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CORDENONS, Pasquale

di Umberto D'Aquino - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 28 (1983)
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CORDENONS, Pasquale

Umberto D'Aquino

Nacque il 6 sett. 1837 a Santa Maria di Sala (Venezia) da Pietro e Maria de Stales. Laureatosi in scienze matematiche presso l'università di Padova, partecipò, dopo un breve periodo di insegnamento, alla terza guerra di indipendenza, combattendo con i volontari di Garibaldi nel Trentino. Al suo ritorno ebbe una cattedra liceale di matematica dapprima.a Padova, poi a Rovigo ed infine a Vicenza, città nella quale rimase fino al termine della vita.

Spirito inquieto e dotato di notevole fantasia, dopo aver pubblicato vari testi scolastici di matematica e di geometria, si dedicò, a partire dal 1867. interamente al problema del volo.

Stabilito il principio che, in una data località, dovessero esservi, a quote diverse, correnti aeree o venti dotati di diversa direzione, il C. pensò di risolvere il problema della dirigibilità di un'aeronave portando la stessa alla quota in cui fosse presente la corrente avente la direzione voluta. Il controllo della rotta avrebbe dovuto essere effettuato mediante bussola.

Negli scritti pubblicati dal 1867 al 1875 (Il problema della navigazione aerea, Padova 1867; Ilproblema dell'aeronavigazione: soluzione, ibid. 1872; Il problema dell'aeronavigazione, Rovigo 1873; Rivista degli studi di locomozione e nautica nell'aria, ibid. 1875) il C. dichiarò di aver risolto il problema della navigazione aerea.

La sua soluzione prevedeva una aeronave che era composta essenzialmente da un pallone di forma affusolata, appuntito a prua e arrotondato a poppa, riempito di un gas più leggero dell'aria (idrogeno o miscela di idrogeno e ammoniaca); questo pallone, nel piano diametrale orizzontale, era attraversato da due travi cave di legno d'abete, disposte ad angolo retto secondo l'asse longitudinale e quello trasversale. Dai quattro estremi di queste travi pendevano quattro funi che sorreggevano la navicella; a circa metà altezza tra pallone e navicella, e solidale con questa, era disposta un'elica propulsiva, con l'asse inizialmente orizzontale. Di una delle funi di sospensione, quella di prua, si poteva variare la lunghezza mediante verricello: in tal modo, sia la navicella sia l'asse dell'elica si inclinavano rispetto all'orizzonte, cosicché la spinta del propulsore faceva, come richiesto dal C., salire o scendere l'aeronave alla ricerca delle correnti d'aria più favorevoli. A questo progetto di aeronave si interessarono anche il ministero della Guerra e quello della Pubblica Istruzione.

Nel 1875 il C. partecipò a un concorso sulla dirigibilità dei palloni, indetto dall'Istituto lombardo di scienze e lettere.

Il progetto di aeronave, della cubatura di 900 mc, possedeva le seguenti modifiche rispetto a quello precedentemente descritto: elica con asse allineato a quello longitudinale del pallone, motore dell'efica funzionante ad ammoniaca liquefatta invece che ad idrogeno, disposto nella navicella e collegato all'elica da una trasmissione flessibile. La commissione esaminatrice dichiarò il progetto attuabile e gli conferì un premio di incoraggiamento di L. 1.000. Dopo questo primo successo, il C. proseguì i suoi studi; nel 1879 un suo modello di aeronave, esposto a Vicenza, interessò il generale del Genio L. F. Menabrea, e da costui il C. fu mandato a Vienna per perfezionarsi.

Nonostante l'attenzione con cui venivano seguiti i suoi studi, il C. non ebbe che modesti aiuti finanziari, per cui non poté risolvere in modo adeguato il problema del motore, punto debole dell'aeronave. Nel 1880 costruì a Vicenza una piccola aeronave, ma non riuscì a farla volare perché non poré procurarsi il gas necessario al sostentamento. Nelle sue pubblicazioni di quegli anni (Navigazione nell'aria, Milano 1878; Locomozione nell'aria, Vicenza 1880) cominciò a delineare un nuovo tipo di aeronave, frutto delle esperienze passate e dei suggerimenti ricevuti.

Verso il 1884 il C. era così giunto a progettare un pallone con prua ogivale, corpo centrale cilindrico, e poppa a forma di semiellissoide. Una cintura resistente ed elastica avvolgente il pallone nel piano diametrale orizzontale, e fatta di aste di frassino, aveva la funzione di tenere tesa una tela di lino, che avvolgeva a sua volta la metà superiore del pallone e serviva da ancoraggio alle funi, di bronzo fosforoso, che sostenevano la navicella; questa, a forma di paralielepipedo, era provvista, a poppa e a prua, di due appendici appuntite a forma piramidale. Per il cambio di direzione sul piano orizzontale, era previsto un piano di coda formato da una vela triangolare con un lato cucito alla pane inferiore dei pallone. Per la propulsione doveva essere installato un motore elettrico da 2 cav., alimentato da una batteria di pile. Il gruppo motore ad efica doveva essere sospeso tra pallone e navicella, in corrispondenza del centro di pressione dell'aeronave. Per variare, a seconda delle esigenze, il volume dei pallone, era prevista una valvola di scarico del gas. La salita e la discesa dell'aeronave erano ottenute col solito sistema della variazione di lunghezza della fune di prua.

Su questo modello fu chiamato a pronunciarsi, dietro invito del ministero della Guerra, il conte prof. A. Da Schio, direttore dell'osservatorio dell'Accademia Olimpica di Vicenza.

Dopo il parere sostanzialmente positivo di costui, il C. fu chiamato a Roma presso il ministero nell'aprile del 1886, per illustrare ad una commissione il suo progetto. Pur avendo espresso un giudizio lusinghiero, la commissione gli raccomandò di apportare alcune modifiche, ritenute indispensabili per ottenere l'appoggio del governo. Tornato a Vicenza, il C. non poté completare il suo lavoro. Ammalatosi infatti quasi subito di vaiolo, morì nella stessa città il 26 apr. 1886.

Dopo la sua morte, il fratello Federico (nato nel 1845 a Camposampiero) costituì una società con il prof. Da Schio e sviluppò, dopo lunghi anni di prove, il progetto del Cordenons. Questa volta lo spostamento dell'aeronave lungo la rotta prestabilita era oftenuto mediante un motore a gas, senza più andare alla ricerca delle correnti favorevoli. Pur usufruendo dei costante interessamento dell'Istituto lombardo di scienze e lettere, che nel 1895 gli elargì un premio in denaro, Federico nel maggio 1905 abbandonò l'impresa, scoraggiato, dopo numerosi e vani tentativi. Fu allora il prof. Da Schio che portò avanti le prove, avvalendosi della collaborazione della brigata specialisti del Genio, messa finalmente a disposizione dal ministero; il 17 giugno 1905 riuscì ad innalzare nel cielo di Schio la prima acronave italiana, l'"Italia".

Fonti e Bibl.: G. Boffito, L'aeronautica nelle città ital., Vicenza, in Riv. aeronautica, IV (1928), II, pp. 395-405; P. C. precursore dell'aeronave in L'Aviazione, XIV (1931), 682-83, p. 7; A. Lodi, Il periodo pionieristico dell'aeronautica mil. ital., Roma 1961, pp. 43 ss.; G. Boffito, Bibl. aeronaut. ital. ill., Firenze 1929, sub voce;docum. orig. sono stati consultati presso il Museo Caproni di Roma.

Vedi anche
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