• Istituto
    • Chi Siamo
    • La nostra storia
  • Magazine
    • Agenda
    • Atlante
    • Il Faro
    • Il Chiasmo
    • Diritto
    • Il Tascabile
    • Le Parole Valgono
    • Lingua italiana
    • WebTv
  • Catalogo
    • Le Opere
    • Bottega Treccani
    • Gli Ebook
    • Le Nostre Sedi
  • Scuola e Formazione
    • Portale Treccani Scuola
    • Formazione Digitale
    • Formazione Master
    • Scuola del Tascabile
  • Libri
    • Vai al portale
  • Arte
    • Vai al portale
  • Treccani Cultura
    • Chi Siamo
    • Come Aderire
    • Progetti
    • Iniziative Cultura
    • Eventi Sala Igea
  • ACQUISTA SU EMPORIUM
    • Arte
    • Cartoleria
    • Design & Alto Artigianato
    • Editoria
    • Idee
    • Marchi e Selezioni
  • Accedi
    • Modifica Profilo
    • Treccani X

TIZZANI, Vincenzo

di Giuseppe M. Croce - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 95 (2019)
  • Condividi

TIZZANI, Vincenzo

Giuseppe M. Croce

– Nacque a Roma il 27 giugno 1809, secondo figlio di Paolo, artigiano pastaio, e di Teresa Bedoni, e fu battezzato il giorno dopo nella chiesa di S. Luigi de’ Francesi.

Rimasto orfano del padre quando aveva poco più di tre anni, Tizzani venne accolto con la madre e i fratelli dal nonno materno Giovanni Battista Bedoni, ciabattino in Campo de’ Fiori e poi dallo zio don Carlo, fratello della vedova, beneficiato del capitolo di S. Giovanni in Laterano e segretario dell’Elemosineria apostolica. Compì la prima parte degli studi nel Collegio romano e poi nel seminario romano a S. Apollinare. Dalle aule di S. Apollinare il giovane passò, intorno al 1829, in quelle della Sapienza per frequentarvi i corsi del collegio teologico, facoltà in cui fu discepolo di Paolo Del Signore, canonico regolare lateranense, titolare della cattedra di storia ecclesiastica. Gli anni trascorsi in Sapienza non mancarono di difficoltà per lo studente a motivo delle turbolenze politiche che, iniziate nell’estate del 1830, indussero le autorità a chiudere tutti gli atenei dello Stato pontificio. Nel 1832 finì comunque per ottenere a pieni voti la laurea in sacra teologia (V. Tizzani, Effemeridi romane, a cura di G.M. Croce, I, 1828-1860, Roma 2015, pp. XL-XLI).

Sempre nel 1832 Tizzani decideva di entrare tra i canonici regolari lateranensi a S. Pietro in Vincoli, dove vestì l’abito 1’8 settembre di quell’anno. Dopo il noviziato fu ammesso alla professione dei voti l’8 settembre 1833, ricevendo quindi gli ordini minori (15 settembre) dall’abate Del Signore, e il suddiaconato (21 dicembre). L’anno seguente arrivò l’ordinazione diaconale (22 febbraio 1834) e quella sacerdotale (15 marzo) nella basilica di S. Giovanni in Laterano (ibid., p. LII). Completata così la propria formazione, si apriva per il giovane canonico una duplice carriera, quella di religioso, culminata nella benedizione abbaziale, e quella di docente e di studioso, coronata dalla cattedra di storia ecclesiastica già appartenuta al suo confratello e maestro Del Signore. La prima lo vide impegnato nelle cariche di segretario generale della sua congregazione (1835), quindi di più stretto collaboratore dell’abate Vincenzo Garofali, allora procuratore generale. Nominato nel dicembre del 1837 viceprocuratore (N. Widloecher, Vincenzo Garofali (1760-1839), canonico regolare lateranense arcivescovo tit. di Laodicea, Roma 1939, p. 159), Tizzani si occupò ancora di più degli interessi della sua piccola famiglia religiosa, in particolare delle canoniche situate nel Regno delle Due Sicilie. A tal scopo soggiornò a Napoli durante il 1838 tentando una riforma della vita di quei canonici regolari. In quell’occasione sostituì per qualche tempo l’uditore della locale nunziatura apostolica allora retta da monsignore Fabio Maria Asquini, poi cardinale. In quel breve periodo conobbe anche Maria Isabella, seconda moglie di Francesco I e madre di Cristina, regina di Spagna. Nel 1841 il capitolo generale della congregazione lateranense promosse Tizzani alla dignità di abate di S. Agnese fuori le mura e di procuratore generale (Effemeridi romane, cit., p. LXXI).

In parallelo con la carriera religiosa il giovane canonico coltivò la sua passione per lo studio, dando prova di una notevole varietà di interessi e pubblicando vari scritti. Entrò poi a far parte di diverse accademie, a cominciare dall’Arcadia e dalla Tiberina. La strada della carriera universitaria gli era stata intanto spianata da Del Signore che supplì nel 1836 e del quale ereditò la cattedra nello stesso anno, vincendo brillantemente il concorso ed entrando così a far parte dei membri del collegio teologico (ibid., pp. LIV-LV). In tale veste Tizzani si dedicò con impegno all’insegnamento, ma anche alla pubblicazione di un’opera manoscritta del suo predecessore, le Institutiones historiae ecclesiasticae che sarà data alle stampe, in quattro volumi, tra il 1837 e il 1846 (ibid., pp. LVI-LVII, CXXIX). A questo lavoro si affiancò l’edizione di un’antologia di testi, intitolata Thesaurus historiae ecclesiasticae, di cui uscirono sette volumi (1838-1842), ma che restò incompleta (ibid., pp. LVIII-LX).

Intanto, in quegli anni, precisamente dal 1838, era nata una cordiale amicizia con Giuseppe Gioachino Belli, durata fino alla scomparsa del grande poeta nel dicembre del 1863. Belli aveva perduto la moglie Mariuccia durante l’epidemia di colera del 1837, nel corso della quale Tizzani si era prodigato in soccorso delle vittime, guadagnandosi la simpatia e l’ammirazione del rione Monti. L’amistà tra il canonico e il poeta, entrambi orfani di padre in tenera età e provati dalle ristrettezze economiche, venne nutrita dalle sofferenze subite e da tante affinità spirituali e intellettuali. Dal 1838 Belli sarebbe stato spesso ospite nella canonica dell’Esquilino e di Tizzani che lo introdusse nel piccolo mondo del suo istituto religioso e ne chiese la collaborazione per l’allestimento tipografico delle sue opere erudite. Il canonico fu anche all’origine della prima edizione delle poesie italiane di Belli, impressa da Salviucci nel 1839, e più tardi si occupò della stampa della versione italiana degli inni del Breviario romano, facendo in modo che il poeta ricevesse integralmente i proventi dell’opera. E, in occasione della perdita dell’amatissima nuora Cristina (1859), Tizzani fu affettuosamente vicino all’amico così duramente provato. Una lunga tradizione, ben fondata ma che andrebbe ulteriormente documentata, attribuisce a Tizzani, depositario dei Sonetti romaneschi, il merito di averli tramandati ai posteri contro la volontà del suo autore. Più sicuro, ma più controverso dal punto di vista letterario, è il ruolo del religioso nella celebre edizione Salviucci dei Sonetti, nella quale non mancarono cospicui interventi di censura, difficilmente evitabili, del resto, al tempo della comparsa dell’opera, tra il 1865 e il 1866 (ibid., pp. XC-CIII).

Nel 1842, un anno dopo la nomina ad abate titolare di S. Agnese e procuratore generale, Tizzani partì per l’abbazia di Novacella (Neustift), vicino Bressanone, in occasione del settimo centenario della fondazione di quella casa, centro fiorente di arte e di cultura. Conclusesi le celebrazioni proseguì poi per Milano e Torino, dove incontrò Silvio Pellico e la sua ospite, la marchesa Giulia di Barolo, nata Colbert, ed ebbe vari colloqui con Clemente Solaro della Margarita e l’abate Ottavio Moreno, regio economo dei benefici vacanti, nel tentativo infruttuoso di ottenere dei sussidi per i canonici regolari di S. Maria Coronata di Genova. Dopo una rapida visita ai propri confratelli del Gran San Bernardo, Tizzani fece ritorno a Roma. Di questo viaggio, ricco di esperienze e osservazioni, volle poi pubblicare il racconto, tradotto in tedesco con il titolo Reise nach Neustift.

Con il ritorno nell’Urbe, dove riprese con alacrità l’insegnamento, la stesura dei suoi lavori di storia ecclesiastica, l’attività di consultore della sacra congregazione dell’Indice, l’assistenza pastorale a vari monasteri femminili e le diverse incombenze amministrative, si apriva per l’abate di S. Agnese l’ultimo periodo della sua carriera canonicale. Esso fu però turbato da vari incidenti con gli altri religiosi, in particolare con Antonio Valle, abate di S. Pietro in Vincoli, che portarono a una crescente e reciproca disaffezione, e a un clima di gelosia e di sospetto nei confronti di Tizzani. A risolvere la spiacevole situazione giungerà nel marzo del 1845 la nomina dell’abate a vescovo di Terni. Consacrato l’8 aprile seguente dal segretario di Stato di Gregorio XVI, cardinale Luigi Lambruschini, suo protettore, il presule fece poco dopo l’ingresso in diocesi tra l’entusiasmo dei fedeli. Dopo un periodo alquanto felice, dedicato a varie attività pastorali, ma anche sociali e civili (al vescovo si deve, fra l’altro, la fondazione della locale Cassa di Risparmio), si aprì per Tizzani una fase di gravi difficoltà, causata dal deterioramento dei suoi rapporti con le élites ternane responsabili della cattiva amministrazione dell’ospedale cittadino e in genere del denaro pubblico, nonché con una parte del clero diocesano, mentre andava avanti una grave vertenza di ordine economico con i canonici lateranensi che si trascinò per vari anni. Il 5 gennaio 1847 l’intervento del vescovo per calmare la popolazione, tra cui molti operai della locale ferriera, che protestavano per il rincaro dei grani e la pessima amministrazione comunale, gli provocò l’aperta ostilità della magistratura ternana e di un certo numero di ecclesiastici legati ai poteri cittadini. Tizzani, scoraggiato, finì per abbandonare la diocesi, partendo per Roma – in compagnia di Belli, testimone accorato ma impotente di tutta la vicenda – nel giugno del 1847, mentre fervevano i preparativi per celebrare il primo anniversario della coronazione di Pio IX (Effemeridi romane, cit., pp. CXXXVI-CLV). Il papa lo ricevette in udienza il 19 giugno, ma non accettò la sua rinunzia al vescovado di Terni che Tizzani però mantenne di fronte alle sollecitazioni del celebre padre Ventura, allora in pieno favore presso Pio IX, e del capopopolo Angelo Brunetti, detto Ciceruacchio, entrambi protagonisti dell’imminente Repubblica Romana. Per più di un anno il destino del vescovo rimase incerto. Finalmente nel novembre del 1848, alla vigilia dell’assassinio di Pellegrino Rossi e della fuga del papa da Roma, la rinunzia alla diocesi venne accolta. Il 10 dicembre seguente Tizzani prendeva possesso del suo nuovo ufficio ecclesiastico, un canonicato di S. Giovanni in Laterano che avrebbe conservato fino alla morte.

Durante il periodo della Repubblica Romana il vescovo dimissionario visse piuttosto ritirato ma non senza osservare le vicende che si svolgevano nella capitale che narrerà in seguito in un’inedita biografia di Pio IX, scritta su richiesta di Leone XIII. In questo scritto Tizzani si mostrerà assai critico verso la politica «imprudente» di papa Mastai e dei suoi principali consiglieri e collaboratori, a cominciare dal cardinale Giacomo Antonelli. Nel corso del 1849 il presule si trasferì ad Arpino occupando i mesi di questo soggiorno forzato con il ministero pastorale e con la composizione di un poemetto in otto canti, di ben scarso valore poetico ma significativo della sua profonda avversione per Giuseppe Mazzini e gli altri esponenti della Repubblica Romana. Da Arpino si recò a Gaeta, dove visitò Antonelli, il papa e il re Ferdinando II. Nei suoi ricordi indugerà poi, in modo particolare, sulla liquidazione del filosofo roveretano Antonio Rosmini, del quale fu sempre convinto ammiratore e difensore, a opera di Antonelli e della Compagnia di Gesù (ibid., pp. CLXIX-CLXXVI).

Dopo il suo definitivo ritorno nell’Urbe, Pio IX desideroso di provvedere alla «direzione spirituale della truppa», nominò il 17 luglio 1850 un «Cappellano Maggiore», affidando l’incarico a Tizzani, il quale si diede a organizzare con zelo l’assistenza religiosa dei vari corpi armati dello Stato pontificio, costituendo un corpo di cappellani retribuiti dal ministero delle Armi. Durante gli anni di tale ministero il prelato si occupò anche, per desiderio di Pio IX, di vari luoghi di pena dello Stato e, tra l’altro, dei detenuti politici di S. Michele a Ripa e del carcere di Paliano. Fu forse in relazione a questi interventi che la mano di ignoti fece esplodere la sera dell’11 luglio 1851 un ordigno sotto l’abitazione del cappellano maggiore in via Sforza. Tra il 1859 e il 1860, nel contesto delle vicende militari e politiche dello Stato pontificio, Tizzani fu particolarmente attivo cercando pure di svolgere un ruolo diplomatico, proponendo a Pio IX di intervenire come mediatore tra Parigi e Vienna ed elaborando improbabili progetti di crociata in difesa del potere temporale. Un viaggio al santuario campano di Montevergine nel 1859 servì poi di copertura alla missione di arruolare nell’esercito del papa qualche migliaio di svizzeri congedati da Francesco II dopo un ammutinamento duramente represso (ibid., pp. CC-CCI).

Oltre ai suoi compiti di ordinario militare e di canonico, Tizzani non trascurò di dedicarsi, in quegli anni, ad altre attività pastorali e intellettuali. Tra le prime un posto speciale lo ebbero varie comunità religiose femminili, come le cappuccine di S. Urbano e le agostiniane dei Ss. Quattro Coronati. Tra le seconde, a parte l’insegnamento di storia ecclesiastica alla Sapienza, va ricordata l’opera di consultore dell’Indice, per il quale il prelato scrisse numerosi voti, pronunciandosi su opere letterarie, storiche e filosofiche. La sua severità censoria, che non risparmiò autori come Leopardi, Balzac, Georges Sand, Carlo Botta, non arrivò comunque, come vollero i suoi detrattori, a pretendere la messa all’Indice della Commedia di Dante. Tizzani difese invece apertamente l’ortodossia del pensiero di Gérard Casimir Ubaghs, professore a Lovanio, e, soprattutto, di Antonio Rosmini che aveva brevemente incontrato nel 1839. Un ampio ed elaborato Parere sopra alcune critiche fatte nelle opere di Antonio Rosmini, redatto nel 1852, contribuirà efficacemente alla sentenza di «dimissione», liberatoria nei confronti del filosofo di Rovereto, anche se non impedirà in seguito il riaccendersi delle polemiche (Effemeridi romane, cit., pp. CCXXXIII-CCXXXVI). Il cappellano maggiore prese anche parte a due commissioni dottrinali volute da Pio IX, quella per la definizione del dogma dell’Immacolata Concezione, e l’altra per l’elaborazione di una progettata condanna degli «errori moderni», della quale Tizzani fu segretario sotto la presidenza di Vincenzo Santucci. Il progetto di bolla elaborato da questa commissione non avrà tuttavia seguito, avendo Pio IX istituito un altro gruppo di lavoro guidato da Prospero Caterini; a esso si dovrà la preparazione della Quanta cura e del celebre Sillabo (1864), documenti severamente criticati da Tizzani (ibid., pp. CCXLIV-CCLV). Meno rilevanti furono altre questioni affidate al prelato, come la riforma del Breviarium Romanum o la visita apostolica dei ministri degli Infermi. Non va infine dimenticata, anche se di modesto valore, l’opera erudita di Tizzani, membro della «Commissione di Archeologia Sagra» e della Pontificia accademia di archeologia, che in quel periodo diede alle stampe vari lavori, tra i quali un’ampia opera, in francese, sui Conciles généraux (ibid., pp. CCLXIII-CCLXXX).

Nel maggio del 1864 il prelato poté realizzare un vecchio sogno, quello di compiere un lungo viaggio in Europa. Imbarcatosi a Civitavecchia per Marsiglia dove assisté all’inaugurazione del santuario di Notre-Dame-de-la-Garde, Tizzani visitò anche Lione e Parigi, ammirandone i monumenti, compresi i cabinets della Scuola di medicina, passando poi in Belgio. Fatto ritorno nella capitale francese, incontrò alle Tuileries l’imperatore Napoleone III, e riprese quindi il viaggio alla volta dell’Italia e di Roma, passando in Belgio, Germania, Svizzera, Lione e Marsiglia, e giungendo a Roma il 6 luglio (ibid., pp. CCLXXX-CCLXXXIX). Tra la fine dell’estate del 1864 e la primavera dell’anno successivo arrivava però al suo fatale esito una grave patologia oculare che lo rese completamente cieco per il resto dei suoi giorni, pur senza impedirgli, grazie al sostegno di familiari e collaboratori, di continuare le proprie attività, in quel crepuscolo dello Stato pontificio. Si impegnò così per l’assistenza alle truppe pontificie ma fu anche presente tra i feriti e i prigionieri di Mentana, attirandosi la simpatia di costoro, grazie al suo tratto e alla sua discrezione (P.V. Ferrari, Villa Glori. Ricordi ed aneddoti dell’autunno 1867, Roma 1964, pp. 144 s.). Nel 1868 Tizzani venne nominato consultore della commissione o congregazione direttrice per preparare il Concilio Vaticano I e scrisse due voti, uno sulla partecipazione dei vescovi non cattolici, l’altro relativo alle speciali orazioni da farsi nella Chiesa prima della sua apertura.

Durante lo svolgimento del Concilio – e Tizzani afferma di averne suggerita la convocazione al pontefice nel corso di uno dei tanti incontri che ebbero – il prelato fu straordinariamente presente e attivo, malgrado la pesante infermità che lo aveva colpito, e ne tenne una cronaca minuziosa e fedele grazie alle tante relazioni sia con la Curia sia con gli esponenti dell’episcopato italiano ed estero, tanto della maggioranza favorevole al dogma dell’infallibilità pontificia, quanto della minoranza che vi si opponeva, in particolare i francesi Félix Dupanloup, Henri Maret e Georges Darboy, e il croato Josip Juraj Strossmayer. I suoi interventi in aula furono soltanto due, il 28 dicembre 1869, a proposito dello schema De doctrina catholica contra multiplices errores ex rationalismo derivantes, con una critica moderata ma puntuale che destò l’interesse dell’assemblea e gli fruttò il consenso e la simpatia di numerosi vescovi, e il 18 marzo 1870, per esprimere un parere positivo sulla seconda stesura dello schema de Fide. Tizzani fece anche circolare discretamente fra i padri conciliari una sua «formola» intesa a conciliare le due correnti circa la questione dell’infallibilità, ma che non avrebbbe avuto particolare successo. Assente dalla sessione del 18 luglio, quando venne proclamato il nuovo dogma, al quale aveva comunque aderito con una lettera al sottosegretario del Concilio Ludovico Jacobini, Tizzani fu da allora guardato con un certo sospetto in Vaticano che non era all’oscuro delle sue intenzioni di scrivere, in maniera indipendente, la storia dell’evento conciliare (Effemeridi romane, cit., pp. CCXCVIII-CCCIII).

Il cambiamento di regime politico, dopo il 20 settembre 1870, venne vissuto con relativa serenità da Tizzani, che pure si era prodigato nell’estrema difesa della sovranità pontificia, confortando anche il papa dopo la breccia di porta Pia (Croce, 1987, pp. 348 s.). Il prelato dovette però rinunziare, con grande rammarico, alla cattedra di storia ecclesiastica alla Sapienza in seguito alle polemiche relative agli «indirizzi» pro e contro il teologo tedesco Ignaz Döllinger e al giuramento di fedeltà al re d’Italia da parte del corpo docente (Effemeridi romane, cit., pp. CCCIII-CCCXIV). Nel 1872 il presule acquistò una casa, in via Sforza, dove sistemò la propria ricca biblioteca e l’archivio, continuando a studiare e a scrivere, con l’aiuto di vari collaboratori. Oltre la quotidiana dettatura di un ampio diario, le Effemeridi romane, iniziato nel 1828, si occupò della stesura delle Memorie storiche del Concilio Vaticano, completate prima della morte di Pio IX che, al corrente dell’iniziativa non in linea con la storia ufficiale di Eugenio Cecconi, gli aveva manifestato il suo malumore. Il presule declinò comunque l’invito da parte del nuovo rettore dell’Università di Roma, Clito Carlucci, per conto del governo, a pubblicare l’opera. Pur vivendo abbastanza appartato, anche a motivo della completa cecità, Tizzani seppe coltivare vecchie e nuove relazioni sulle due sponde del Tevere, nell’alta e bassa Corte pontificia come negli ambienti della «nuova» Roma. Le Effemeridi registrano quindi contatti con varie personalità del Sacro Collegio come i cardinali Capalti, Bilio, De Silvestri, Hohenlohe e Bonaparte, senza contare i vari presuli conosciuti nel periodo conciliare, da Maret a Strossmayer. Ma nella sua casa non si presentarono solo uomini di Chiesa o personaggi della società «papalina», ma anche figure come Carlo Bon Compagni, già ministro della Pubblica Istruzione del Regno di Sardegna, Quintino Sella con la consorte, Marco Minghetti, Giuseppe Saracco, padrino di cresima del figlio di Agostino Depretis che ricevette il sacramento nella cappella domestica del prelato, Franz Liszt, la principessa Carolina de Sayn-Wittgenstein, Antonio Stoppani, Ferdinand Gregorovius (ibid., p. CCCXXVI).

Con la scomparsa di Pio IX e l’elezione di Leone XIII (1878), le occupazioni dell’ex cappellano maggiore non mutarono, fra studi, partecipazione alle riunioni della Commissione di archeologia sacra, assistenza a comunità religiose femminili, alcuni brevi viaggi a Loreto, Tivoli, Bolsena e Terni, e la frequenza del coro di S. Giovanni in Laterano. Il nuovo papa, che Tizzani conosceva da decenni e che glielo rammentò nel corso di un’udienza del 21 febbraio 1878, mostrò nei confronti del presule interesse e simpatia, senza però scalfire una certa diffidenza del prelato, il quale vedeva perdurare in Vaticano l’influenza di ambienti che non amava, come la Compagnia di Gesù. Leone XIII gli affidò comunque alcuni incarichi, quali la redazione delle vite dei suoi predecessori dalla Restaurazione in poi, e quella di un parere per conto della commissione cardinalizia destinataria della lettera Saepenumero considerantes relativa agli studi storici dopo l’apertura dell’Archivio segreto Vaticano (ibid., pp. CCCXXXVIII-CCCXL). Ma il Programma per l’esecuzione della lettera di [...] Leone XIII relativa agli studi storici (1883), in cui l’ex professore della Sapienza auspicava l’abbandono del tradizionale schema annalistico e vaste ricerche nei vari archivi europei, verrà giudicato dal cardinale Jean-Baptiste-François Pitra «gigantesco e quindi impossibile». Né migliore fortuna avranno, in quel periodo, altri scritti di Tizzani, intesi a una riforma della Curia romana, alla difesa di Rosmini e alla conservazione dell’antica abside di S. Giovanni contro la soluzione demolitrice dell’architetto Virginio Vespignani (ibid., pp. CCCXLIII-CCCXLV, CCCXLIX-CCCLIII). Alcuni segni di benevolenza gli giunsero comunque negli ultimi anni della sua vita da Leone XIII, il quale volle nominarlo nel gennaio del 1886 patriarca latino di Antiochia.

Morì a Roma, nella casa di via Sforza, la sera del 19 gennaio 1892. Dopo i solenni funerali nella basilica di S. Pietro in Vincoli, la salma venne tumulata in Campo Verano.

Carattere «non piaggiatore ma indipendente», come si definisce (ibid., p. CDXXXIX), conoscitore profondo e disincantato della Roma dei suoi tempi, vicino alla Curia e a Pio IX ma non tanto da dismettere le capacità di osservazione e di critica alle quali un lungo tirocinio accademico l’aveva intimamente formato, Tizzani fu un testimone lucido e sensibile della società e della Chiesa in cui visse, piuttosto che un vero protagonista. Personalità eclettica, dotato di una viva curiosità intellettuale, pur senza possedere sempre adeguate cognizioni scientifiche, il prelato costituì una delle felici eccezioni nel panorama abbastanza opaco della Roma ecclesiastica dell’Ottocento, in generale così distratta, indifferente o ostile al moto della cultura filosofica, storiografica e scientifica contemporanea. Intransigente e temporalista nei suoi anni giovanili, Tizzani maturò con il tempo, le varie esperienze, i viaggi e gli studi (fondamentale fu l’influenza del pensiero di Rosmini) una visione più larga e aperta dei problemi religiosi e politici dell’epoca. Avversario della Compagnia di Gesù e del suo più importante periodico italiano, La Civiltà cattolica, il presule auspicò che la fine della sovranità temporale del papato giovasse a un profondo rinnovamento morale, culturale e spirituale della Curia romana e del clero, nonché del popolo cattolico a suo avviso poco illuminato in fatto di devozioni private e pratiche liturgiche.

Opere. Tizzani ha lasciato numerosi scritti editi e inediti. Per questi ultimi cfr. Effemeridi romane, I, 1828-1860, a cura di G.M. Croce, Roma 2015, pp. CDXVI-CDXVIII. Tra le opere a stampa più importanti vanno segnalate: La celebre contesa fra s. Stefano e s. Cipriano..., Roma 1862; Les Conciles généraux, I-IV, Rome 1867-1869; I Concilii lateranensi, Roma 1878; Della Commissione di Archeologia sagra, del Museo cristiano-pio e dell’antica basilica di S. Clemente, Roma 1886, alle quali si possono aggiungere le edizioni già citate delle Institutiones historiae ecclesiasticae e del Thesaurus historiae ecclesiasticae, in collaborazione con Francesco Busiri Vici. Gli scritti odeporici, a eccezione del Reise nach Neustift, sono stati ristampati da F. Biagioni Gazzoli con il titolo Memorie di Monsignor Tizzani, Roma 1945.

Fonti e Bibl.: Un’ampia rassegna delle fonti archivistiche relative a Vincenzo Tizzani, in gran parte conservate nell’archivio della basilica di S. Pietro in Vincoli, nella Biblioteca Casanatense di Roma e nell’Archivio segreto Vaticano, si trova nell’Introduzione di G.M. Croce a Effemeridi romane, cit., pp. CCCLIX-CDXVII.

Oltre alla citata introduzione al primo volume delle Effemeridi, cfr. G.M. Croce, Una fonte importante per la storia del pontificato di Pio IX e del Concilio Vaticano I. I manoscritti inediti di V. T., in Archivum Historiae Pontificiae, XXIII (1985), pp. 217-345; ibid., XXIV (1986), pp. 273-363; ibid., XXV (1987), pp. 263-364. Una parte delle Memorie storiche sul concilio Vaticano è stata pubblicata con il titolo Il Concilio Vaticano I: diario di V. T. (1869-1870), a cura di L. Pásztor, I-II, Stuttgart 1991. Su quest’opera si veda G.M. Croce, Monsignor V. T. ed il Concilio Vaticano I. A proposito di una recente pubblicazione, in Archivum Historiae Pontificiae, XXXI (1993), pp. 307-348. Cfr. inoltre M.F. Mellano, Anni decisivi nella vita di A. Rosmini (1848-1854) dalla testimonianza di Mons. V. T., Roma 1988; G.M. Croce, Un «famigerato vescovo antifallibilista». Pio IX e il vescovo Strossmayer dopo la fine del Vaticano I. Con documenti inediti, in Archivum Historiae Pontificiae, XXXV (1997), pp. 161-181; Id., La questione rosminiana durante il pontificato di Leone XIII nei ricordi di Mons. V. T., in Rosmini e Roma. Simposio internazionale di studi filosofici e storici... 1998, a cura di L. Malusa - P. De Lucia, Roma 2000, pp. 239-260; V. Paglia et al., V. T. vescovo di Terni. Atti del Convegno, Terni... 2003, Milano 2004; S. Zanardi, La filosofia di Antonio Rosmini di fronte alla Congregazione dell’Indice, 1850-1854, Milano 2018, ad indicem.

Tag
  • CLEMENTE SOLARO DELLA MARGARITA
  • JEAN-BAPTISTE-FRANÇOIS PITRA
  • CONGREGAZIONE DELL’INDICE
  • INFALLIBILITÀ PONTIFICIA
  • GIUSEPPE GIOACHINO BELLI
  • Istituto
    • Chi Siamo
    • La nostra storia
  • Magazine
    • Agenda
    • Atlante
    • Il Faro
    • Il Chiasmo
    • Diritto
    • Il Tascabile
    • Le Parole Valgono
    • Lingua italiana
    • WebTv
  • Catalogo
    • Le Opere
    • Bottega Treccani
    • Gli Ebook
    • Le Nostre Sedi
  • Scuola e Formazione
    • Portale Treccani Scuola
    • Formazione Digitale
    • Formazione Master
    • Scuola del Tascabile
  • Libri
    • Vai al portale
  • Arte
    • Vai al portale
  • Treccani Cultura
    • Chi Siamo
    • Come Aderire
    • Progetti
    • Iniziative Cultura
    • Eventi Sala Igea
  • ACQUISTA SU EMPORIUM
    • Arte
    • Cartoleria
    • Design & Alto Artigianato
    • Editoria
    • Idee
    • Marchi e Selezioni
  • Accedi
    • Modifica Profilo
    • Treccani X
  • Ricerca
    • Enciclopedia
    • Vocabolario
    • Sinonimi
    • Biografico
    • Indice Alfabetico

Istituto della Enciclopedia Italiana fondata da Giovanni Treccani S.p.A. © Tutti i diritti riservati

Partita Iva 00892411000

  • facebook
  • twitter
  • youtube
  • instagram
  • Contatti
  • Redazione
  • Termini e Condizioni generali
  • Condizioni di utilizzo dei Servizi
  • Informazioni sui Cookie
  • Trattamento dei dati personali