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Lattanzio

di Manlio Simonetti - Enciclopedia Dantesca (1970)
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Lattanzio

Manlio Simonetti

Retore africano (fine sec. III - primi decenni IV), insegnante di latino a Nicomedia in Asia Minore, dove si convertì, al tempo di Diocleziano.

Più tardi Costantino lo volle alla sua corte come precettore dei figli. Dopo il 317 non abbiamo altre sue notizie. Fra le varie sue opere ebbero particolare risonanza le Divinae Institutiones, ampia opera apologetica in 7 libri, in cui la sistematica confutazione della religione pagana si accompagna con un'esposizione della fede cristiana piuttosto superficiale e in più punti anche dottrinalmente confusa e non esatta. Già nel VI secolo gli fu attribuita la paternità del De Ave Phoenice, un poemetto che descrive la vicenda del mitico uccello che rinasceva dalle sue ceneri e in cui i cristiani per tempo videro un simbolo della morte e della resurrezione di Cristo. Queste due opere assicurarono a L. una certa notorietà, dovuta più al suo stile raffinato, per cui è stato denominato ‛ Cicerone cristiano ', e alla comprensività del suo scritto maggiore, che alla profondità e originalità di pensiero. Comunque la sua fama fu sempre nel Medioevo molto al disotto di quella raggiunta dai grandi padri della Chiesa latina. In sostanza, L. fu sempre letto, ma mai molto letto. Di ciò fa fede anche il non grande numero di manoscritti che ci hanno tramandato le sue opere. Sappiamo comunque che esse erano conosciute da Azzone di Vercelli, Alano di Lilla, Abelardo, Teodorico di S. Trond.

L. interessa in questa sede soltanto perché alcuni commentatori, antichi e moderni, hanno visto in lui quello avvocato de' tempi cristiani / del cui latino Augustin si provide (Pd X 119-120). Ma si tratta d'interpretazione tutt'altro che certa. Si sono fatti anche i nomi di Ambrogio, Tertulliano, Paolino da Nola, Mario Vittorino e Paolo Orosio. Soprattutto quest'ultimo nome ha molte più probabilità di cogliere nel segno, dato il rapporto delle sue Historiae col De Civitate Dei di Agostino. É stato anche proposto (cfr. G. Brugnoli, in " Cultura neolatina " XXVII [1967] 126 ss.) il tramite di Latt. Inst. II II 18 per il riecheggiamento di Pers. Sat. I 1 in Pd XI 1-3, sulla base di precisi raffronti di carattere formale.

Vedi anche
Arnòbio di Sicca Arnòbio di Sicca (o il Vecchio). - Apologista cristiano (m. 327 circa), vissuto a Sicca Veneria (od. el-Kef) nell'Africa proconsolare. Retore pagano e maestro di Lattanzio, si sarebbe convertito in tarda età, secondo s. Girolamo, offrendo al vescovo, quale prova del completo suo mutamento, i sette libri ... Cassiodòro Cassiodòro (lat. Flavius Magnus Aurelius Cassiodorus Senator). - Politico e letterato (Squillace 490 circa - Vivario 580 circa); figlio d'un alto funzionario di Teodorico, fu (507) questore, nel 514 console, e nel 523 magister officiorum, ministro per la politica interna; divenne così l'appassionato ... Conrad Sweynheym Sweynheym ‹svàinhaim›, Conrad. - Tipografo (n. Magonza - m. Roma 1477), operaio di I. Fust e di P. Schoeffer. Dopo l'assedio di Magonza (1462) venne in Italia, e per invito forse del cardinale Giovanni Torquemada si stabilì a Subiaco, dove, con un altro tipografo, A. Pannartz, stampò tre volumi, i più ... labaro Stendardo di Costantino caratterizzato dalla sigla monogrammatica del nome di Cristo o chrismon figura. Aveva la forma di un vessillo con asta trasversa da cui pendeva un drappo purpureo quadrato; al vertice era il chrismon circondato dalla corona d’alloro. L’origine del labaro deriverebbe secondo ...
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Vocabolario
in hoc signo vinces
in hoc signo vinces 〈in òk...〉 (lat. «in questo segno vincerai»). – Frase con cui viene comunemente tradotto il motto greco τούτῳ νίκα «vinci con questo» che, secondo Eusebio (Vita Constantini I, 27,31 e Hist. eccl. IX, 9), sarebbe apparso...
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