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radere

Enciclopedia Dantesca (1970)
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radere [cong. pres. II singol. rade, in rima]


Nel senso proprio di " togliere, eliminare sfiorando o raschiando ", nelle parole di frate Alberigo che cerca di accattivarsi la benevolenza di D.: E perché tu più volontier mi rade / le 'nvetriate lagrime dal volto, / sappie che... (If XXXIII 127).

Due volte, nel Purgatorio, il verbo indica il gesto dell'angelo che con un colpo d'ala cancella le P impresse sulla fronte di D.: Quando i P che son rimasi / ancor nel volto tuo... / saranno, com'è l'un, del tutto rasi, ecc. (XII 123; così anche XXII 3). In senso figurato è detto di Virgilio, che dopo la contesa con i demoni alle porte di Dite si presenta con li occhi a la terra e le ciglia... rase / d'ogne baldanza, " idest faciem privatam omni alacritate " (Benvenuto, a If VIII 118).

In un'altra occorrenza, mancando l'idea del ‛ togliere ', il verbo vale in definitiva " sfiorare ": la scala che conduce alla seconda cornice del Purgatorio è talmente stretta, che quinci e quindi l'alta pietra rade, " chi sale la rasenta; e dinota che la via della virtù è strecta " (Landino, a Pg XII 108).

Vocabolario
ràdere
radere ràdere v. tr. [lat. radĕre] (pass. rem. rasi, radésti, ecc.; part. pass. raso). – 1. Tagliare via il pelo col rasoio: r. i baffi, la barba, i capelli (più fam. fare la barba, i capelli), i peli superflui; r. le gote, il mento, la...
radiménto
radimento radiménto s. m. [der. di radere], non com. – L’atto o l’effetto del radere, nel sign. di raschiare, cancellare.
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