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great resignation

Neologismi (2022)
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great resignation (Great Resignation) loc. s.le. f. inv. Il fenomeno delle dimissioni volontarie da un posto di lavoro, alla ricerca di alternative più appaganti. ♦ Quelli che dovevano essere i più saggi e maturi, travolti dal loro narcisismo frustrato, hanno trasmesso solo un'idea di futuro catastrofica. E così, accanto alla ricerca di senso, corre il nichilismo autodistruttivo per cui nessun lavoro, in fondo, ha senso. Negli Stati Uniti lo hanno chiamato Great Resignation o Big Quit: il numero crescente di dimissioni per la ricerca, spesso senza proposte in tasca, di qualcosa di più appagante. Un bell'articolo di Francesco Armillei su lavoce.info ne rileva quasi il 40% in più tra aprile e giugno 2021. L'85% in più rispetto al 2020, ben 484.000 dimissioni dal lavoro. (Marco Bentivogli, Repubblica.it, 12 novembre 2021, Commenti) • La pandemia ha radicalmente cambiato il paradigma del mondo lavorativo, portando milioni di persone a riconsiderare le proprie priorità e abbandonare la propria posizione. Uno scenario che in molti hanno definito “Great Resignation”, ovvero “Grandi Dimissioni”: sono soprattutto i giovani under 30, appartenenti alla Generazione Z, e gli occupati in settori ad alto tasso di stress a decidere di voltare pagina, riconciliandosi con i propri affetti e le proprie passioni. Un fenomeno dilagante anche in Italia dove, secondo i dati più recenti del Ministero del Lavoro, le dimissioni sono aumentate del 23,2% da aprile a novembre 2021. (Giorno.it, 18 febbraio 2022, Economia) • Da qualche mese il tema delle grandi dimissioni di massa è diventato molto popolare sui media, online e offline. È l’epoca della great resignation. Dove nasce questo fenomeno? Soltanto negli Stati Uniti, secondo i dati dell’US Bureau of Labor Statistics, a luglio 2021 ben 4 milioni di persone hanno dato le dimissioni. Nei mesi precedenti si è registrata una crescita costante - da aprile 2021, periodo del massimo picco - di persone che hanno lasciato il proprio lavoro. (Francesca Contardi, Sole 24 Ore.com, 18 febbraio 2022, 24 Management) • Great Resignation? No, grazie. Il 56,2% degli occupati non è propenso a lasciare il proprio lavoro, nella convinzione che non troverebbe un impiego migliore. La percentuale sale al 62,2% tra i 35-64enni e al 63,3% tra gli operai. È vero che nei primi nove mesi del 2021 si registrano 1.362.000 dimissioni volontarie, con un incremento del 29,7% rispetto allo stesso periodo del 2020. Ma proprio nel 2020, quando a causa del Covid il mercato del lavoro si era paralizzato, si era verificato un picco negativo di dimissioni: solo 1.050.000 nei primi tre trimestri, ovvero -18,0% rispetto al 2019. Si conferma però un trend di più lungo periodo di crescita delle dimissioni legato all’aumento della precarietà dei rapporti di lavoro. (Censis.it, 9 marzo 2022, Lavoro) • Un dato, tra i tanti, inquadra la complessità dei nostri tempi: nel 2021, in Italia, secondo il ministero del Lavoro, si contano 2 milioni di abbandoni volontari dell'impiego, più 33% rispetto al 2020. E nel mondo, secondo McKinsey, il 40% dei dipendenti potrebbe decidere di lasciare il posto. L'analisi dei fenomeni come quello delle Great Resignation o dell'impatto di nuove forme di lavoro agile, chiama in causa le aziende e le loro modalità di rapportarsi ai collaboratori e di «ascoltarli». (Andrea Bonafede, Corriere della sera, 11 aprile 2022, Imprese, p. 28) • il lavoro nobilita l’uomo diceva il vecchio adagio. Oggi più che altro parrebbe mobilitarlo: verso il tinello di casa (versione smart working), o verso una gita con famiglia al mare (versione settimana corta e weekend lungo, quattro giorni di lavoro alla settimana anziché cinque) oppure ancora più radicalmente verso le dimissioni in cerca di altro o anche addirittura di un’altra vita (versione great resignation, come dicono negli Usa). (Livio Quagliata, Repubblica.it, 29 aprile 2022, Venerdì).

Espressione ingl. (propriamente ‘grandi dimissioni’).

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