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Io Dante a te che m'hai cosi chiamato

di Vincenzo Pernicone - Enciclopedia Dantesca (1970)
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Io Dante a te che m'hai così chiamato

Vincenzo Pernicone

. Con questo sonetto (Rime XCIII) D. rispose per le rime al sonetto Dante Alleghier, d'ogni senno pregiato (v.), inviatogli da un anonimo rimatore, del quale è probabile che egli stesso non conoscesse il nome.

Ci è stato tramandato dal codice Riccardiano 1156 insieme col sonetto di proposta e con l'esplicita indicazione che si tratta di una " Risposta di Dante " al sonetto precedente " mandato a Dante Alighieri poeta fiorentino ", e dal codice Laurenziano XL 44 col titolo " Sonetto di Dante ", dove però non fu trascritto il sonetto di proposta, e una mano posteriore della prima metà del secolo XVI aggiunse " non aldigeri ". I due manoscritti sono affini, e perciò valgono per una sola testimonianza, ma non c'è motivo di dubitare sull'attribuzione del sonetto di risposta a Dante Alighieri. I due sonetti furono pubblicati dallo Scherillo nel 1896 e poi dal Barbi nel 1911. Nell'edizione del '21 furono collocati fra le rime del Libro V, cioè cronologicamente prima delle rime per la donna pietra, ma non ci sono elementi sicuri per determinare il tempo di composizione.

Nella sua risposta D. si mostra cortesemente sollecito nel desiderio di aiutare l'amico nella sua tribolazione amorosa, ma deve rilevare che nel sonetto di proposta non ci sono indicazioni precise per provvedere secondo il bisogno a quell'alta vendetta richiesta dall'amico contro la donna che l'aveva ferito a morte (v. 5 Ma ben vorrei saper...; v. 7 forse che per mia lettera mandare...). Si limiterà, dunque, a confortarlo con la speranza che la donna (nel sonetto dell'amico è detta leggiadra giovinetta, che farebbe pensare, come sostiene il Contini, a giovane donna nubile, ma D., al v. 9, prospetta anche l'ipotesi di donna maritata: ma s'ella è donna che porti anco vetta) presto verrà a lui per far gran disdetta (v. 11) di quel che egli teme, dimostrandosi amorosa.

Bibl. - M. Scherillo, Alcuni capitoli della biografia di D., Torino 1896, 224 ss.; M. Barbi, Un servizio amoroso chiesto a D., Firenze 1911; Contini, Rime 133; D.A., Le Rime, a c. di D. Mattalia, Torino 1943, 198; Dante's Lyric Poetry, a c. di K. Foster e P. Boyde, Oxford 1967, II 253; Barbi-Pernicone, Rime 518.

Vocabolario
méttere
mettere méttere v. tr. [lat. mĭttĕre «mandare», nel lat. tardo «mettere»] (pass. rem. miṡi, mettésti, ecc. [pop. tosc. méssi, mésse, méssero]; part. pass. mésso). – Verbo di sign. ampio e generico, dai confini semantici non ben definiti,...
te¹
te1 te1 〈té〉 pron. pers. [lat. tē, accus. del pron. pers. tu] (radd. sint.). – Forma forte della declinazione del pron. di 2a pers. sing. (tu), che ha usi analoghi a quelli di me per la 1a pers., e cioè: come compl. oggetto quando si vuol...
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