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pioglitazone

Dizionario di Medicina (2010)
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pioglitazone


Farmaco appartenente alla famiglia dei tiazolidindioni e utilizzato nella terapia del diabete di tipo due. Normalmente, il p. viene somministrato in associazione con metformina e in alcuni casi con una sulfanilurea; nei casi in cui la metformina è controindicata si può utilizzare p. non associato ad altri ipoglicemizzanti orali. È possibile anche l’associazione con l’insulina. In alcuni esperimenti ha dimostrato una promettente efficacia anche in altre patologie caratterizzate da resistenza all’insulina, quali la policistosi ovarica e la lipodistrofia.

Meccanismo d’azione

Il p. si lega al recettore PPAR (Peroxisome Proliferator Activated Receptor) di tipo gamma. Questo recettore è espresso soprattutto dagli adipociti e sembra essenziale nella adipogenesi. In seguito a questo legame il complesso recettore-farmaco trasloca nella cellula e forma un complesso con un recettore dei retinoidi (il tipo X). Questo complesso si lega a una specifica porzione di DNA (definita PPRE, Peroxisome Proliferator Response Element), inducendo una serie di reazioni: sensibilizzazione dei tessuti all’azione dell’insulina, aumento del catabolismo lipidico, aumento dei livelli di citochine insulinosensibilizzanti e antiaterogeniche; negli animali da esperimento sono stati osservati anche una riduzione nell’espressione del TNF-α (Tumor Necrosis Factor α), un aumento della presenza del recettore per l’insulina negli adipociti e una riduzione della liberazione di leptina.

Effetti indesiderati

Il p. induce aumento di peso e ritenzione di liquidi; questi due fattori contribuiscono all’induzione di uno scompenso cardiaco. Questo rischio sembra aumentare quando il p. si usa in associazione con insulina. Il p. sembra non indurre la tossicità epatica osservata con il troglitazone (altra molecola appartenente alla classe dei tiazolidindioni e ritirata dal commercio), ma comunque deve essere usato con cautela in pazienti con parametri di funzionalità epatica alterati, mentre gli enzimi epatici devono essere controllati ogni due mesi nel primo anno di trattamento e successivamente a intervalli periodici.

Vedi anche
ipoglicemia Abbassamento della glicemia al di sotto del limite inferiore della norma (0,50-0,70 g in 1000 cm3 di sangue, a seconda del metodo usato). Si può osservare dopo lunghi periodi di scarsa alimentazione, per abnorme attività della parte endocrina del pancreas, dopo somministrazione di insulina ecc. Può essere ... insulina Ormone ipoglicemizzante secreto dalle cellule delle isole di Langerhans del pancreas, isolato da F.G. Banting e C.H. Best nel 1921. Nel 1954 F. Sanger definì la struttura molecolare dell’insulina di bue. L’insulina è stata la prima proteina ottenuta per via sintetica; nel 1966 fu realizzata da P.G. Katsoyannis ... diabete Sindrome derivante da quadri clinici connessi ad alterazioni del metabolismo, caratterizzati da aumento della diuresi per deficit dell’ormone antidiuretico (diabete insipido) o per accumulo e successiva eliminazione di sostanze con le urine; nella maggior parte dei casi si tratta di glucosio (diabete ... terapia Studio e attuazione concreta dei mezzi e dei metodi per combattere le malattie. botanica La terapia vegetale (o fitoterapia) studia i rimedi, la loro somministrazione e la loro azione sulle piante e sugli eventuali loro parassiti. La terapia in senso stretto cura le malattie già in atto, e può essere ...
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