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TRIVULZIO, Cristina

di Angelica Zazzeri - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 97 (2020)
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TRIVULZIO, Cristina

Angelica Zazzeri

TRIVULZIO, Cristina. – Nacque il 28 giugno 1808 a Milano, dal marchese Gerolamo Trivulzio e da Vittoria Gherardini, dama d’onore della viceregina Amalia di Beauharnais.

Quando aveva quattro anni il padre morì e la madre si sposò in seconde nozze con il marchese Alessandro Visconti d’Aragona. Da questa seconda unione nacquero Alberto, Teresa, Virginia e Giulia. Cristina ricevette l’istruzione riservata alle giovani aristocratiche e crebbe in un ambiente ricco di idee liberali e nazionalpatriottiche. All’età di tredici anni il suo patrigno fu arrestato per il presunto coinvolgimento nei moti del 1820-21, mentre la sua maestra di disegno, Ernesta Bisi, alla quale rimase legata per tutta la vita, era vicina agli ambienti della carboneria. Nel 1824 sposò il principe Emilio Barbiano di Belgiojoso d’Este, contravvenendo alle resistenze opposte dalla famiglia che avrebbe preferito si unisse al cugino Giorgio Trivulzio. Il matrimonio fu infelice a causa delle continue infedeltà di Emilio e della sua dissipatezza. Già nel 1828 i due si separarono consensualmente e Cristina accettò di estinguere i debiti del marito.

L’evento suscitò scandalo e pettegolezzi e la principessa attraversò un periodo difficile, dal quale si riprese grazie alla sua passione politica e all’impegno per la causa patriottica.

Nel novembre dello stesso anno ottenne un passaporto per lasciare Milano e iniziò a viaggiare. Si recò a Genova e si avvicinò alla marchesa Teresa Doria e a Bianca Milesi Moyon, già nota alla polizia per le sue attività cospirative tra le Giardiniere. Nel 1829 si spostò tra Livorno, Roma, Napoli, Firenze e Lucca, strinse rapporti con Ortensia di Beauharnais, conobbe il principe Napoleone Luigi Bonaparte e Niccolò Tommaseo, e frequentò il circolo di Giovan Pietro Vieusseux. I suoi continui spostamenti le assicuravano i contatti con le reti cospirative ed erano formalmente giustificati dalla sua salute cagionevole. Cristina soffriva infatti di periodici attacchi di epilessia, una malattia che la debilitò per tutta la vita e che le richiedeva frequenti visite mediche e cambiamenti di clima. Pur tuttavia i suoi viaggi e le sue frequentazioni attirarono ben presto i sospetti e la principessa divenne una delle principali indiziate seguite dal funzionario austriaco Carlo Giusto de Torresani Lanzfeld, direttore della polizia di Milano. Nell’estate del 1830 si recò a Ginevra, poi a Lugano, una delle mete privilegiate di esuli e patrioti. La polizia le intimò il rientro a Milano, che riuscì ad aggirare grazie al passaporto e alla cittadinanza della Repubblica liberale del Ticino. Fallì anche un secondo tentativo di arresto, compiuto nel novembre, al suo rientro a Genova. Consapevole dei rischi che ormai correva, decise di riparare in Francia e il 17 novembre fuggì. Raggiunse Nizza e proseguì per Carqueiranne, dove conobbe lo storico Augustin Thierry, che diventò uno dei suoi amici più fidati. Confrontandosi con lui approfondì la filosofia di Giambattista Vico e si appassionò alle teorie di Henri de Saint- Simon.

Allo scoppio dei moti di Modena si trovava a Marsiglia e mise a disposizione le sue risorse per sostenere gli esuli che partivano per andare a combattere. La sua situazione finanziaria si fece sempre più grave: il 19 aprile 1831 le autorità austriache le intimarono con un decreto di rientrare a Milano entro tre mesi, pena la morte civile, la confisca delle proprietà e il blocco delle fonti di reddito. Decise di non consegnarsi, affittò invece un’umile mansarda nei sobborghi di Parigi e si recò da François Mignet, direttore degli archivi del ministero degli Affari esteri, con una lettera di presentazione di Thierry. Mignet la introdusse nella società parigina e nel suo entourage, presentandole Adolphe Thiers e il generale di La Fayette, che fu uno dei suoi più grandi benefattori.

Nei primi anni a Parigi frequentò il famoso salotto di madame Juliette Récamier, partecipò con passione alle riunioni dei gruppi sansimoniani, seguì alcune lezioni alla Sorbona e all’Institut de France e lesse i classici della storiografia italiana e francese. Si interessò anche a questioni di carattere sociale e religioso trovando un valido interlocutore nell’abate Pierre-Louis Coeur, con il quale discusse del complesso rapporto tra Chiesa e potere. Forte delle sue nuove reti, Cristina si impegnò con rinnovato fervore per la causa italiana: fece pressioni per liberare i patrioti imprigionati ad Ancona e sostenne il Comitato di aiuto per gli emigranti italiani presieduto da Charles Lasteyrie du Saillant. Intanto si guadagnava da vivere dipingendo e collaborando con il Constitutionnel alla redazione di articoli che riguardavano le vicende italiane. Il suo tenore di vita migliorò sensibilmente grazie agli aiuti finanziari ricevuti dalla madre e nel 1835 entrò di nuovo in possesso dei suoi beni. Si trasferì quindi in una villa in rue d’Anjou, dove aprì un salotto attirando personaggi di primo piano del panorama politico e culturale, come Heinrich Heine, Honoré de Balzac, Fréderic Chopin, George Sand, Vincenzo Bellini, Camillo Benso di Cavour, Giuseppe Ferrari, Terenzio Mamiani, Giuseppe Massari, Pellegrino Rossi. La sua singolare vicenda le guadagnò il ruolo di ambasciatrice del movimento nazionale italiano in Francia, anche se una parte degli immigrati italiani non nutriva particolari simpatie nei suoi confronti. In quegli anni non solo Cristina criticava la politica di Giuseppe Mazzini, ma la sua personalità dirompente e affascinante la pose al centro di numerosi pettegolezzi. Era giovane, era bella, indipendente e aveva molti ammiratori: suscitò così le invidie delle nobildonne e le vennero attribuite numerose avventure sentimentali, anche se l’unico uomo importante in questo periodo della sua vita fu Mignet. Alcuni storici (tra cui Beth Archer Brombert) hanno attribuito proprio a lui la paternità della sua unica figlia, Maria, nata il 23 dicembre 1838. La principessa affermò sempre che il padre legittimo era il suo ex marito, ma sappiamo che i due si videro sporadicamente ed Emilio rifiutò di riconoscere la bambina. Dopo vari e infruttuosi confronti tra i due, la questione fu portata al tribunale di Milano, che nel dicembre del 1860 attribuì la paternità a Emilio, morto due anni prima di sifilide.

Gli anni Trenta furono intensi anche dal punto di vista intellettuale. A partire dal 1835 lavorò a un’opera sulla storia della Chiesa, edita nel 1842 con il titolo Essai sur la formation du dogme catholique. Il volume ricostruiva la genesi dei dogmi religiosi, analizzandoli come fatti storici definiti di volta in volta da diatribe interne al cristianesimo. La scelta del soggetto le era stata suggerita da una curiosità scientifica e dalla riscoperta di uno spiritualismo interiore che la sollecitava a riflettere con distacco critico sulla società. Fu questo spirito alla base dell’esperimento socioeconomico che mise in atto nella sua tenuta di Locate, dove fece ritorno nel 1839. Ispirandosi al modello del falansterio fourierista, Cristina rielaborò in chiave personale le teorie sansimoniane per migliorare le condizioni di vita dei contadini. Costruì uno scaldatoio pubblico nel suo palazzo, assicurò assistenza agli ammalati e ipotizzò nuove forme di gestione della proprietà basate sull’associazione e sulla cooperazione. Benché non mancassero le critiche, la fondazione di un asilo infantile, di un ospizio per gli orfani e di scuole elementari le conquistarono i plausi di Ferrante Aporti.

Man mano che le sue idee si concretizzavano, si persuase che il miglioramento sociale e politico fosse imprescindibile dal progresso morale ed economico. La conoscenza di Victor Considerant, segretario di Charles Fourier, rafforzò queste sue convinzioni, che riaffiorarono anche nell’impegno letterario degli anni seguenti. Nel 1844 pubblicò l’introduzione alla Science nouvelle, traduzione francese dell’opera di Vico, in cui affermò risolutamente la necessità di studiare il passato con distacco critico. Condannò ogni tendenza a mitizzare i modelli dell’antichità e si dichiarò favorevole alla repubblica democratica per i principi di trasparenza, partecipazione e inclusione su cui si fondava. Un anno più tardi iniziò a lavorare a un libro sulla storia lombarda e intraprese l’attività giornalistica. Sostenne finanziariamente il giornale politico parigino la Gazzetta italiana, collaborò con Il Nazionale e nel 1846 fondò e diresse personalmente l’Ausonio, una rivista di letteratura, arte e storia che uscì dal 1° marzo. Anche se cambiò più volte formato e periodicità, il giornale mantenne l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica alla causa nazionale italiana, promuovendo il progresso civile e politico, la fratellanza e l’educazione. Tra le firme più note la testata vantava quelle di Cesare Balbo, Ruggiero Bonghi, Angelo Brofferio, Gino Capponi, Alessandro Manzoni, Massimo D’Azeglio e Terenzio Mamiani.

Uno dei collaboratori più preziosi della principessa fu Gaetano Stelzi, suo segretario personale. Gaetano era figlio di Teresa Regondi e di Gioachino, uno dei contabili della tenuta Trivulzio a Locate. Laureato in legge, molto meticoloso e dotato di un’ottima erudizione, Cristina lo aveva scelto come precettore della figlia Maria. In breve tempo riuscì a conquistarsi la sua fiducia, divenendone confidente e stretto collaboratore, fino ad affiancarla nel lavoro preparatorio per una storia dei municipi lombardi che era interessata a scrivere. Per lei, Gaetano consultò libri e fonti dalla biblioteca di casa, selezionando con cura il materiale più utile. Il suo aiuto si rivelò così prezioso che da allora Cristina lo volle con sé in ogni impresa giornalistica. Dapprima come collaboratore alla Gazzetta italiana, poi nel comitato direttivo del Nazionale, infine all’Ausonio, dove si occupò delle mansioni redazionali e seguì ogni fase della stampa. Gaetano era sconosciuto alla polizia e ciò gli assicurava un grande vantaggio, permettendogli di viaggiare indisturbato in tutta la penisola, intessendo contatti e reti, raccogliendo informazioni e guadagnando importanti collaborazioni alle testate della principessa. Grazie alla sua mediazione, Cristina prese contatto con Luciano Scarabelli, Francesco Manfredini, Gioacchino Pompili e Giuseppe Montanelli. Stelzi fu con lei in ogni trasferta: l’ultima volta le fu accanto a Milano, dove morì di tisi il 16 giugno 1848, mentre ancora non si erano spenti gli echi dei tumultuosi avvenimenti legati allo scoppio delle Cinque giornate. Per espressa volontà di Cristina la sua salma fu trasportata nella villa Trivulzio di Locate e tumulata in una tomba all’interno del parco. Il ritrovamento casuale del corpo da parte dalle autorità austriache, unito al fatto che per un disguido il decesso di Gaetano non era stato immediatamente registrato, alimentò fantasiose leggende su cadaveri imbalsamati e presunti amori segreti.

Il 1848 fu un anno importante per il movimento nazionalpatriottico, e la vide attivissima nei principali teatri di guerra. Già dalla primavera del 1846 Cristina aveva ripreso a spostarsi tra Parigi e Milano. Toccò anche Firenze e Roma, dove tenne comizi presso club e caffè. Risale ad allora un suo studio sulla Lombardia intitolato Étude sur l’histoire de la Lombardie dans les trente dernières années ou les causes du défaut d’energie chez les Lombards (1846) e l’incontro con Luigi Napoleone e Carlo Alberto, che sperava di convertire alla causa italiana. Alla notizia dello scoppio dell’insurrezione delle Cinque giornate si trovava a Napoli. Noleggiò un piroscafo e partì per Genova alla volta di Milano, imbarcando sul Virgilio duecento volontari pronti a schierarsi a fianco degli insorti. Nel maggio, in una Milano solo temporaneamente liberata dagli austriaci, fondò la Società dell’Unità d’Italia, che raccoglieva sottoscrizioni per equipaggiare i soldati.

Gli avvenimenti di quei mesi furono descritti e commentati sulle pagine del Crociato, la sua nuova testata, nata come supplemento dell’Ausonio e pubblicata per quattro mesi a partire dal 18 marzo. L’orientamento del giornale rispecchiava quello della sua fondatrice: era monarchico e attribuiva a Casa Savoia il ruolo di guida dell’Unità. Le posizioni politiche di Cristina erano in quel tempo piuttosto complesse: sebbene continuasse a identificare nella repubblica la perfetta forma di governo, riteneva che la monarchia e l’esercito sabaudo fossero lo strumento migliore per conquistare l’indipendenza. Animata da queste convinzioni, il 13 aprile scrisse una lettera a Carlo Alberto in cui chiese l’appoggio per creare un partito che avrebbe riunito la classe media sotto la bandiera dell’unificazione della Lombardia con il Piemonte. I suoi progetti furono però travolti dal precipitare degli eventi e ai primi di agosto rientrò a Parigi, dove accettò di collaborare con la Revue des deux mondes, curando una serie di quattro articoli sulla storia delle rivoluzioni d’Italia per confutare le falsità della stampa filoaustriaca. Proprio gli eventi del 1848 la convinsero a prendere le distanze da Casa Savoia e ad avvicinarsi alle posizioni democratiche e mazziniane. Un anno più tardi la troviamo a fianco di Mazzini nella Repubblica Romana, dove si adoperò per soccorrere i feriti. Lavorò con Enrichetta di Lorenzo, Giulia Paulucci, padre Alessandro Gavazzi e Margaret Fuller e fu nominata direttrice generale delle ambulanze militari. La situazione era così critica che l’intero comitato sottoscrisse un appello Alle donne romane per reclutare nuove infermiere.

Con la caduta della Repubblica, Cristina fu accusata di alto tradimento e i suoi beni vennero sequestrati. Abbandonata Roma si diresse a Malta, meta comune a molti esuli, ma trovò l’isola inospitale e poco vivace. Decise quindi di proseguire il suo viaggio prima in direzione di Atene, attratta dal luogo e dalla storia della città, e poi verso Costantinopoli, dove sperava di avere una maggiore libertà d’azione per dare sostegno agli esuli italiani. In Asia Minore acquistò alcuni terreni nella valle di Ciaq Maq Oglù e organizzò un’azienda agricola. Visitò la Siria e la Palestina, raggiunse Gerusalemme, Alessandretta, Ankara, Damasco e Aleppo. In quei viaggi fu colpita soprattutto dalle condizioni di vita delle donne e dall’harem, che descrisse come un luogo sporco e opprimente, molto diverso dal rifugio lussurioso immaginato dagli occidentali. Questi aspetti riemersero in alcuni racconti poi pubblicati sulla Revue des deux mondes e nelle opere ispirate al suo esilio Souvenirs dans l’exil (1850) e Asie Mineure et Syrie, souvenirs de voyage (1858). Intanto Cristina coltivava ancora la sua passione per la storia scrivendo un’opera sull’epoca romana rivolta ai bambini, Premières notions d’histoire à l’usage de l’enfance. Histoire romaine (1850).

Nell’estate del 1853 un incidente segnò gravemente la sua salute: uno dei suoi lavoratori la accoltellò ripetutamente per essersi intromessa nel suo legame d’amore con l’istitutrice di Maria, miss Parker, che lamentava continue violenze da parte dell’uomo. Due anni dopo Cristina rientrò in possesso dei suoi beni in Europa dietro condizione di non pubblicare alcuno scritto di interesse politico e lasciò l’Oriente. Fece quindi ritorno a Parigi, poi fu di nuovo a Locate. Allo scoppio della seconda guerra di indipendenza promosse in Francia una colletta a favore dei Cacciatori delle Alpi di Giuseppe Garibaldi e appoggiò Cavour.

Per lei si aprirono altri anni intensi, segnati da coinvolgenti vicende personali, come il matrimonio della figlia Maria con Ludovico Trotti Bentivoglio, nel gennaio del 1861, e da una rinnovata passione politica. La sua adesione al fronte moderato fu ribadita con alcuni articoli che pubblicò sul periodico francese l’Italie e con un’opera encomiastica dedicata a Casa Savoia, l’Histoire de la Maison de Savoie (1860). Iniziò così una nuova fase del suo impegno letterario, sociale e politico. Nel 1866 denunciò lo stato di soggezione delle donne nelle società moderne con un lungo articolo intitolato Della presente condizione delle donne e del loro avvenire apparso sulla Nuova Antologia. Due anni dopo pubblicò Osservazioni sullo stato attuale dell’Italia e sul suo avvenire, in cui condannò il localismo come il principale ostacolo alla realizzazione dell’Unità. Riconobbe quindi a Mazzini il merito di aver diffuso il patriottismo tra il popolo e infine avanzò una serie di proposte per migliorare il neonato Stato unitario, come la costruzione di scuole popolari statali, di cooperative, di ferrovie e strade, di banche popolari e casse rurali. Nel 1869 con l’opera Sulla moderna politica internazionale auspicò l’avvento di un nuovo panorama mondiale fondato sul diritto, sulla giustizia e sull’equilibrio tra gli Stati.

Il 5 luglio 1871 Cristina morì. La sua salma fu sepolta a Locate.

Opere. Oltre a quelle già citate nella voce: Essai sur Vico, chez Charle Turati, Milano 1844; La science nouvelle, Vico et ses oeuvres, traduite par M.me C. Belgiojoso, Milano 1844; Ai suoi concittadini. Parole di Cristina Trivulzio di Belgiojoso, Milano 1848; L’Italia e la rivoluzione italiana nel 1848, Lugano 1849; La rivoluzione e la repubblica di Venezia, Palermo 1849; La rivoluzione italiana del 1848, a cura di A. Ghisleri, Milano 1904; La rivoluzione lombarda del 1848, a cura di A. Bandini Buti, Milano 1950.

Fonti e Bibl.: R. Barbiera, La principessa Belgiojoso, i suoi amici e nemici, il suo tempo. Da memorie mondane inedite o rare e da archivi segreti di Stato, Milano 1902; Id., Passioni del Risorgimento. Nuove pagine sulla principessa Belgiojoso e il suo tempo con documenti inediti e illustrazioni, Milano 1903; H. Remsen Whitehouse, A revolutionary princess: Christina Belgiojoso Trivulzio. Her life and times, 1808-1871, London 1906; A. Thierry, La princesse Belgiojoso. Une héroïne romantique, Paris 1926; A. Gasparinetti, Quattro anni di attività giornalistica della principessa C. T. di Belgiojoso (1845-48), in Rassegna storica del Risorgimento, XVII (1930), 1, pp. 72-104; A. Malvezzi, La principessa Cristina di Belgiojoso, I-III, Milano 1936-1937; L. Severgnini, La principessa di Belgiojoso. Vita ed opere, Milano 1972; C. N. Gattey, Cristina di Belgiojoso, Firenze 1974; B. A. Brombert, Cristina Belgiojoso, Milano 1981; E. Cazzulani, Cristina di Belgioioso, Lodi 1982; L. Incisa - A. Trivulzio, Cristina di Belgioioso. La principessa romantica, Milano 1984; A. Petacco, La principessa del nord. La misteriosa vita della dama del Risorgimento: Cristina di Belgioioso, Milano 1993; M. Grosso - L. Rotondo, Sempre tornerò a prendere cura del mio paese e a rivedere te. C. T. di Belgiojoso, in E. Doni et al., Donne del Risorgimento, Bologna 1997, pp. 65-94; C. Marrone, C. T. di Belgiojoso’s western feminism. The Poetics of a Nineteenth-Century Nomad, in Italian Quarterly, XXXIV (1997), 133-134, pp. 21-32; M. Rossi, C. T. principessa di Belgiojoso. Il pensiero politico, Brescia 2002; P. Brunello, C. T. di Belgiojoso. Patrizia, patriota, donna, in M. Isnenghi - E. Cecchinato, Fare l’Italia: unità e disunità nel Risorgimento, Torino, 2008, pp. 281-287; G. Conti Odorisio - C. Giorcelli - G. Monsagrati, Cristina di Belgiojoso. Politica e cultura nell’Europa dell’Ottocento, Napoli 2010; M. Fugazza - K. Rörig, La prima donna d’Italia. C. T. di Belgiojoso tra politica e giornalismo, Milano 2010; G. Proia, Cristina di Belgiojoso. Dal salotto alla politica, Roma 2010; K. Rörig, C. T. di Belgiojoso (1808- 1871). Geschichtsschreibung und Politik im Risorgimento, Köln 2013; F. Caporuscio, La narrazione dell’Oriente e la svolta letteraria di C. T. Belgiojoso: il testo-laboratorio dei «Souvenir dans l’exil», in Altrelettere, 18 marzo 2015.

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