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MANGO, Pietro

di Mario Epifani - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 69 (2007)
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MANGO, Pietro

Mario Epifani

Non si conosce la data di nascita di questo pittore operante in Lombardia intorno alla metà del XVII secolo. La sua origine napoletana è comunque attestata fin dal primo documento conosciuto, relativo alla sua attività presso la corte dei Gonzaga a Mantova: nel 1646, "per l'ossequio che professa alla nostra Casa et per l'eccellenza della pittura", la reggente Maria Gonzaga lo ascriveva tra i "servitori e curiali" di suo figlio, il duca Carlo II Gonzaga Nevers (Pinetti, 1924, p. 147). Probabilmente dalla stessa reggente il M. fu chiamato a Mantova, insieme con altri artisti, per decorare gli appartamenti ducali, svuotati dalle vendite del 1627 a Carlo I d'Inghilterra e ulteriormente devastati dal sacco dei lanzichenecchi nel 1630, secondo un progetto di ripristino già intrapreso dal duca Carlo I. Un opuscolo datato al 1646 descrive un dipinto del M. su cuoio dorato, raffigurante l'"Incendio di Roma, fatto da Nerone", destinato alla stanza del Labirinto, opera di cui si conservano pochi frammenti (Agosti, p. 18; Berzaghi, 2003).

Agli anni della reggenza di Maria Gonzaga (1637-47) risalgono verosimilmente anche le tele con Storie di Giuditta nel fregio di una sala adiacente. Citate in un inventario redatto dopo la morte di Carlo II (1665) come opera di "Pietro Menghi", già identificato da D'Arco (p. 185 n. 6) con un fantomatico pittore di Viadana allievo di D. Fetti, le tele furono restituite al M. da Pinetti (1924, p. 148). L'esistenza di un Menghi viadanese fu ribadita da Parazzi, il quale riferiva a questo pittore quattro paliotti d'altari dipinti su corami nell'oratorio di S. Rocco a Sabbioneta, già allora dispersi. L'inventario del 1665 attribuisce al M., oltre alle Storie di Giuditta e ai corami della stanza del Labirinto, diciotto quadri con figure per il fregio della "camera attaccata al poggio" nell'appartamento di Madama.

Nel 1650 il M. aveva stimato numerosi quadri descritti nell'inventario dei beni di Alberto Viani, figlio del pittore cremonese Antonio Maria, e di B. Tasca (Pastore).

Benché risulti licenziato dai Gonzaga nel dicembre 1650 (Berzaghi, 1988, p. 91), nel 1652 il M. fu richiamato a Mantova da Carlo II con una lettera indirizzata al governatore di Sabbioneta (Campori, pp. 109 s.); a Mantova il M. si trovava ancora l'anno seguente, come testimonia un'altra lettera in cui il duca di Sabbioneta, Scipione (I) Gonzaga, gli chiedeva alcune opere per il suo palazzo a Bozzolo (Pinetti, 1924, p. 148).

Si ignora dove e con chi il M. si fosse formato. Non è stata rintracciata alcuna opera del M. a Napoli, né il suo nome è ricordato dalle fonti locali; tuttavia, nei teatrali effetti di luce e di movimento che caratterizzano le tele mantovane - e che si ritrovano anche nei dipinti più tardi - è stato ravvisato l'influsso di pittori attivi a Napoli nel secondo quarto del secolo, quali B. Cavallino e N. De Simone (Noris, p. 115), integrato da quanto il M. poteva aver visto a Mantova, e dunque le opere di P.P. Rubens e di Fetti (Berzaghi, 1989, p. 261). Rilevando nelle Storie di Giuditta un distacco dalla cultura figurativa partenopea, Agosti (p. 24) ha invece evidenziato in esse l'affinità coi modi del pittore lucchese P. Ricchi, attivo a Bergamo fin dal 1641 e ancor prima documentato a Brescia.

Tra il 1655 e il 1656 il M. dipinse opere di soggetto religioso per diverse chiese del Bergamasco. "Partenopeus" nonché "Mantuae ducis pictor" egli si definisce nella firma sulla Circoncisione, eseguita nel 1655 per la basilica di S. Maria Assunta a Gandino (ora nell'annesso museo), probabilmente su commissione della famiglia Giovannelli, il cui stemma è inserito nel dipinto (Noris, p. 115). Nel 1656 risulta provvisoriamente residente a Brescia. Nello stesso anno firmava e datava due tele (Martirio di s. Defendente ed Episodio di battaglia della legione tebea) per la chiesa di S. Defendente a Romano di Lombardia (Pinetti, 1924, p. 146). Pure al 1656 risale la commissione di una tela raffigurante Mosè che fa scaturire l'acqua dalla roccia, collocata nel transetto destro della basilica di S. Maria Maggiore a Bergamo e anch'essa firmata con l'indicazione dell'origine napoletana e della dipendenza dal duca di Mantova (Id., 1916).

Nelle intenzioni dei deputati del Consorzio della Misericordia, la tela doveva essere un saggio per l'eventuale commissione di tredici dipinti a "sguazzo" per le volte del transetto, commissione che il M. non ottenne mai (Haskell).

Un'altra citazione documentaria, sempre del 1656, riguarda il pagamento della caparra per una Madonna del Carmelo destinata alla chiesa di S. Maria Assunta e S. Giacomo a Romano di Lombardia, ritenuta da Noris (p. 116) opera del figlio del M., Silvestro, al quale è intestato il pagamento finale per l'opera, datato 1660.

L'ultima notizia relativa al M. è contenuta in una lettera scritta il 12 ag. 1658 dal marchese Luigi Terzi al Consorzio della Misericordia, in cui si sollecitava il pagamento al pittore Cristoforo Storer, anch'egli impiegato nella decorazione della chiesa bergamasca, accennando al "pittor napoletano, che serve all'Altezza di Mantova" (Noris, p. 116 n. 3).

Del M. non si conoscono il luogo e la data di morte.

A un Silvestro Mango lombardo, da identificare verosimilmente col figlio del M., sono intestati pagamenti per due dipinti con battaglie, copiate da A. Falcone e da G. Courtois (il Borgognone), e tre con paesaggi, eseguiti tra il 1665 e il 1666 per la villa Chigi di Formello (V. Golzio, Documenti artistici sul Seicento nell'Archivio Chigi, Roma 1939, pp. 171 s., 274, 288).

Fonti e Bibl.: C. D'Arco, Delle arti e degli artefici di Mantova, Mantova 1857, pp. 182 s., 185 n. 6; G. Campori, Lettere artistiche inedite, Modena 1866, pp. 109 s., 559; A. Parazzi, Origini e vicende di Viadana e suo distretto, III, Mantova 1894, pp. 217 s.; A. Pinetti, La decorazione pittorica secentesca di S. Maria Maggiore, in Boll. della Civica Biblioteca di Bergamo, X (1916), p. 117; Id., Notizie intorno al pittore napoletano P. M. e ad alcune sue opere, ibid., XVIII (1924), pp. 146-148; G. Pastore, Antonio Maria Viani: l'ancona lignea nella basilica di S. Andrea e le cappelle laterali della cattedrale, in Civiltà mantovana, 1984, n. 5, p. 55; F. Noris, Presenze (esclusi i veneti), in I pittori bergamaschi dal XIII al XIX secolo. Il Seicento, IV, Bergamo 1987, pp. 114-116, 164, 170, 172; R. Berzaghi, Cicli pittorici secenteschi nel palazzo ducale di Mantova, in Paragone, XXXIX (1988), 9-11, pp. 90 s.; C. Tellini Perina, La pittura a Mantova nel Seicento, in La pittura in Italia. Il Seicento, Milano 1989, I, pp. 128 s.; II, pp. 799 s.; R. Berzaghi, in Pittura a Mantova dal romanico al Settecento, a cura di M. Gregori, Milano 1989, pp. 54, 261 s.; G. Agosti, Le nozze di Perseo, Ivrea 1992, pp. 18, 24; F. Haskell, Mecenati e pittori. L'arte e la società italiane nell'età barocca, Torino 2000, pp. 228 s.; R. Berzaghi, Le decorazioni dalla metà del Cinquecento alla caduta dei Gonzaga, in Il palazzo ducale di Mantova, a cura di G. Algeri, Mantova 2003, p. 258; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXIV, p. 389 (s.v. Menghi, Pietro).

Vedi anche
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mango
mango s. m. [dall’ingl. mango, che è dal port. manga, a sua volta proveniente dal tamil mān-kāy, mān-gāy] (pl. -ghi). – Albero indomalese della famiglia anacardiacee (Mangifera indica), coltivato nei tropici per il frutto a drupa (detto...
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mangiare2 mangiare2 v. tr. [dal fr. ant. mangier, che è il lat. manducare «mangiare»] (io màngio, ecc.). – 1. Ingerire, immettere nell’organismo alimenti solidi e semisolidi (per i liquidi si usa il verbo bere); è riferito soprattutto all’uomo...
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