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vigilia

di Alessandro Niccoli - Enciclopedia Dantesca (1970)
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vigilia

Alessandro Niccoli

È voce letteraria, presente solo nella Commedia con il significato fondamentale di " veglia " (parola, questa, che in D. non ricorre mai), " esser desti ".

L'esempio di uso più proprio si ha in una similitudine suggerita dall'osservazione che chi dorme, se è destato all'improvviso da un raggio di luce, solo a fatica si rende conto della realtà circostante, a tal punto è inconsapevole di questo " risveglio " repentino: Pd XXVI 74 come a lume acuto si disonna / ... e lo svegliato ciò che vede aborre, / sì nescïa è la sùbita vigilia (e si noti come, in questo esempio, il vocabolo più che lo stato di veglia sembra indicare l'atto del destarsi).

Un uso consimile si ha nell'ammonimento rivolto da Virgilio a D.: Pg XV 138 così frugar conviensi i pigri, lenti / ad usar lor vigilia quando riede, è necessario stimolare i pigri a far uso delle loro facoltà quando ritornano " allo stato di veglia ". Poiché D. si è appena ripreso dalla visione estatica da cui è stato colto nella cornice degl'irosi, in v. è implicito anche il senso di un ritorno alla coscienza, quale che sia la ragione per cui, momentaneamente, questa è rimasta offuscata.

In senso più limitato, indica la " veglia ", la notte trascorsa senza dormire per dedicarsi agli studi: Pg XXIX 38 O sacrosante Vergini, se fami, / freddi o vigilie mai per voi soffersi (è stato osservato che uno spunto per questa invocazione alle Muse può essere stato offerto da Paolo II Cor. 11, 27 " in labore et aerumna, in vigiliis multis, in fame et siti ").

Anche nella lingua del tempo il vocabolo può indicare il giorno che precede una solennità religiosa o, più genericamente, il periodo di tempo immediatamente antecedente un fatto determinato; di quest'uso, poi divenuto comune, si hanno esempi nell'Ottimo (a If V 69: " Oh quante vigilie vanno innanzi a questa poca festa! ") e in Boccaccio Dec. II 10 43 " senza mai guardar festa o vigilia... lavorarono ". A quest'uso si collega l'accezione con la quale v. compare nell'orazione rivolta da Ulisse ai suoi compagni: If XXVI 114 a questa tanto picciola vigilia / d'i nostri sensi ch'è del rimanente / non vogliate negar l'esperïenza / ... del mondo sanza gente: a questa così breve vigilia, che ancora vi resta, della vita sensibile. Il residuo periodo di vita è, per Ulisse e per i suoi compagni, " vigilia " della morte; ma, per un " preciso calcolo concettuale " (Mattalia), poiché solo vegliando l'uomo è in attività, nel vocabolo, posto com'è in stretta correlazione con sensi, è anche implicita l'idea di quella vita sensoriale che è fondamento dell'operosità intellettuale.

Vocabolario
vigìlia
vigilia vigìlia s. f. [dal lat. vigilia, propr. «il fatto di vegliare, vigilanza» e quindi «veglia», der. di vigil -ĭlis «vigile»]. – 1. a. letter. Veglia, notte trascorsa senza dormire, per studio, per dovere, per devozione, per malattia...
vigilïare
vigiliare vigilïare agg. [der. di vigilia]. – Della vigilia, nel senso liturgico: riti v.; messa vigiliare.
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