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Malebranche

di Vincenzo Presta - Enciclopedia Dantesca (1970)
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Malebranche

Vincenzo Presta

Nome collettivo dei diavoli guardiani della quinta bolgia (If XXI 37, XXII 100, XXIIII 23, XXXIII 142), " posti a tormentare quelli [i barattieri] che hanno avuto male mani ad uncinare, e pigliare danari e doni di quello che non si dee pigliare " (Buti).

Il nome ben qualifica questi diavoli " [qui] habent ungues curvatas ad rapiendum, et vere sunt malae branchae " (Benvenuto), ed è stato ottenuto con lo " stesso procedimento che gli aveva dettato già il nome di Malebolge, un procedimento, cioè, non puramente fantastico, ma intellettualistico, inteso a sottolineare taluni aspetti della... figura e dei... costumi di questi guardiani infernali attraverso la combinazione di precisi elementi lessicali " (Sapegno).

Di numero imprecisato, ma è da credere grandissimo, i M. hanno in generale un aspetto feroce, sono neri e dotati di ali; pensano sempre " di mal fare ad altrui " (Buti), straziano i dannati, oltre che con gli unghioni, con i raffi o runcigli (XXII 70-74), di cui si servono all'occorrenza per ficcarli dentro (XXI 52-57) o tirarli fuori dalla pegola spessa (XXII 34-36). Volgarissimi nei modi (XXI 137-139) usano con le vittime un linguaggio fortemente realistico, sarcastico e sacrilego (vv. 48-54); più che parlare, gridano quando si trovano d'accordo nel mal fare e nel deliberare; irruenti, minacciosi (D. li assomiglia a cani, vv. 67-71), irascibili, non sanno serbare a lungo la disciplina e si azzuffano fra di loro; obbediscono a Malacoda, il quale sceglie di volta in volta gruppi di dieci di loro che invia a pattugliar lungo l'argine sinistro della bolgia, onde non vi siano dannati ad ‛ accaffare ' fuor di pegola. Ognuno dei M. ha un nome proprio che lo definisce nel carattere o nel fisico; D. ne nomina dodici nel seguente ordine: Malacoda, Scarmiglione, Alichino, Calcabrina, Cagnazzo, Barbariccia, Libicocco, Draghignazzo, Ciriatto, Graffiacane, Farfarello, Rubicante (v. sotto le voci rispettive). Tali nomi sono stati oggetto di spiegazioni; fra i moderni, ingegnosa ma non altro resta l'ipotesi del Rossetti, che nei dodici demoni crede di riscontrare, alterati o storpiati o anagrammati, i nomi dei priori e dei sindaci Neri fiorentini del tempo della pace del cardinal da Prato (1303). Il Torraca, in base a ricerche compiute su documenti toscani, avanzò l'ipotesi, molto più attendibile, che D. abbia coniato i nomi dei diavoli sulla traccia di nomi, cognomi, soprannomi, più o meno deformati, di contemporanei. Un più approfondito e interessante tentativo di precisazione storica è stato compiuto dal Luiso, il quale, in seguito a una precisazione del Barbi circa l'un de li anzïan di Santa Zita (If XXI 38; v. " Bull. " VI [1898-99] 214), ha tenuto a riportatile nel cerchio ambientale di Lucca la possibile dinamica di ideazione dei nomi demoniaci, a cominciar da M. che " è nome di famiglia lucchese ", e continuando con Cagnazzo (nella forma Cagnasso), Graffiacane, Scarmiglione, nomi tutti che figurano nelle carte di quella città. " Se si pensa... che in Lucca il governo dei Neri, cominciato nel gennaio 1300, attraversava ogni opera di pace tra Bianchi e Neri di Firenze, e che Corso Donati.., aveva dei lucchesi tra i suoi più validi appoggi, si sentirà che D. ha inteso, indirettamente ma eloquentemente, di vendicarsi dell'ingiusta accusa di baratteria... rifacendosela per ora con i lucchesi " (Chiari). Comunque sia, i nomi di questi diavoli danteschi " ci riportano dinanzi alla fantasia le figurazioni scultoree del Medioevo, e particolarmente le statue dei diavoli che sporgono dai cornicioni di Notre-Dame di Parigi " (Momigliano).

Bibl. -A. Graf, I Demoni, gli Angeli, le Potenze divine, in Miti, leggende e superstizioni del Medio Evo, Torino 1925; G. Rossetti, Commento analitico [dell'Inferno], Londra 1826-1827; P. G. Lunardi, in " Giorn. d. " XXIX (1926) 68-70; Parodi, Lingua 354- 356; F.P. Lusso, L'anzian di Santa Zita, in Miscellanea Bongi, Lucca 1931; L. Olschki, D., i barattieri, i diavoli, in " Giorn. d. " XXXVIII (1935); A. Chiari, Letture dantesche, Firenze 1939.

Vedi anche
Divina Commedia Poema di Dante Alighieri in terzine di endecasillabi a rime incatenate (ABA, BCB, CDC ecc.). È diviso in 3 cantiche, Inferno, Purgatorio e Paradiso, e ogni cantica in 33 canti; pertanto l'opera, con il canto del proemio, consta di 100 canti (3 e 10 erano per Dante numeri di speciale significato, come ... Publio Virgìlio Maróne Virgìlio (o Vergìlio) Maróne, Publio (lat. Publius Vergilius Maro). - Poeta latino (n. presso Mantova, ad Andes, forse l'od. Pietole, 70 a. C. - m. Brindisi 19 a. C.). Per la vastità della fama e l'influsso esercitato sulla cultura latina e occidentale, è il principe dei poeti di Roma. Era di una famiglia ... Il Fiore Titolo attribuito nel 1881 a un poemetto toscano contenuto in un codice pergamenaceo (probabilmente prima metà 14° sec.) della Biblioteca universitaria di Montpellier. Riduzione, in 232 sonetti, della parte narrativa del Roman de la Rose, descrive le difficoltà che deve affrontare un amante nella conquista ... Giacomino da Verona Frate minore, rimatore (seconda metà sec. 13º), autore di due poemetti in quartine di alessandrini monorimi, De Ierusalem celesti e De Babilonia civitate infernali, descrizioni del paradiso e dell'inferno, non prive di energico realismo popolaresco, nei quali in passato si vide, a torto, una fonte di ...
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Vocabolario
pavènto
pavento pavènto s. m. [der. di paventare], ant. – Spavento, paura, timore: maestro, se non celi Te e me tostamente, i’ ho pavento D’i Malebranche (Dante); Altero capitan sanza pavento, Accorto, saggio e pro’, Pier da Farnese (Sacchetti)....
ontologismo
ontologismo s. m. [der. di ontologico]. – Termine usato dal filosofo Vincenzo Gioberti (1801-1852) in opposizione a psicologismo, per indicare il metodo della filosofia che «colloca il termine immediato della cognizione razionale nel suo...
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