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Saffira

di Angelo Penna - Enciclopedia Dantesca (1970)
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Saffira

Angelo Penna

Moglie di Anania. I due, convertitisi al cristianesimo, si uniformarono all'usanza - frequente negl'inizi della Chiesa - di vendere i propri beni, depositandone il prezzo nella cassa comune (Act. Ap. 2, 45; 4, 34 ss.); ma per avarizia trattennero una parte del denaro.

La frode provoca una reazione imprevista da parte di s. Pietro: apostrofando Anania, ricordò che la vendita dei beni e la consegna del loro valore erano facoltative, mentre non era assolutamente lecito defraudare e mentire. Anania muore all'improvviso. Alla moglie, ancora ignara dell'accaduto, Pietro rivolge la medesima domanda sul prezzo dei beni venduti, ottenendo l'identica risposta bugiarda. Muore anche Saffira (Act. Ap. 5, 1-10).

D. fa ricordare l'episodio da Ugo Capeto fra gli esempi di avarizia: Indi accusiam col marito Saffira (Pg XX 112), ponendo sullo stesso livello l'azione di S. con quella di Acan (los. 7, 1 ss.) e di Eliodoro (II Machab. 3, 7-40), e non enunziando nessun giudizio sull'iniziativa dei primi cristiani, talvolta tendenziosamente segnalata come attuazione di un principio comunista. Il racconto degli Actus Apostolorum è quanto mai esplicito nel rilevare la libertà di ciascun individuo di uniformarsi o no alla prassi, che fu presto abbandonata forse a causa dei suoi effetti negativi.

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