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palese

di Domenico Consoli - Enciclopedia Dantesca (1970)
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palese

Domenico Consoli

. Significa " chiaro "; " evidente ", " noto ". In D. ricorre solo una volta in posizione attributiva: Non parrebbe di là poi maraviglia, / udito questo, quando alcuna pianta / sanza seme palese vi s'appiglia (Pg XXVIII 117).

Più volte invece è unito al verbo ‛ essere ', con funzione predicativa: l'alto affetto / ch'elli avieno a Maria mi fu palese (Pd XXIII 126); ben ti dovrebbe ormai esser palese / l'eccellenza de l'altra (XII 109); ne la voce sua mi fu palese / ciò che l'aspetto in sé avea conquiso (Pg XXIII 44); ingegnati, se puoi, d'esser palese / solo con donne o con omo cortese (Vn XIX 14 66): parole, queste ultime, rivolte alla canzone e in cui il modulo ‛ esser p. ' vale " mostrarsi e farsi leggere " (Barbi-Maggini); v. anche Cv II XII 10 questa sentenza fia sufficientemente palese, e Pg VIII 123.

È ancora predicativo nel passo di Cv I X 9 questa grandezza [la grandezza de la virtuosa operazione] do io a questo amico [il volgare del Convivio], in quanto quello elli di bontade avea in podere e occulto, io lo fo avere in atto e palese ne la sua propria operazione, che è manifestare conceputa sentenza, notevole per il rapporto antitetico fra le due forme avverbiali in podere - in atto e le due forme aggettivali occulto-palese.

‛ È p. ' col valore neutro di " è cosa chiara, evidente ", in Cv I XIII 7 E questo medesimo studio [di legare il volgare con numero e con rime] è stato mio, sì come tanto è palese che non dimanda testimonianza, dal quale asserto è testimoniata la diffusione delle rime dantesche al tempo del trattato, e al § 5, come reggente di una proposizione soggettiva: E così è palese, e per me conosciuto, esso essere stato a me grandissimo benefattore (si allude al volgare); l'incidentale ‛ questo è p. ' in Fiore XXV 9 e CLV 4 (cfr. Inghilfredi Caunoscenza penosa e angosciosa 45).

‛ Far p. ' è quanto " svelare ", " render noto ": Giovenale, / che la tua affezion mi fé palese (Pg XXII 15); E Malabocca si sforzava forte / in ogne mi' sacreto far palese (Fiore XXXII 6, seguito da ‛ in ' e sostantivo). Il costrutto Poi che fatta si fu palese e conta (Rime CVI 37) equivale, ovviamente anche per la dittologia ‛ p.-conta ', a " dopo che rivelò la propria identità, si fece ben riconoscere " (cfr. i vv. 34-35 io, che son la più trista, / son suora a la tua madre, e son Drittura).

Talvolta l'aggettivo è usato con valore avverbiale, come in Cv I II 5 onde ne la camera de' suoi pensieri se medesimo riprender dee e piangere li suoi difetti, e non palese, forse influenzato da Matt. 18, 15 " Si autem peccaverit in te frater tuus, vade et corripe eum inter te et ipsum solum ", e Pd XXX 143 E fia prefetto nel foro divino / allora tal, che palese e coverto / non anderà con lui per un cammino, allusivo al comportamento ambiguo di Clemente V in occasione dell'impresa italiana di Enrico VII. Per tale uso cfr. Iacopo da Lentini Donna eo languisco 6, e Chiaro Davanzati Chiunque altrüi blasma 98.

Isolata l'espressione avverbiale ‛ in p. ': Romagna tua non è, e non fu mai, / sanza guerra ne' cuor de' suoi tiranni; / ma 'n palese nessuna or vi lasciai (If XXVII 39), dove la variante palese di alcuni codici " è leggibile come avverbio " (Petrocchi, ad l.).

Vocabolario
paléṡe
palese paléṡe agg. [der. del lat. palam «apertamente»]. – Manifesto, noto, chiaro: per li vostri paesi Già mai non fui; ma dove si dimora Per tutta Europa ch’ei non sien palesi? (Dante). È voce letter., ma d’uso frequente in alcune espressioni:...
paleṡare
palesare paleṡare v. tr. [der. di palese] (io paléṡo, ecc.). – Rendere palese, far conoscere, quindi in genere manifestare, rivelare, o svelare: p. le proprie intenzioni, i proprî sentimenti, le proprie idee; p. un desiderio, un segreto;...
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