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Vannucci, Atto

di Maurizio Tarantino - Enciclopedia machiavelliana (2014)
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Vannucci, Atto

Maurizio Tarantino

Storico e filologo, nato a Tobbiana di Montale nel 1810 e morto a Firenze nel 1883. Dopo gli studi in seminario a Pistoia, insegnò nel Collegio Cicognini di Prato (dove è conservata la sua biblioteca). Di orientamento liberale, V. fu ordinato sacerdote nel 1834 e si dedicò all’attività pedagogica fornendo decine di edizioni di classici commentati per uso della scuola e pubblicando varie opere di argomento letterario. A Firenze conobbe Giovan Pietro Vieusseux che lo introdusse nell’ambiente intellettuale cittadino e lo incitò a collaborare all’«Archivio storico italiano»; a Parigi, entrò in contatto con Felicité de Lamennais, Giovanni Berchet, Michele Amari e Pietro Giannone. Ritornato in Italia, diresse le riviste «La guida dell’educatore» e «Alba». Nel 1848 fu nominato accademico della Crusca, alla quale fornì spogli tratti dalle opere di M. e di Francesco Guicciardini. Lo stesso anno abbandonò il sacerdozio e lasciò l’insegnamento per dedicarsi attivamente alla politica. Nel 1849, dopo la fuga del granduca Leopoldo, assunse il governo della città di Prato e fu inviato del governo provvisorio toscano presso la Repubblica romana. Con il ritorno del granduca, fu costretto a riparare all’estero, dove si dedicò a studi di antichistica. Rientrato in Italia nel 1854, diresse la «Rivista di Firenze», dalle cui pagine diffuse il proprio pensiero unitario. Prese parte all’Assemblea costituente toscana e, con l’unità, fu eletto prima deputato poi, nel 1865, senatore e membro della Commissione per la biblioteca, dando impulso alla raccolta di Statuti che la arricchisce (Tommasini 1883-1884, pp. 395-96). In questi ultimi anni si allontanò dallo spirito mazziniano per assumere posizioni sempre più vicine a Cavour. Bibliotecario alla Magliabechiana dal 1859 al 1860, diresse la Biblioteca nazionale di Firenze dalla sua costituzione (1861) fino al 1862 e fu socio nazionale dell’Accademia dei Lincei dal 1875.

Nell’opera di V. non si mostra uno specifico interesse per M.: soltanto alcuni accenni sparsi, per es. nella prolusione del 1860 su Gli studi latini in Italia del 1862 e nelle pagine private (Rosso 1907, pp. 83-84, 149). Malgrado ciò, a V. toccò il 3 maggio del 1869 l’onore di recitare negli Orti Oricellari l’orazione ufficiale per le celebrazioni tenutesi Nel quarto centenario della nascita di Niccolò Machiavelli e quello di dettare l’iscrizione posta il 3 giugno dello stesso anno sulla facciata dell’Albergaccio. L’impianto anticlericale dell’orazione, notato dai commentatori (Procacci 1995, p. 414; Fournier-Finocchiaro 2007, p. 206), parte dall’interpretazione dei testi machiavelliani, ma assume accenti fierissimi quando lo sguardo si appunta sulla storia successiva d’Italia:

Oggi anche chi non meditò molto le storie, dai fatti veduti coi propri occhi ha imparato [...] a sentire che il segretario fiorentino non calunniò la corte di Roma: tutti videro all’età nostra ripetersi gli antichi delitti, e i soldati stranieri calpestare e insanguinare le terre d’Italia ai cenni del papa benedicente ai carnefici e imprecante agli Italiani trucidati o impiccati; e oggi stesso lo vediamo congiurare contro di noi e fare ogni sforzo per uccidere la nuova vita che a noi costò tanti secoli di patimenti e di sangue (Nel quarto centenario, cit., pp. 16-17).

L’anticlericalismo di V. innerva anche l’orazione nei luoghi in cui viene sintetizzata la ‘fortuna’ di M.:

Quelle opere che la prima volta comparvero a Roma con dediche a principi, a papi, a prelati, ed ebbero privilegi papali, poi cadute in mano dell’Inquisizione furono tutte proscritte, e assalite da una guerra di vituperi [...] Promotori e capi della guerra i principi che più si governavano colle massime che erano pretesto alle accuse: loro soldati [...] i frati che alla discussione rispondevano colla tortura, e predicavano il vangelo coi roghi [...] gli antenati di quelli che all’età nostra per la salute eterna degli uomini rubano i figli alle madri, e santificando il poter temporale del papa, il dispotismo e il carnefice, scomunicano la civiltà, la libertà, la ragione [...] I governi delle astuzie, le simulazioni, le vie coperte e oblique, le scellerate scaltrezze, la giustificazione di ogni mezzo pel fine, che gli oltramontani chiamarono col nome dell’uomo più schietto e più franco, oggi si chiamano gesuitismo da chi vuol parlare con proprietà, con verità, con giustizia (pp. 28-31).

Molto importante, sotto il profilo degli interessi machiavelliani di V., fu il suo rapporto con Oreste Tommasini (→). V. era membro del comitato promotore del concorso per «un lavoro novello intorno al Segretario Fiorentino»; in tale veste entrò in contatto con Tommasini, che partecipava alla seconda fase del concorso (la prima si concluse senza vincitori). Tra i due ebbe inizio un lungo carteggio, conclusosi nel 1883, anno della morte di V. e della pubblicazione del primo volume della Vita di Tommasini. Nei confronti del più giovane Tommasini, ossessionato dall’enormità del lavoro da svolgere, V. «sembrò attribuirsi una sorta di benevola paternità spirituale» (Bertelli, Innocenti 1979, p. CLXXXIV). Il carteggio abbraccia temi della vita privata e contiene riflessioni sulle vicende politiche italiane, ma l’argomento più ricorrente è il lavoro machiavelliano di Tommasini: le fatiche della sua redazione, con frequenti richieste di informazioni, libri e codici che V., vecchio bibliotecario, soddisfaceva puntualmente, le peripezie concorsuali, i dubbi sulla scelta dell’editore e sui tempi e modi della pubblicazione.

Bibliografia: O. Tommasini, La vita e le opere di Atto Vannucci. Commemorazione letta nella seduta del dì 13 giugno 1884 della regia Accademia dei Lincei, «Atti della R. Accademia dei Lincei. Memorie della Classe di scienze morali, storiche e filologiche», 1883-1884, 13, pp. 380-99; F. Rosso, Atto Vannucci (1810-1849): da ricordi contemporanei e memorie di viaggi e dallo spoglio di 1500 lettere inedite, Torino 1907; Lo studio dell’antichità classica nell’Ottocento, a cura di P. Treves, Milano-Napoli 1962, pp. 725-74; S. Bertelli, P. Innocenti, Bibliografia machiavelliana, Verona 1979, pp. CLXXXIV-CCV; Le carte Vannucci nell’Archivio contemporaneo del Gabinetto G.P. Vieusseux: inventario e regesti, a cura di C. Del Vivo, Firenze 1986; G. Procacci, Machiavelli nella cultura europea dell’età moderna, Roma-Bari 1995; L. Fournier-Finocchiaro, Machiavel et la tradition anticléricale italienne au XIXe siècle: le discours d’Atto Vannucci pour le quatrième centenaire de 1869, «Laboratoire italien», 2007, 7, pp. 199-216.

Vedi anche
Filippo De Bòni Patriota e scrittore (Caupo, Seren del Grappa, 1816 - Firenze 1870). Giornalista, per ragioni politiche dovette riparare in Piemonte (1846) e poi in Svizzera (1847). Durante il 1848 fu a Milano, Genova, Firenze e Roma, militando nelle file mazziniane, e rappresentò a Berna la Repubblica Romana. Fu dopo ... Giuseppe Mazzóni Patriota (Prato 1808 - ivi 1880). Avvocato, di principî repubblicani, collaboratore dell'Alba nel 1847, tentò invano nel 1848 di instaurare un governo repubblicano a Modena. Ministro della Giustizia nel gabinetto Guerrazzi, fu poi triunviro del governo provvisorio toscano e per l'opposizione di Guerrazzi ... Silvio Pèllico Patriota e scrittore (Saluzzo 1789 - Torino 1854). Ebbe grande successo con la tragedia Francesca da Rimini (1815); si schierò poi con i romantici, e collaborò al Conciliatore. Aggregato alla Carboneria, fu recluso nel carcere dello Spielberg. Da quest'esperienza nacquero Le mie prigioni (1832), memorie ... Italia Stato dell’Europa meridionale, corrispondente a una delle regioni naturali europee meglio individuate, data la nettezza dei confini marittimi e di quello terrestre: la catena alpina, con la quale si collega all’Europa centrale (da O a E: Francia, Svizzera, Austria, Slovenia). Come regione naturale, tra ...
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Vocabolario
atto²
atto2 atto2 s. m. [dal lat. actus -us e actum -i, der. di agĕre «spingere, agire»]. – 1. Manifestazione esterna di una determinazione della volontà. Quindi: a. Azione, spec. in quanto questa implica un giudizio morale: a. onesto, disonesto;...
atto-
atto- [dal dan. e norv. atten «diciotto»]. – In metrologia, prefisso (poco usato) che, anteposto al nome di una unità di misura, ne divide il valore per 1018 (ossia lo moltiplica per 10-18).
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