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utilitarismo

Dizionario di Economia e Finanza (2012)
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utilitarismo


Concezione filosofica che indica nell’utilità (➔ ) il criterio dell’azione morale e il fondamento dei valori; già presente nel mondo greco, si definì tuttavia nel 18° sec. e trovò in J. Bentham  (➔) e poi in James Mill (➔) la sua sistemazione.

I principi dell’utilitarismo

A Bentham, considerato il fondatore di tale indirizzo di pensiero, si deve la formulazione del principio fondamentale dell’u., secondo il quale è utile ciò che ha come conseguenza la più grande felicità del maggior numero di persone. L’u. assume, dunque, un carattere edonistico, perché si fonda sulla massimizzazione del piacere (e minimizzazione del dolore), e consequenzialistico, in quanto fonda la morale sul risultato, in termini di benessere degli individui. Ancora a Bentham si fa risalire un’esigenza tipica di tutti gli utilitaristi, ossia quella di fare dell’etica una scienza esatta come la matematica: un rigoroso edonismo basato sul calcolo della differenza quantitativa tra i piaceri. Il principio edonistico è sia egoistico, ossia regola le scelte individuali, sia universalistico, in quanto fonda le decisioni pubbliche sul benessere generale, inteso come somma delle felicità dei singoli.

Sviluppi dell’utilitarismo

Già con Bentham l’u. si allargava al campo giuridico e politico, con la proposta di radicali riforme. L’u. fu successivamente al centro della riflessione filosofica di J. Mill e di John Stuart Mill (➔). A quest’ultimo sono da attribuire sia la tendenza a distinguere i piaceri anche dal punto di vista qualitativo, sia il coerente radicalismo teso ad applicare, in tutti i campi sociali e politici, il criterio utilitaristico di un accrescimento del benessere e della felicità individuali e generali. Rilevanti aspetti utilitaristici sono presenti anche in altri filosofi: così, a H. Spencer  (➔) si deve l’indicazione della morale utilitaristica come ultima tappa dell’evoluzione, mentre H. Sidgwick (➔) analizzò le varie forme di u. conciliandole con il senso comune. Nelle teorie di questi filosofi, l’u. acquista un tono di effettiva moralità, in quanto non solo si distingue dall’edonismo con il considerare non l’utile immediato del piacere, bensì quello più remoto e costante, ma si contrappone anche a un u. puramente egoistico, con l’esigenza di contemplare l’utilità propria, ma anche quella del maggior numero possibile di individui. G.E. Moore sostenne, infine, un peculiare ‘u. ideale’ che rifiutava la definizione edonistica del bene.

Successivamente, il dibattito si è limitato alla ricerca della struttura ottimale di un sistema utilitaristico. Si è distinto tra u. della regola (S. Toulmin, P. Nowell-Smith) e u. dell’atto (J.J. Smart), a seconda che si privilegiasse la giustificazione di poche regole generali o di ogni singolo atto.

L’utilitarismo tra 1800 e 1900

Nel pensiero economico, l’u. è ripreso dai padri fondatori del marginalismo (➔), S. Jevons (➔) , C. Menger (➔) e M.-E.-L. Walras (➔), e rappresenta un pilastro del sistema teorico neoclassico. Il marginalismo accredita una speciale versione della filosofia utilitaristica, quella per cui il comportamento umano è esclusivamente riducibile al calcolo razionale teso alla massimizzazione dell’utilità, e a tale principio, che elimina ogni connotazione morale, viene riconosciuta validità universale. Il contributo, tra gli altri, di F.Y. Edgeworth  (➔) e V. Pareto (➔), permette inoltre di passare dal concetto di utilità cardinale, misurabile quantitativamente, a quello di utilità ordinale, che specifica unicamente relazioni di preferenza tra differenti panieri di beni. Nella teoria della scelta, questo sistema di preferenze (➔ preferenze, assiomi sulle ) è costruito a partire dall’assioma di razionalità degli individui.

A livello aggregato, tale approccio implica che sia possibile ordinare le allocazioni solo in base al criterio di ottimalità paretiana: un’allocazione è preferibile a un’altra se assicura un’utilità maggiore, o non minore, a tutti gli agenti. Tuttavia, l’idea di somma cardinale delle utilità è ancora utilizzata nella teoria della scelta pubblica, perché il criterio paretiano non permette di identificare un’unica allocazione ottima. La funzione di benessere utilitaristica, che il pianificatore sociale vuole massimizzare, è data quindi dalla somma delle utilità individuali. Essa è neutrale rispetto alla disuguaglianza nella distribuzione delle utilità tra gli agenti, ma non necessariamente in quella della ricchezza: in particolare, se essi hanno una stessa funzione di utilità strettamente concava, allora il punto di ottimo sociale è raggiunto solo se le risorse sono equamente distribuite.

Vedi anche
Jeremy Bentham Filosofo, giurista ed economista (Londra 1748 - ivi 1832). È stato uno dei maggiori esponenti dell’utilitarismo filosofico («la maggiore felicità del maggior numero di individui») ed un giurista fortemente avverso al giusnaturalismo. Convinto sostenitore di profonde riforme, attraverso la codificazione, ... John Stuart Mill Filosofo ed economista (Londra 1806 - Avignone 1873). Figlio primogenito di James, che ne curò personalmente l'educazione, fu introdotto dal padre, in giovane età, nell'ambiente dei filosofi radicali. Frequentò specialmente J. Bentham e studiò gli scritti di A. Smith e D. Ricardo. All'età di diciassette ... James Mill Filosofo ed economista (Northwater Bridge, Angus, 1773 - Londra 1836). Studiò a Edimburgo, poi a Londra, dove dal 1808 strinse stretti rapporti di amicizia con J. Bentham, con il quale collaborò nella pubblicazione della Westminster Review, uno degli organi più importanti del radicalismo filosofico dei ... Henry Sidgwick Sidgwick ‹sìǧuik›, Henry. - Filosofo (Skipton, Yorkshire, 1838 - Cambridge 1900); lettore (dal 1859), quindi prof. (dal 1883) di filosofia al Trinity College di Cambridge; primo presidente della Society for psychical research, da lui fondata (1882). La sua opera fondamentale, The methods of ethics (1874) ...
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    Enciclopedia Italiana (1937)
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Vocabolario
utilitarismo
utilitarismo s. m. [der. di utilitario]. – Concezione filosofica che indica nell’utilità il criterio dell’azione morale e il fondamento dei valori; già presente nel mondo greco, si definisce tuttavia nel sec. 18° e trova in Jeremy Bentham...
utilitarista
utilitarista s. m. e f. [der. di utilitario] (pl. m. -i). – 1. Fautore o seguace dell’utilitarismo filosofico; esponente, fautore delle varie teorie o leggi formulate sull’utilità dal punto di vista dell’economia. 2. Per estens., chi mira...
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