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POLITONALITÀ

di Giulio Cesare Paribeni - Enciclopedia Italiana (1935)
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POLITONALITÀ

Giulio Cesare Paribeni

. Procedimento armonico e polifonico, per il quale le caratteristiche armoniche e melodiche di tonalità diverse si trovano insieme commiste e sovrapposte. La tecnica politonale appartiene alle più recenti, anzi contemporanee, fasi stilistiche della musica, ma le propaggini di una sensibilità armonica assai affine ad essa risalgono a parecchi secoli addietro.

Anzitutto è bene avvertire che la politonalità, anziché dare indizio di un affievolimento del senso tonale, può significare una esaltazione di esso, in quanto presuppone la capacità di concepire e di percepire distintamente la natura e il carattere di ogni singola linea, anche attraverso l'eterogeneità del complesso armonico dominante dalla sovrapposizione delle linee stesse.

La tecnica politonale appare quindi in antitesi perfetta con un altro procedimento modernissimo, cioè quello dell'atonalità, fondato sull'uso dell'unica scala di dodici semitoni e avente come esponente armonico il dodecacordo, in aggruppamenti parziali o nella sua immobile totalità.

Chiaro esempio di uso politonale, risalente a oltre un millennio, è il cosiddetto organum di Ucbald di Saint-Amand a quinte parallele, in cui la vox organalis eseguiva la stessa melodia del tenor, e contemporaneamente a questo, nella precisa tonalità della dominante:

La cadenza in uso presso i musicisti dell'Ars Antiqua (sec. XIII), mantenutasi anche presso quelli dell'Ars Nova, con due sensibili, una per la tonica, e una per la sua quinta, è anch'essa prettamente politonale:

Frequenti sono nei maestri del sec. XVIII certe sovrapposizioni che, pur spiegandosi con la pratica delle appoggiature, ammettono la passeggera coesistenza di due tonalità, come nel seguente esempio tratto da una sonata di B. Galuppi:

È frequentissimo in J. S. Bach l'uso promiscuo, e spesso simultaneo, delle due forme del sesto grado della scala minore, quello alterato della gamma ascendente e quello naturale della discendente.

Ma prescindendo da questi accenni di senso politonale in un passato più o meno remoto, il secolo di una cosciente applicazione della politonalità è il sec. XX. Tale tecnica ha due aspetti principali: quello armonico e quello contrappuntistico.

La politonalità armonica ha come stadî preparatorî la bimodalità e i toni misti. Il senso bimodale è insito naturalmente, sia nei maggiori aggruppamenti fonici (accordi di sei e di sette suoni) sia nelle armonizzazioni, adattate a talune scale antiche, che partecipano anche melodicamente di un senso plurimodale.

Quanto alle commistioni tonali, esse trovano invece la loro prima sede nella scala melodica minore, in cui si percepiscono come coesistenti la tonalità maggiore della dominante e quella minore della tonica. Tali commistioni passano dallo stato potenziale a quello in atto negli accordi di nona della tonica, di undicesima e tredicesima della dominante.

La politonalità armonica vera e propria è stata adoperata da Claude Debussy, da O. Respighi e dai maggiori compositori del secolo XX con sapiente dosatura; ma i più convinti campioni di essa debbono ritenersi I. Stravinskij, B. Bartók, A. Casella, del quale trascriviamo l'esempio:

La politonalità contrappuntistica ha, beninteso, un risultato armonico, ma la causa che ne spiega i procedimenti è la sovrapposizione di temi che appartengono a diverse tonalità; e però essa apparisce più logica dell'altra.

È di data più antica; R. Wagner vi ha fondato alcuni dei suoi effetti più impressionanti. Basti ricordare nel Preludio dei Maestri cantori il ritorno del tema iniziale (Tromba e Tromboni) in do maggiore, mentre i disegni dei Violini, Flauti, Oboi, Clarinetti e le armonie dei Corni e Fagotti, risuonano sulla settima di dominante di sol maggiore. In tempi più recenti hanno praticato la polifonia pluritonale R. Strauss e altri compositori, a cui è familiare una ricca scrittura contrappuntistica. Reeentemente in Francia si è fatto paladino del disegno politonale Darius Milhaud.

Rispetto alla comune sensibilità musicale, la politonalità assunta a sistema è tuttora sotto giudizio. Con ogni probabilità essa è destinata a rimanere come un procedimento d'eccezione, vantaggioso soltanto se affidato alla sobrietà di artisti geniali.

Vedi anche
Darius Milhaud Milhaud ‹mii̯ó›, Darius. - Musicista (Aix-en-Provence 1892 - Ginevra 1974). Studiò al conservatorio di Parigi con A. Gédalge, Ch. Widor e V. d'Indy. Intorno al 1920 cominciò ad affermare le proprie possibilità musicali e si strinse con altri cinque compositori nel cosiddetto Gruppo dei sei. Fecondissimo ... tonalità tonalità Nella musica colta occidentale, l’insieme di relazioni gerarchiche che intercorrono tra le varie note, ovvero l’attrazione e la gravitazione di tutti i gradi della scala verso un solo suono, la tonica. Durante il 17° e 18° sec. la tonalita si sviluppò in un sistema di funzioni, basato su tre ... Lou Harrison Musicista statunitense (Portland, Oregon, 1917 - Lafayette, Indiana, 2003). Allievo di H. Cowell e di A. Schönberg, compose opere teatrali, balletti, lavori strumentali (con largo uso delle percussioni), liriche per canto con pianoforte e con orchestra, in un linguaggio oscillante fra la politonalità, ... dodecafonia Sistema di composizione musicale, inventato a Vienna da A. Schönberg nei primi anni del 20° secolo. Nella dodecafonia i dodici suoni della scala cromatica temperata sono posti in relazione uno con l’altro senza che i loro rapporti siano in alcun modo riferibili a una nota fondamentale (come invece avviene ...
Vocabolario
politonalità
politonalita politonalità s. f. [der. di politonale]. – 1. In musica, l’impiego simultaneo di due o più tonalità diverse in una stessa composizione. 2. In senso fig., coesistenza di più livelli di tono e di stile in un’opera letteraria...
politonale
politonale agg. [comp. di poli- e tono1]. – 1. Di composizione musicale in cui sono impiegate simultaneamente due o più tonalità diverse: musica p., e per estens. tecnica politonale. 2. In linguistica, lingue p., quelle caratterizzate da...
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