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KARAKORUM

di AIdo Sestini - Enciclopedia Italiana (1933)
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KARAKORUM (voce tibet. "pietre nere"; A. T., 93-94)

AIdo Sestini

Elevata zona montuosa dell'Asia, che si stende, per circa 400 km. di lunghezza, da 74° ½ a 78° circa di long. orient. da Greenwich, fra il Himālaya e il K'uen-lun occidentale. Può considerarsi limitata a sud della valle dell'Indo (quota minima 1400 m. circa), a nord dagli alti corsi dello Yarkand e dell'Oprang, e da alcuni loro affluenti, a ovest dal Hunza e ad oriente dall'alta valle dello Shayok. L'orografia della regione è assai complicata, non avendosi vere catene, come alcuni vogliono ammettere, ma tutt'al più un allineamento ONO.-ESE. delle cime maggiori, lungo lo spartiacque, o in sua prossimità, tra il bacino dell'Indo e quello interno del Tarim. Il versante settentrionale è molto più breve di quello meridionale; verso occidente la zona montuosa del Karakorum si continua nel Hindu-kush. Molte cime superano 7000 m., alcune 8000 m. Queste ultime si raccolgono in vicinanza dell'alto Baltoro, uno dei maggiori ghiacciai di cui la regione è ricca, e sono: K2 (o Godwin Austen), 8611 m.; Broad Peak, 8270 m.; Hidden, 8068 m.; Gasherbrum, 8035 metri. A oriente di questo gruppo di cime massime troviamo ancora quote di 7471 m. (Teram Kangri) e 7391 m.; a occidente di 7287 m. (Kailasa), 7772 m. (Kanjut), 7495 m., 7347 m. Anche a sud dell'allineamento principale molte cime superano 7000 m. (Rakipushi, 7788 m.). Tra i corsi, per notevole tratto subparalleli, dell'Indo e dello Shayok corre la catena del Ladakh, con varie cime intorno a 6000 m. L'elevazione complessiva della regione non risulta soltanto dalle grandi altezze delle cime, ma anche dalla notevole altitudine delle valli, molte delle quali stanno al disopra di 3000 m., e dei valichi.

Nella costituzione dei monti del Karakorum hanno il predominio potenti masse di graniti e di gneiss, associati talora ad altri tipi di scisti cristallini; gli gneiss sono attraversati frequentemente da filoni granitici. Una copertura di rocce sedimentarie, in parte metamorfosate, doveva un tempo ricoprire le masse gneissico-granitiche, ma ora è ridotta ad affioramenti di limitata estensione, tranne nel versante settentrionale e nella zona più orientale, verso gli altipiani del Tibet. Quarziti e scisti del Paleozoico costituiscono in parte la catena del Ladakh e affiorano nell'alta valle dello Shayok, in fasce dirette da NO. a SE. Una zona sedimentaria assai potente si estende da Shigar ad Askole, proseguendo poi verso N. e NO., in mezzo alle rocce cristalline, e anche alcune cime, pure elevatissime, attorno al Baltoro, sono costituite da tali rocce sedimentarie (calcari spesso saccaroidi, calcescisti e scisti ardesiaci, brecce, ecc., di età carbonico-triassica). Nella zona prossima agli altipiani tibetani si ha una serie di terreni più ricca, che va dal Paleozoico al Cretacico (non però senza discontinuità). Il Permo-carbonico è rappresentato specialmente da scisti nerastri, il Triassico da calcari e calcari dolomitici, con intercalazioni scistose, il Giurassico anche da calcari-marnosi. Lungo l'Indo affiora, in stretta fascia sulla destra del fiume, la serie eocenico-cretacea del Ladakh.

La regione è profondamente incisa da valli, i cui fondi stanno 3000 e anche 4000 m. sotto le cime; queste ultime hanno in genere forma piramidale, a causa della natura delle rocce prevalenti e del frequente raddrizzamento dei banchi. Intenso è il disfacimento meteorico delle rocce, specialmente per le frequenti oscillazioni della temperatura attorno allo zero; i fianchi sono quasi sempre molto ripidi e quindi nudi e rocciosi, in altri casi la roccia viene nascosta da un manto detritico. Grandiose sono alcune gole scavate nel granito. La regione è oggi sede d'intenso sviluppo glaciale, ma nel Quaternario i ghiacciai furono anche maggiori, sì da riempire, nei momenti di maggiore espansione, tutte le valli per andare a confluire nel grande ghiacciaio della valle dell'Indo. Si ebbero quattro fasi di espansione, d'importanza via via decrescente. L'ultima è però da compararsi solo con uno stadio della glaciazione alpina; essa ha lasciato morene numerose assai addentro nelle valli. I caratteri di queste ultime risentono fortemente dell'azione glaciale; sono frequenti valli laterali sospese su quelle principali, e anche rilievi intravallivi. Presso i fondi vallivi si hanno spesso terrazze formate in antichi depositi morenici o alluvionali, o grandi conoidi allo sfocio delle valli minori. Sembra derivi da antiche morene deposte sui fianchi il materiale (anche con grandi blocchi) trascinato dalle frequenti e rovinose colate di fango.

Il clima, nel Karakorum, data la posizione interna e il riparo offerto dall'antistante catena himalayana, è continentale e nel complesso rigido, a causa della forte elevazione. Le precipitazioni sono scarsissime nelle valli, non così probabilmente sulle creste ove cadono sempre in forma di neve. Il limite delle nevi risulta comunque elevato, e sempre di più procedendo dalle grandi valli dell'Indo e dello Shayok (dove è inferiore a 5000 m.) verso la linea delle massime cime, lungo la quale raggiunge e supera i 6000 m. d'altezza; s'innalza anche, contemporaneamente, verso SE., cioè verso gli altipiani del Tibet. Molti e grandiosi sono i ghiacciai - nell'insieme si possono dire i maggiori all'infuori di quelli delle regioni polari e subpolari - per la forte elevazione media della regione. Hanno lunghe lingue pochissimo inclinate, alimentate da affluenti numerosi che vi sboccano quasi ad angolo retto (tipo di ghiacciai detto "himalayano"), e circondate da erte pareti spesso prive o povere di neve e di ghiaccio. La superficie della lingua è molto accidentata (caratteristiche le "guglie di ghiaccio", alte talora anche alcune diecine di metri), in conseguenza della forte ablazione estiva, e ricca di morene. Numerosi i laghetti glaciali presso le sponde. È anche abbastanza frequente il caso di lingue che sbarrano la valle maggiore in cui sboccano (ad es. i ghiacciai dell'alto Shayok), con formazione di laghi, i quali svuotandosi talora improvvisamente dànno luogo a violente inondazioni. Il massimo sviluppo dei ghiacciai si ha sul versante meridionale, presso lo spartiacque e le massime cime. Il più orientale dei grandi ghiacciai (Rimu) manda parte delle sue acque all'Indo (per lo Shayok) e parte a N., nel bacino del Tarim (per mezzo dello Yarkand). I ghiacciai più estesi sono i seguenti:

Dei corsi d'acqua del Karakorum sono perenni quelli alimentati da ghiacciai; essi hanno imponenti piene estive per la forte fusione del ghiaccio. Sono molto scarse le sorgenti comuni, relativamente abbondanti, invece, quelle termali. I fiumi maggiori sono lo Shayok, il Nubra, il Saltoro e lo Shigar.

La regione è straordinariamente povera di vegetazione, in gran parte anzi nuda del tutto. Mancano veri boschi; la vegetazione arborea è rappresentata da pini, betulle, cedri, ma specialmente da salici e ginepri, a cui nelle aree coltivate si aggiungono i pioppi. I ginepri si spingono all'altezza di quasi 4000 m. Anche veri prati sono scarsi; più frequenti presso le fronti dei ghiacciai, e se ne trovano lembi sui fianchi delle vallate, ai lati delle lingue glaciali.

Gran parte del Karakorum vero e proprio è abitato dai Balti, affini, come i Machnopa confinati a un piccolo tratto della valle dell'Indo, ai Dardi, e quindi Indoeuropei. La parte occidentale (Leh, Valle Nubra) è invece abitata dai Ladaki, che presentano maggiori caratteri mongoloidi. Disabitata è la zona dell'alto Shayok, dove si spingono talora nomadi Ciangpà (Tibetani). La popolazione risulta straordinariamente rada, se la riferiamo all'intero territorio; però le sole zone abitate sono i fondi delle valli, e pure di queste vanno eccettuati i tronchi più alti. Nelle zone effettivamente abitate si possono raggiungere e anche superare 100 ab. per kmq. La popolazione è in grandissima parte agricola, e vive insediata in piccoli centri, posti generalmente su conoidi o su terrazze, allo sbocco di valli laterali, allo scopo di avere acqua per irrigazione. Le colture, senza irrigazione, non sarebbero possibili, per la grande scarsezza di precipitazioni. Le aree coltivate sono saltuarie e costituiscono vere oasi in mezzo alla generale nudità. Predomina la coltura dei cereali (specialmente di una specie di orzo), accompagnati da alcuni alberi fruttiferi, fra i quali il più abbondante e più diffuso è l'albicocco. Il limite superiore delle colture segue quello degl'insediamenti umani permanenti, i quali si spingono ad altezze massime sempre superiori procedendo dalle valli maggiori verso l'interno, e anche procedendo da occidente a oriente. Nella valle dell'Indo sotto Suru detto limite è inferiore a 3000 m., nelle valli laterali supera anche 3500 m., presso gli altipiani tibetani raggiunge i 4000 m. (per salire ancora verso SE.). Gli albicocchi si spingono fino a circa 3500 m. Una sola carovaniera importante tocca il territorio del Karakorum, ma solo nella sua parte più orientale; essa mette in comunicazione la valle dell'Indo con il Turkestan, da Leh, per il Passo del Karakorum (5575 m.). Un tempo gl'indigeni utilizzavano però anche altre vie più dirette, attraversando i grandi ghiacciai, tra i quali gli stessi Syachen e Baltoro.

L'esplorazione del Karakorum si è iniziata soltanto da poco più di un secolo, con i viaggi di W. Moorcroft e G. Trebeck, nella parte orientale (Leh, alto Shayok e Valle Nubra), nel 1820-22 (l'indiano Izzet Ullah aveva percorso in parte questa zona nel 1812, lasciandone un giornale di viaggio). A G.T. Vigne (1835-38) si debbono estesi itinerarî, spinti fino ai grandi ghiacciai, nelle valli Shigar, Basha, Saltoro, Kundos, Shayok; il botanico H. Falconer percorse nel 1838 la Valle Braldo giungendo presso la fronte del Baltoro. Del 1847-48 sono i viaggi di Th. Thomson e di H. Strachey, entrambi della commissione per la delimitazione dei confini col Tibet, nella parte orientale della regione; il secondo, per la Valle Nubra, raggiunse il Syachen. A. Schlaginhweit nel 1856 percorse le valli Shigar e Braldo, penetrando sul Baltoro, e le valli Hushe, Kundos, Nubra, Shayok. A. Godwin Austen, topografo, visitava nel 1861 diversi dei grandi ghiacciai, Baltoro, Punma, Biafo, Chogo Lungma, Kero Lungma. Con queste esplorazioni, dovute a ottimi e fedeli osservatori, anche se non sempre preparati scientificamente, la regione poteva dirsi conosciuta nelle grandi linee. Poco noti rimanevano però i grandi ghiacciai, e quasi sconosciuto il versante settentrionale. Ma lo Younghusband attraversava due volte, nel 1887 e 1889, il Karakorum, proveniendo da nord, per la valle Shagsam e il Baltoro (Passo Mustagh).

I viaggi nella regione si erano intanto fatti più frequenti, molto meno fruttuosi però dal punto di vista scientifico e dell'esplorazione. Ma nel 1892, con la spedizione di M. Conway, s'inizia la metodica esplorazione dei grandi ghiacciai, con scopi alpinistici e scientifici a un tempo. ll noto alpinista inglese esplorò i ghiacciai della regione di Hunza e Nagar, quindi l'Hispar, passando da questo nel Biafo, e visitando poi il Baltoro. Su questo pure operò la spedizione Eckenstein-Guillarmod nel 1902. Nel 1898 s'iniziava la feconda attività dei Workman, americani, con l'esplorazione (1899) del Biafo e di un gruppo di vette situate tra Shigar e Askole; nel 1902-03 esploravano il Chogo Lungma e inoltre minori ghiacciai vicini, il Kero Lungma e l'Ho Lumba. Nel 1908, provenendo da Hunza, passano per l'Hispar nel Biafo, nel 1911-12 visitano le valli Saltoro, Hushe e Kundos, esplorandone alcuni ghiacciai e penetrando nel Syachen, che rilevarono (il ghiacciaio era stato raggiunto nel 1909 dal Longstaff). Del 1909 è la spedizione italiana di S. A. R. il Duca degli Abruzzi al Baltoro, che fu percorso e rilevato; fu anche tentata l'ascesa del K2 e conquistato il "record" di altezza raggiunta dall'uomo con mezzi proprî sulla montagna, detenuto per varî anni. Un'altra spedizione italiana, la massima fra tutte quelle dirette al Himālaya occidentale e al Karakorum, operò nella regione nel 1913-14: la spedizione De Filippi. Itinerarî estesissimi furono percorsi dal geografo-geologo della spedizione, G. Dainelli. Fu esplorato e rilevato il ghiacciaio Rimu, scoprendo le sorgenti del fiume Yarkand. Nel dopoguerra l'esplorazione del Karakorum è stata ripresa, e ancora largo è stato il contributo italiano, con le spedizioni di S. A. R. il Duca di Spoleto (ghiacciai Baltoro e Punma, Valle Shagsam sul versante settentrionale) nel 1929 e di G. Dainelli (traversata dal Syachen al Rimu) nel 1930. Dell'ultimo decennio sono inoltre da ricordarsi i viaggi dei coniugi olandesi Visser, e l'esplorazione di una parte del versante nord, per opera del maggiore Mason (1926).

V. tavv. XI e XII.

Bibl.: Risultati vastissimi ha riportato la spedizione italiana De Filippi (1913-14), nel campo della fisica terrestre, meteorologia, geografia fisica e umana, geologia, antropologia, botanica, ecc., sì che i grossi volumi dei suoi Resultati scientifici (Bologna 1924) costituiscono ormai il fondamento della conoscenza della regione. Dei 15 volumi previsti, 9 hanno già visto la luce. In essi è anche raccolta la bibliografia; basti qui ricordare: W. Moorcroft e G. Trebeck, Travels in the Himalayan Provinces, ecc. Londra 1841; G. T. Vigne, Travels in Kashmir, Ladak, Iskardo, ecc., Londra 1842; Th. Thomson, Western Himalaya and Tibet, Londra 1852; H. Schlagintweit, Reisen in Indien und Hochasien, Jena 1869-1880; R. Lydekker, Geology of Part of Dardistan, Baltistan ecc., Rec. Geol. Survey of India, XIV, 1881; W. M. Conway, Climbing and exploration in the Karakoram-Himalayas, Londra 1894; K. Oestreich, Die Täler der Nordwestliche Himalaya, in Paterm. Mitt. Ergänz., 155 (1906); F. B. e W. H. Workman, In the Iceworld of Hymalaya, Londra 1900; id., Icebounds Heights of the Mustagh, Londra 1908; id., The call of the snowy Hispar, Londra 1910; id., Two Summers in the Icewilds of Eastern Karakoram, Londra 1917; S. G. Burrard e H. Hayden, A sketch of the Himalayas, ecc., Calcutta 1907-08; De Filippi, La spedizione [di S. A. R. il Duca degli Abruzzi] nel Karakoram e nell'Himalaya occidentale, Bologna 1912. Inoltre, per la narrazione delle altre spedizioni italiane: F. De Filippi, Storia della spedizione scientifica italiana nell'Himalaia, ecc., Bologna 1924; G. Dainelli, Paesi e genti del Caracorùm, Firenze 1924; Aimone di Savoia Aosta, Duca di Spoleto, Spedizione nel Karakoram, in Boll. R. Società geogr. ital., 1930; G. Dainelli, Il mio viaggio nel Tibet occidentale, Milano 1932.

Vedi anche
K2 La più alta vetta del Karakoram e la seconda montagna, per altezza, della Terra (8611 m). ● La storia alpinistica del K2 cominciò nel 1902 con la spedizione internazionale diretta da O. Eckenstein, che risalì il ghiacciaio Godwin Austen sino alle falde meridionali della vetta. Il secondo tentativo fu ... Broad Peak Cima nella catena del Karakorum (8047 m); per altezza, il dodicesimo monte della Terra, domina da E il ghiacciaio Godwin Austen (nel bacino del Baltoro). ● La vetta fu raggiunta per la prima volta, attraverso la cresta SE, il 9 giugno 1957 da una spedizione austriaca composta da H. Buhl, K. Diemberger, ... Baltoro Ghiacciaio del Kashmir (Pakistan), nel Karakoram centrale. Fra i maggiori del mondo (lungh. 60 km, superf. 750 km2), è compreso fra il K2 (a N), il Gasherbrum (a E) e il Masherbrum (a S). Alimenta il fiume Paiju. Indo (sanscr. Sindhu) Fiume della regione indiana (3180 km), tributario dell’Oceano Indiano. I limiti del suo bacino (1.165.500 km2) si trovano a N negli spartiacque del Karakoram e del Hindukush; a O nelle montagne del Belucistan; a SE nel Deserto di Thar; a E verso il bacino del Gange – meno, naturalmente, ...
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