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DEBOLI, Pietro

di Alfonso Garuti - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 33 (1987)
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DEBOLI (Degoli), Pietro

Alfonso Garuti

Originario di Carpi (Modena), vissuto nella seconda metà del XVII secolo, se ne ignorano le date di nascita e di morte.

Le uniche notizie sono trasmesse dall'erudito locale Eustachio Cabassi (ms., sec. XVIII); da questa fonte si apprende che fu allievo di Giovanni Gavignani, uno dei più rappresentativi maestri nell'arte della scagliola. Di carattere estroso, ciarlatano e imbonitore della credulità popolare, era soprannominato "sangue e fuoco". Per i suoi trucchi, le presunte pratiche magiche, per il vantarsi di possedere doti di fattucchiere, di stregone e di negromante, per la vita condotta di espedienti e lesti giochi di mano, per l'accattivarsi persone superstiziose mediante discorsi ritenuti non rispondenti all'ortodossia, cadde in sospetto dell'Inquisizione di Carpi, affidata ai Padri minori conventuali nel loro convento di S. Francesco, dove fu internato.

Durante questo forzoso internamento e per superare le difficoltà della segregazione, si dedicò con maggior profitto ed interesse alla propria professione di scagliolista, eseguendo numerosi lavori che, ancora nel sec. XVIII erano conservati nello stesso convento di S. Francesco, mentre altri erano posseduti dalle famiglie Dosi, Brusati e Cabassi.

Dalla descrizione di queste opere trasmessaci da Eustachio Cabassi, si può constatare che il suo modo di esecuzione si era distaccato notevolmente dalla produzione del maestro Gavignani, di cui aveva abbandonato lo stile severo, prettamente seicentesco, improntato a decori di ascendenza classicheggiante e tardorinascimentale, e che risaltava essenzialmente nel tono bianco sulla lucida superficie nera del fondo. Il D., invece, preferì impasti policromi, con esiti chiaroscurali e pittorici più confacenti alla resa dei soggetti trattati, in prevalenza paesaggi.

Eseguiva quadretti da muro, di forma ottagonale, dove con grande perizia e maestria erano rappresentate architetture e prospettive su fondi di giardini e paesaggì, animate da scenette di genere e da battaglie.

Questa scelta ornamentale era, nella metà del sec. XVII, ancora ignota alla produzione degli scagliolisti carpigiani, i lavori dei quali, specie i paliotti d'altare, presentavano una austera suddivisione di ornati essenzialmente geometrici con decorazione a candelabre, racemi e pizzi. L'opera del D. va quindi considerata come innovatrice e anticipatrice delle tematiche ornamentali che prenderanno impulso e affermazione nelle realizzazioni in scagliola del sec. XVIII, quando si ripeteranno con frequenza i generi con vedute paesaggistiche e architetture prospettiche.

In uno dei due quadretti del D. posseduti un tempo dalla famiglia Brusati, in seguito passati verso la seconda metà del sec. XVIII in proprietà di Eustachio Cabassi, ed ora da ritenersi perduti, era raffigurata una Battaglia navale tra Turchi e Cristiani davanti alla fortezza di Malta, scena impressa in minuti e veristici particolari descrittivi.

Liberato dalle carceri dell'Inquisizione, il D. si allontanò o fu costretto ad allontanarsi da Carpi, conducendo una vita errabonda, non dando più notizie e facendo perdere completamente in loco memoria di sé.

Un riscontro, pertanto solamente iconografico con le opere descritte dal Cabassi, aveva fatto attribuire al D. due quadretti ottagonali, provvisti di cornice di scagliola, raffiguranti paesaggi marini, resi con vivaci toni coloristici, che si conservano nel Museo civico di Carpi. Una più attenta lettura delle fonti ha portato però ad attribuire questi lavori allo scagliolista, pure carpigiano, Marco Mazelli, operante agli inizi dei secolo XVIII.

Se dei numerosi lavori che si conservavano nel convento di S. Francesco di Carpi non è rimasta traccia, poiché si dispersero per la soppressione del 1799 durante la Repubblica giacobina, nella chiesa è invece custodito un paliotto in scagliola, già all'altare maggiore, ora in sacrestia, attribuibile alla maniera del Deboli. La sua forma è insolita e si distingue dai prodotti consueti presentando la superficie concava, mentre la decorazione policroma consiste in grandi stelle che delimitano nel centro una medaglia sagomata incorniciata da due gigli, raffigurante una prospettiva di edifici sacri, quasi idealizzanti, nell'ingenua rappresentazione, la chiesa vecchia e il convento di S. Francesco.

Forse questo paliotto che per la bizzarra atipicità si distacca dalla produzione comune, è l'unico lavoro superstite del Deboli e ben si accosta, così isolato dai canoni decorativi tradizionali, allo spirito inquieto dello sfortunato scagliolista.

Fonti e Bibl.: Carpi, Museo civico, Arch. Guaitoli, filza 123, fasc. I: Arti belle; scagliole e scagliolisti, c. 18; Ibid., 237. IV: E. Cabassi, Notizie degli artisti carpigiani con le aggiunte di tutto ciò che ritrovasi in Carpi d'altri artisti dello Stato di Modena [ms. sec. XVIII, copia ottocentesca], pp. 58 s.; Ibid., 246: L. Tornini, Storia di Carpi, serie XI, De' matematici, archit., Pittori scultori, stampatori ed altri artefici più riputati di Carpi [ms. sec. XVIII, copia ottocentesca], p. 330; G. Tiraboschi, Biblioteca modenese, VI,Modena 1786, p. 408; Carpi, Seminario, Arch. Tirelli: A. Sammarini, Notizie ed opere degli artisti, archit., pittori, scultori nati o domiciliati nel territorio di Carpi [ms. sec. XIX], ad vocem; E. Tirelli, Intorno al convento e alla chiesa di S. Francesco, Carpi 1907, p. 14; A. Guaitoli, L'arte della scagliola a Carpi nel XVII e XVIII sec., Carpi 1928, pp. 54 s.; C. Contini, La scagliola carpigiana (catal.), Modena 1967, pp. non num.; R. Cremaschi, L'arte della scagliola carpigiana nei sec. XVII-XVIII e XIX, Mantova 1977, pp. 61 ss., tavv. 53 ss.; A. Garuti, Mostra di opere restaurate dei Museo civico di Carpi, Carpi 1976, p. 141, scheda 82; Id., Le Opere pie raggruppate di Carpi, in Arte e pietà. I patrimoni culturali delle Opere pie (catal.), Bologna 1980, p. 241. scheda 220.

Vedi anche
sacrestia Ambiente annesso alla chiesa, sviluppatosi dal diaconicon (antico luogo dei servitori del tempio, destinato ai diaconi e anche alla conservazione di offerte, alla biblioteca, a deposito di suppellettili ecc.) e dalla contrapposta prothesis (dove venivano preparate e conservate le offerte della mensa ... artista Il termine, che definisce chiunque eserciti un’arte, ricorre nella letteratura artistica, dal 14° al 18° sec., parallelamente a quello di artefice (artifex). La definizione di artefice, di origine più antica, comprende il senso della perizia tecnica del mestiere, altrettanto importante dell’idea nella ... altare Superficie piana, talvolta a livello del suolo, più spesso elevata, su cui si compiono sacrifici (semplici offerte o immolazioni di vittime) alla divinità. È compreso nel numero delle installazioni rituali della maggior parte delle religioni conosciute.  antichità I primi esempi di altare, risalenti ... giardino Terreno, per lo più cinto da muro, steccato o cancellata, coltivato a piante ornamentali e fiorifere, destinato a ricreazione e passeggio. architettura Celebri giardino dell’antichità furono i giardino pensili di Ninive e di Babilonia, e i giardino-paradiso, nei palazzi dei re persiani e dei loro ...
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debole débole (ant. o region. débile) agg. e s. m. [dal lat. debĭlis]. – 1. agg. a. Che manca o è scarso di forza fisica: il malato è ancora d.; mi sento molto d.; un cavallo d., che non regge alla fatica; per antonomasia, spec. in senso...
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pensatore debole loc. s.le m. Filosofo che sostiene la teoria del pensiero debole. ◆ «Alla mamma non avevo mai detto nulla, aveva quasi ottant’anni e quel giorno mia sorella gli ha nascosto Stampa Sera che dava la notizia in terza pagina...
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