocausto come fenomeno culturale), Gondolatnyi csend, amíg a kivégzõosztag újratölt (1998, Il silenzio del pensiero fin quando il plotone dei giustizieri è di nuovo al completo), A számûzött nyelv (2001, La lingua bandita). K. è stato insignito di numerosi riconoscimenti, fra cui il premio Kossuth (1997) in Ungheria, il premio Herder (1999) e la medaglia Goethe (2004) in Germania, oltre al Nobel per la letteratura nel 2002. Le opere di K. sono state tradotte in molte lingue; nel 1999, in Germania, sono state edite in una raccolta completa.

bibliografia

G. Spiró, Non habent sua fata, in G. Spiró, Magániktató, Budapest 1985, pp. 381-91; P. Szirák, Kertész Imre, Pozsony 2003.

Vedi anche
Johann Wolfgang von Goethe Poeta, narratore, drammaturgo tedesco (Francoforte sul Meno 1749 - Weimar 1832). Genio fra i più poderosi e poliedrici della storia moderna, si manifestò in un'epoca in cui ormai risultava operante la consapevolezza d'una acquisita libertà di sentimenti e di espressione; gli fu quindi spontaneo rendersene ... letteratura In origine, l'arte di leggere e scrivere; poi, la conoscenza di ciò che è stato affidato alla scrittura, quindi in genere cultura, dottrina. Oggi s'intende comunemente per letteratura l'insieme delle opere affidate alla scrittura, che si propongano fini estetici, o, pur non proponendoseli, li raggiungano ... saggio chimica Denominazione generica di metodi d’analisi, di tipo prevalentemente qualitativo. letteratura Scritto di carattere specifico o monografico, di limitata estensione, in cui l’autore analizza criticamente un determinato argomento storico, biografico o critico o dà una breve descrizione di un luogo ... nazionalsocialismo Complesso ideologico (comunemente noto nella forma abbreviata nazismo) elaborato in Germania soprattutto da A. Hitler in Mein Kampf e divenuto sistema di governo dal 1933 al 1945. Principio centrale di esso è il mito della superiorità della razza ariana. L’individualismo democratico fu ripudiato in funzione ...
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